La fine
della metà “oscura” dell’anno e l’inizio dell’estate ha costituito da sempre un
momento di passaggio in cui la rigenerazione della vita vegetale è anche la
resurrezione della vita cosmica, un ritorno al tempo mitico degli inizi. Nella
tradizione celtica le due feste maggiori erano quelle che segnavano rispettivamente
l’inizio dell’estate e l’inizio dell’inverno. Come molte altre popolazioni pastorali,
gli antichi Celti avevano, infatti, due sole stagioni, non quattro: la metà
oscura e la metà luminosa dell’anno. Nel Nord Europa, inoltre, gli effetti
della primavera cominciano a sentirsi solo all’inizio di maggio. Le successive
suddivisioni dell’anno furono introdotte più tardi dagli agricoltori.
Gli
antichi Celti celebravano il 1° maggio la festa di Beltane (pron. Beltein).
Bel è il “Luminoso”,
dio della luce e del fuoco. Non una divinità solare, perché per i Celti il sole
era un’entità femminile, ma che tuttavia presenta alcuni attributi solari. Una
controparte celtica di Apollo, tanto per tracciare un parallelo con altri
ambiti culturali.
Il fuoco
in questa festa rappresenta il calore della passione che genera la vita. I
fuochi di Bel erano accesi sulle colline per celebrare il ritorno della vita e
della fertilità nel mondo. Ogni clan o tribù accendeva ritualmente grandi
fuochi per mezzo di scintille sprigionate da una selce. In Scozia, i fuochi di
Beltane erano accesi tramite il cosiddetto needfire,
il “fuoco della necessità” o “fuoco della miseria”: si usava allo scopo una
tavola di quercia forata e un palo, pure di quercia, che veniva fatto ruotare
velocemente per mezzo di una corda. La tradizione fissava in “tre volte tre” o “tre
volte nove” il numero di coloro che dovevano far girare questo strumento.
Le
accensioni rituali di fuochi si ritrovano anche al di fuori del mondo celtico:
per esempio, in varie regioni europee i fuochi solstiziali erano accesi
mediante una ruota fatta girare intorno a un piolo fisso, mentre riti simili
erano osservati nell’India vedica e a Roma per riaccendere il fuoco di Vesta.
Il fuoco
sacro era simbolo del fuoco celeste, del calore primordiale che produsse la
creazione e che si ripresenta a ogni ritorno della primavera. È significativo l’uso
di legno di quercia, infatti la quercia è l’albero attribuito alla metà
luminosa dell’anno che proprio a Beltane celebra il suo trionfo. Nell’Irlanda
pagana nessuno poteva accendere un fuoco di Beltane finché l’Ard Ri (Grande Re) non avesse acceso il
primo fuoco rituale sulla collina di Tara, il centro mistico e politico dell’antica
Irlanda. San Patrizio sfidò questa tradizione per distruggere le usanze pagane
e San David fece una cosa simile in Galles.
I fuochi
di Beltane venivano spesso accesi in coppia, e tra i due fuochi veniva fatto
passare il bestiame, per propiziare latte abbondante, fertilità e buona salute
per tutto l’anno, prima di essere condotto ai pascoli estivi. Ci poteva essere
una spiegazione “razionale” per questa pratica dato che il calore poteva
uccidere i batteri e i microbi accumulatisi sulla pelle degli animali nelle
sporche stalle invernali, ma il significato principale era comunque quello di
una purificazione rituale tramite il fuoco, una vera e propria “pulizia di primavera”.
Quando le
fiamme dei falò iniziavano ad abbassarsi, le persone saltavano sui fuochi,
usanza ancora praticata in Scozia e in Irlanda per propiziarsi la fortuna.
Così, giovani e ragazze saltano per trovare l’anima gemella, i viaggiatori per garantirsi
viaggi sicuri, le spose per avere figli e perfino le donne gravide per
assicurarsi un parto facile! Infine, le ceneri dei fuochi venivano (e ancora
oggi in certe località vengono) sparse sulla terra per garantire la fecondità
dei campi.
La festa
celtica di Beltane divenne la festa medievale di Calendimaggio. L’inizio della
bella stagione era celebrato con tornei dove il vincitore, personificazione del
Dio vittorioso sulle tenebre invernali, otteneva il diritto di sposare la
damigella per cui si era battuto. In molte località europee divenne suanza
formare comitive di giovani che giravano per i villaggi cantando stornelli e
augurando la buona fortuna (il “cantar maggio” di molte località toscane). Rami
e fiori venivano portati dai boschi la mattina di Beltane per decorare porte o
finestre o per fabbricare ghirlande che i giovani portavano in giro per le
strade cantando e chiedendo cibo e dolci in cambio. Infatti, una caratteristica
di Beltane è la celebrazione della vegetazione, così un’usanza celtica era
quella di appendere una ghirlanda primaverile (simbolo della Grande Dea) a un
tronco privo di rami (simbolo fallico del Dio selvaggio).
Le
leggende relative a Robin Hood, Lady Marian e Little John hanno giocato un
ruolo importante del folklore britannico della Vigilia di Maggio: pare che
queste figure, lungi dall’avere una realtà storica, siano simboli dei culti di
fertilità sopravvissuti in epoca medievale. i cognomi inglesi Robinson,
Hohnson, Hodson derivano da antenati a cui vennero dati tali soprannomi (“Figlio
di Robin”, ecc.) in quanto figli di questi “matrimoni” boscherecci.
Queste
usanze possono sembrare anche a noi volgari, tuttavia la fertilità e la
continuazione della stirpe erano elementi di primaria importanza: i figli erano
una ricchezza e una benedizione, anche se illegittimi.
(tratto da «Feste
Pagane» di Roberto Fattore)
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