Scarpette
rosse
Autrice: Annalisa Miceli
Come oggetti nel cassetto. Così, Charlotte cercava i
vocaboli. Ma loro, invisibili, le sfuggivano perché vagavano impalpabili sul
treno della frase che, come un fulmine, saettava nella stazione dei suoi
pensieri. Apriva e chiudeva gli scompartimenti della sua vita con le parentesi
tonde, quadre solo se gli eventi erano importanti. Quando diventavano graffe,
lei sapeva che era arrivato il momento di diventare la donna dentro la fortezza
ben difesa dei suoi libri, dove solo una narrazione felina poteva salvarla
dalla pericolosa curva che il treno stava prendendo nella savana
dell’intuizione. Si sporgeva dai capitoli con un incedere irrequieto. Non
c’erano finestre che davano su coincidenze d’emozioni. Scaraventava giù le
domande riposte sul piano bagagli, aveva declinato l’invito a cena del passato
che non le piaceva e guardava, inorridita, l’apostrofo morire inchiodato al
muro dall’ansia di prestazione. A volte, poggiava l’articolo sul davanzale,
perché le sembrava pesante col suo cappello di lana a giugno. Non accettava i
reclami delle frasi fatte scendere alle fermate intermedie delle pagine. A
quelle successive, le chiedevano, in fila, di risalire la foce del fiume
creativo, vestite con una praticità più elegante, ma Charlotte non rispondeva a
quelle provocazioni che, alle sette del mattino, litigavano nella sala d’aspetto delle
illusioni per una prenotazione che non si trovava. Stava attenta a non
calpestare le metafore: spiegavano i doppi sensi delle strade non illuminate
dalla ragione. Non capiva i puntini sospensivi ma, spesso, si dimenticava di
tenere al guinzaglio i cavalli delle idee e non ce la faceva a rincorrerle a
piedi per ore. Aveva abbandonato le rime a diciotto anni. Non era più una
bambina. Il difficile, ora, non era mantenersi in equilibrio sul filo del
linguaggio con l’asta pennuta, e nemmeno uscire indenne dalle cascate di una
virgola. No, sapeva che doveva vivere all’altezza del suo viaggio, non fermarsi
mai, neppure per un istante, col gioco della fantasia. Alla sua età,
ritrovandosi in un bel loft mentale arredato di sogni che sapevano ancora di
pittura fresca, moriva dalla voglia di discutere ancora di vita. Tra una stella
e una nuvola, intravide il pensiero che l’aspettava, seduto, al lume di
candela. Non aveva ancora finito di parlargli di ricordi, che avvertì un vuoto
d’aria a forza di guardare i suoi occhi di cielo. Bastò per amarsi e
nascondersi dietro il gemito del tramonto. Asciutto di sole e con lo zefiro
sulle spalle, sprigionò la sonorità concertata del vivere col pianoforte delle
sue dita di luna, che affondarono Charlotte nelle parole ritrovate. Scivolarono
sulla neve delle pagine nude che stavano allestendo spettacoli nei libri,
caddero sul palcoscenico delle storie tra le luci strabilianti della fantasia e
scomparvero nelle infinite voci che si inseguivano toccandosi con la punta
delle scarpette della scrittura.
Annalisa
Miceli ama scrivere sul mondo della scrittura (tra l’altro,
collabora mensilmente con «I 2Mila Segnalibri»):
le singole lettere che si intrecciano, le parole che si cercano, le emozioni
suscitate dalla lettura… tutto si fa inno limpido e duraturo.
Affermiamo spesso che la parola ha una capacità
immensa, e i poeti e i narratori lo sanno bene, ma questa giovane scrittrice va
oltre le affermazioni generiche e ci permette di immergerci in essa.
Con uno stile decisamente originale, Annalisa Miceli trasforma “l’impalpabilità”
di tale valore in concretezza: grazie a lei, la traccia scritta o parlata si fa
colore, agente atmosferico, oggetto; e poi, ancora, sussulto, emozione, impressione,
suggestione.
Sì, la parola è tutto questo, e leggendo e rileggendo
«Scarpette rosse» ne diventiamo sempre più consapevoli; grazie, appunto, ad un
valore, ad un potere benefico che riusciamo finalmente a stringere tra le mani.
Per contattare l’autrice: lisapoetry@virgilio.it
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