lunedì 30 giugno 2014

Le poesie di Annalisa Miceli per "Il cubo di marzapane"



Ecco le poesie, introdotte da brevi commenti, scritte dalla poetessa e scrittrice Annalisa Miceli di Salerno, in occasione della presentazione del saggio “Il cubo di marzapane” di Christina Caflish presso la Libreria L’ArgoLibro ad Agropoli.
Cliccate qui per vedere le foto dell’evento.
Durante la manifestazione le poesie sono state lette dagli scrittori Lara Beretta e Fulvio Fapanni di Palazzolo sull’Oglio (Brescia), autori del romanzo “Il gregge sulla neve”, presentato mercoledì 25 giugno, sempre presso la Libreria L’ArgoLibro (qui le foto).


Una donna, una moglie, una mamma. Il corpo femminile è chiamato ad essere varie cose. Ma non di solo corpo può vivere, quando gli si presentano situazioni ignote, misteriose, intoccabili. Come fronteggiarle? Con risorse che chiedono, per uscire, un nuovo inizio: partire per terre lontane si può, se si ha il coraggio di  cancellare le illusioni della mente e accordare la sensibilità al ritmo della vita che galoppa sulle onde.

Momenti di donna

Nel corridoio dell'anima
vaga
stentoreo
l'eco dei tuoi pensieri
sperso
nel movimento lento
di un rosso sbiadito
al tatto
del sapore notturno.
Va sul timpano
che vibra
tra montagne d'aria
e rincorre in fretta
un brivido arruffato
sulla polvere
in fuga nel vento.
Stretto
in una scintilla di ghiaccio,
entra
dietro la parola
e ascolta
il ritmo piatto
dell'inverno folle.
Si sta sciogliendo.
Ti dipinge le mani e il viso
dell'odore acre
di una pelle umida.
Sfugge
in un ventre gonfio
e lentamente muore
partorendo un canto.

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Il ventre materno si gonfia di amore, dà per scontata la salute del neonato che, spesso, è rifiutato se risulta non essere, da subito, un cigno. Può diventarlo nel tempo, se la tenacia del gruppo stretto intorno a lui, è deciso per svezzarlo come rondine, fargli spiccare il volo come colomba e ballare la canzone della vita con la vitalità addormentata dietro il suo sipario di dramma ingigantito dall’ignoranza, la cupidigia e la superficialità del disamore.

Diaframma

Non era di pane
quella fame che chiedeva
il volo alla colomba
col richiamo materno
di ramo in ramo.
Era una preghiera
tra stole di piume
e dettagli di sole
all’usignolo
per gonfiargli la voce
col ritmo della vita
che chiede solo amore
e battezzare
i gemiti del suo colore
nei vagiti
che l’aria spande
nel giorno neonato.
Sfonda
la notte tagliente
il suo riflesso
di voce bambina
e spinge
la bellezza della terra
gravida di stelle,
nella posa quiete
di una cicogna luna.

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La migliore terapia del bambino affetto da patologia, è il gioco che solo l’amore rende efficace alla massima potenza. Seminare pazienza e determinazione infiniti, senza lasciarsi andare ai problemi, anche quando si è soli, e circondarsi di pochi professionisti competenti ed umani, facilita il recupero e dona risultati oltre le aspettative con l’invidia di chi sperava nel fallimento e con la vittoria del sacrificio.


Il gioco delle stelle

Bambino,
sei tu?
Quell’astro che nasce ogni ora
nel centro soave del mondo
cadendo nella  nuova stagione
con coriandoli di emozioni nuove.
Il pierrot malinconico
incredulo
torna a palpitare
con un  violino stonato
che ha il suono sicuro
della sua anima bianca.
Lo  avvolge lieve lo spazio
 e lo esalta su una cometa
diretta alla  sorgente dello scherzo
per ridere
al ritmo del sole
che accarezza le sue lacrime.
Sfiora il suo spirito
stampandolo a colori
sulle ali di farfalle, licheni e gabbiani.
Risveglia il gioco  delle stelle
che si rincorrono  sull’asfalto
su dischi di neve
e contagiano il suo sorriso
rinchiuso
nel castello di un re jolly burlone.
Come faro
Il suo palmo s’accende
a  illuminare il cuore del cosmo
che disteso su un cuscino
gioisce e soffia
 su un orsacchiotto di peluche
che felice s’inchina
agli applausi della vita.


Per contattare l'autrice: lisapoetry@virgilio.it  



sabato 28 giugno 2014

Concorso KERAMOS: grazie ai giurati!


Fotografie di Rino Scarpa


Vi aspettiamo oggi, sabato 28 giugno, alle ore 18 e 30, presso il Castello medievale di Agropoli (zona Centro storico) per la manifestazione conclusiva della IV Edizione del Concorso nazionale di Poesia KERAMOS.
Ecco i nomi dei giurati grazie ai quali siamo giunti alla selezione finale dei dodici componimenti vincitori, trascritti nel pannello di ceramica realizzato dal maestro Antonio Guida e installato al belvedere di Via Carmine Rossi, nei pressi del Castello.


Lella Amelotti da Alessandria
Pino Imperatore da Napoli
Flavia Rolli da Milano
Ermanno Crescenzi da Terni
Maria Grazia Lupetti da Parma
Annamaria Perrotta da Salerno
Annalisa Miceli da Salerno
Monica Fiorentino da Napoli
Patrizia Torri da Viterbo
Davide Benincasa da Modena

Grazie a tutti voi! 

venerdì 27 giugno 2014

I RACCONTI DI VENERdì - Monica Fiorentino



Ginevra

Autrice: Monica Fiorentino

(tratto da _lagazzadalcuoredimetallo)

Lettera 21. “Fra rami d’ulivo scivolano tremule lucciole, mentre la tua bocca dolce di viole e miele, grembo d’angelo accogliente, si stacca adagio dalla mia, restituendomi al mio corpo…” di nuovo lo stesso sogno, da tacere, da non raccontare, da chiudere dentro, soffocare in gola, sotto quintali di ferro e chili di ruvida stoffa, uniforme inappuntabile d’ordinanza. Lo stesso sogno da tenere segreto su carta, ben nascosto. Sensazioni che non dovrebbero mai sfiorare la mente, così libere. Emozioni di carne e sangue. Sconvenienti da provare per alcuni, in tempi di guerra.
Sollevò Ginevra la testa dal suo vecchio quaderno, puntando fuori, verso il cielo, perdendosi nel lento cadenzare del crepuscolo a sfumare il giorno, dietro i vetri del grosso edificio sventrato alle radici, dalle bombe lanciate a ripetizione, nudo scheletro privo di calcinacci alle sue fondamenta. Mastodontico mostro in equilibrio precario.
I lunghi capelli rossi tenuti stretti dalle forcine, austeri, a modo, le indurivano i tratti acerbi, rendendoli decisi, severi, la divisa a cancellarne l’identità: soldato dal braccio infallibile e la mente programmata all’attacco.
“Il corvo e la rosa, la mia carne: di comando la veste d’uomo, a ricoprire la stola femminile di sottile candore. Volutamente. Così è stato scelto, così per me. Uccello d’acciaio dalle lunghe ali perfette, il volo ineccepibile, marchingegno bellico infallibile, concepito secondo le logiche della fine arte della guerra, incontrastata signora a disseminare orrore e morte. Arma letale. Il corvo e la rosa. Becco fatale su piume nere di giorno, vestigia di devastazione, roccia, pietra impenetrabile, a divenire di notte tremula carne a fremere, sognando caldo un abbraccio d’amore, emozioni umane su trame di carta da tenere segrete al mondo, sconosciute: pensieri di donna. Nugolo tenero al centro dell’essere da tacere al creato, perché un ottimo soldato non dovrebbe …”
Fermò con un punto la giovane, il suo scrivere, seduta al tavolo accanto ad un grosso bicchiere di plastica vuoto del suo contenuto. Solo in quei momenti di relativa quiete, parentesi di “cessate il fuoco” improvvisi ed improvvisati, sempre troppo brevi, dava sfogo alla sua penna, fra cimiteri di corpi, ammassati ai margini delle strade ad imputridire, vene disseccate, cervella aperte, bocche sdentate, spalancate, senza fiato. Abbassò gli occhi lei, al salterellare sornione del timido Romeo sui suoi fogli, morbido nel proprio avanzare, superstite di quello scempio, gatto dal pelo bianco, generoso di fusa e coccole, inquilino incurante, della solida agibilità dei suoi immobili, una volta “casa”, divenuti “rifugi” alla voce “guerra”.
“Il petalo di una rosa, lambisce le mie labbra, col suo carnoso corpo cremisi. Come può esser peccato, bramare la gioia intima di un contatto, scegliendo di sacrificarsi invece per contrasto al proprio altare, rinnegando se stessi, uccello da guerra dagli ingranaggi d’eccezione, corazza a far da seconda pelle, per tenervi ben custoditi all’interno utero e seno. Gazza meccanica dal cuore di bulloni e viti. Creatura sincronizzata a scendere nella polvere e affrontare senza indugi la battaglia, rinnegando i propri desideri, i propri sogni, le proprie naturali inclinazioni, esigenze, zittendo i fianchi a divenire morbide curve per dispetto”.
La mente di lei tornò per un attimo a quel viso, quel sorriso, quella voce a carezzarle il cuore prima ancora che le orecchie, non aveva mai provato una sensazione simile: udire una voce col cuore prima che con i timpani, una voce ad entrarle dentro attraverso il sangue. Lui, piegato su quel pianoforte, viso bambino, attento nell’incedere dei tasti, le sue dita, bianco e nero, il pedale a ritmo. Quello sguardo, non gli avrebbe dato più che una ventina d’anni, le gambe snelle, la corporatura esile, i capelli neri, le lunghe braccia, un pettirosso dalle ali di neve, le piume calde, il becco d’avorio, nell’incrociarsi dei loro occhi un fiume in piena ad esondare. “È in servizio?” le aveva chiesto bicchiere fra le mani, a prendersi una pausa dalla sua musica e rinfrescare la gola, il capo di lei ad abbassarsi. Gli anfibi, la mimetica, i gradi appuntati in evidenza, lasciavano ben poco alla fantasia, era in servizio, certo che lo era. “Potrei sapere il suo nome?...il mio è Loris e lavoro qui solo da poco!” gli aveva porto lui la mano. Scansandola lei era passata oltre, dirigendosi a terminare il suo giro di perlustrazione. A quel gesto, di rimando lo sconosciuto le aveva preso il braccio e facendola ruotare su se stessa, le aveva fatto comparire sotto il naso una rosa dal lungo stelo e i petali rossi, carnosi, bagnati di rugiada “Ne compro sempre qualcuna la sera, prima di cominciare a suonare, le lascio sul pianoforte a farmi compagnia, la gente crede siano un regalo di qualche donna, sono maliziosi gli altri! È per lei, buon lavoro! E si ricordi… che un saluto è gratuito, potrebbe usarlo più liberamente!” nell’accomiatarsi lupo indomito dal pelo di luna, deciso, duro, invincibile, giovane uomo dalla bocca indecente, impunito a sfiorarle con un dito la guancia, senza avvedersi del rischio d’essere riempito di piombo nel bel mezzo della sala.

Se devi amarmi, per null'altro sia
se non che per amore.
Mai non dire:
"L'amo per il sorriso,
per lo sguardo,
la gentilezza del parlare,
il modo di pensare
così conforme al mio,
che mi rese sereno un giorno".
Queste son tutte cose
che posson mutare,
Amato, in sé o per te, un amore
così sorto potrebbe poi morire.
E non amarmi per pietà di lacrime
che bagnino il mio volto.
Può scordare il pianto
chi ebbe a lungo
il tuo conforto, e perderti.
Soltanto per amore amami
e per sempre, per l'eternità

“Questa poesia non è mia!” recitò la voce del giovane al microfono, senza spostare gli occhi da quelli di Ginevra, gli stessi in cui era stato per tutto il tempo di quei versi a salirgli alle labbra “Non è mia, ma la conservo da sempre  gelosamente fra i miei spartiti. Stasera beh, è come fosse stata mia!” concluse lo spettacolo fra gli applausi a scena aperta.
Squadrandolo muta, la giovane si chiese cosa avrebbe fatto se avesse mai saputo che anziché un cuore pulsante e caldo, aveva al suo posto un meccanismo di metallo. Se gli avesse rivelato in quel locale, in piedi, fra la gente, che non era umana come lui, che “umana” un tempo lo era stata, poi raccolta moribonda, in fin di vita in una fossa comune, era stata “cambiata” per servire la guerra, dalla mano di uno scienziato addestrato al successo, che non aveva sbagliato un solo passaggio del rischioso intervento di ri-pristino del suo respiro da umano a “congegno”. Chissà nel venirne a conoscenza cosa avrebbe pensato. Se come quella poesia, anche lui, avesse mai saputo fare all’amore con una macchina. E senza darsi una risposta né richiederla, lasciò il luogo attraversando la porta di vetro scorrevole senza mai voltarsi indietro.
Lenta a quel ricordo, la donna strofinò il morbido pelo del gatto, segnando il suo ultimo haiku in blu Una farfalla/ sul bianco marmo/ È colore, la sua poesia a chiudere lo sfogo di quel momento, pronta a congedarsi dal suo quaderno, per organizzare la ronda notturna “Gerico 1.0 in ricognizione. Entro nella zona controllo! Rispondete!”

“Mentre lo sguardo del felino, a soffiare di continuo, passava da lei, all’angelo che di lontano serrava i suoi occhi, due braci viola di dolore accesi, scuotendo le proprie ali per riprendere il cammino”


Lo sguardo di Ginevra spostato dal quaderno al paesaggio che la circonda potrebbe essere l’immagine-simbolo di questo nuovo, sempre intenso racconto di Monica Fiorentino. Lo sguardo spostato dal chiarore dell’arte al freddo buio della guerra: in questo passaggio, nella consapevolezza di esso, c’è il senso profondo di chi si accorge dell’entità della differenza e sceglie di conseguenza.
I racconti di Monica Fiorentino, oltre ad essere pregevoli opere letterarie, hanno il merito di far aprire gli occhi su quanto sia sostanziale la differenza tra la pace e la guerra. L’immagine dell’umano trasformato in macchina, poi, è particolarmente adeguata per meglio comprendere la necessità della consapevolezza, se si vuole davvero dire “no” alla guerra. In quel  “senza darsi una risposta né richiederla” c’è tutto il senso desolato della non comprensione, cercata e trovata quando il mare dell’odio ci sovrasta.

Della stessa autrice: Cristina

Per contattare l’autrice: angelo.dicarta@libero.it

Scrivi racconti brevi? Questo è il concorso giusto per te. Leggi il bando del concorso

Per le tue poesie c’è Lunedì Poesia


martedì 24 giugno 2014

KERAMOS: appuntamento a sabato!



Sabato 28 giugno, alle ore 18 e 30, appuntamento al Castello medievale di Agropoli per la premiazione della quarta edizione del concorso KERAMOS.
Oltre agli autori presenti, leggeranno le poesie vincitrici Michele Calabrese, Carmela Rizzo e Giovanna Chirico.
Accompagnamento musicale a cura di Ivana Rizzo.

Ecco i componimenti vincitori e i nomi degli autori:

“Luna” di Marise Gallo
“Fuoco” di Iuvanita Bottiglieri
 “Frammento” di Anna Maria Guerriero
“Alle ceramiche di Edi” di Angela Ambrosini
“Luna marina” di Elisa Rigonelli
“Prometeo, portator di luce” di Laura Vargiu
“Luna” di Riccardo Sanna
 “Terra, Madre” di Sandra Ludovici
“Il grande mare” di Maria Gabriella Conti
“La fine del fuoco” di Giuseppe Milite
“Il risveglio della natura” di Patrizia Cantarella
“Terra di acqua e di fuoco” di Fabio Aloise

Durante la manifestazione, il professor Fernando La Greca e il dottor Pasquale Fernando Giuliani Mazzei parleranno del grande poeta Nicola Vernieri, nato ad Albanella nel 1893 e morto a Roma nel 1965.
A fine incontro, ci recheremo presso il belvedere di Via Carmine Rossi, poco distante, dove il Maestro Antonio Guida installerà il pannello di ceramica riportante le poesie vincitrici.



Sabato vi segnaliamo anche, sempre presso il Castello medievale, l’inaugurazione della collettiva di fotografia “La Terra dei Miti”, a cura di PhotoArtCommunity. 



Per chi vorrà concludere la serata insieme a noi, segnaliamo la Cena giapponese (antipasto/sushi/tempura/thè) presso Villa Cecilia (sempre ad Agropoli, Lungomare San Marco), organizzata dall’Associazione “Officina delle 11”. Il costo è di 15,00 euro per adulti, 5,00 euro per bambini 5-12 anni. Possibilità di menu alternativo vegetariano su richiesta. Per qualsiasi info e per prenotazioni: 3339555032 oppure officinadelle11@gmail.com

lunedì 23 giugno 2014

"Fabian" di Iago ad Agropoli: le foto e la recensione

Sabato scorso la Libreria L'ArgoLibro ha accolto il poeta Iago, tornato ad Agropoli con la nuova raccolta "Fabian", dove poesie e racconti brevi si intrecciano in un percorso rivelatore, cristallino.
Un particolare ringraziamento va ai ragazzi del Gruppo Teatrale Liber (Pagina Facebook: Liber - Teatro e dintorni), nata quest'anno all'interno dell'Associazione Nazionale CTG Omnia: Serena Ruggiero, Marina Carbone, Giampietro Marra, Andrea Ranaldo, Gabriele Celso e Francesco Cara. La loro performance per voci e chitarre, ispirata alla lettura di alcuni brani scelti dalla raccolta di Iago, ha affascinato i presenti.
Gianfranco Marra ha curato anche la recensione critica dell'opera: la riportiamo di seguito, insieme alle foto dell'incontro.
Per info su "Fabian" e per contattare direttamente l'autore: ogaivate@gmail.com - Pagina Facebook: Il Poeta Iago).


























In nome della rosa: Iago

Roberto Sannino è un poeta. Uno di quelli che nella vita fa solo il poeta, uno di quelli che ad un certo punto non si è accontentato più del proprio nome, uno dei pochi che ha scelto di diventare “altro” oltre che “un altro” fra gli altri, di diventare Iago. È proprio Iago che ha scritto “Fabian” (113 pagine, L’Erudita EDIZIONI), una raccolta di poesie e racconti di varia natura. Se le poesie paiono slegate tra loro, una lettura maggiormente accurata però ci svela che non è così , il fil rouge che lega i racconti del libro è il personaggio/persona di Fabian. Fabian è un barbone, è un giovane uomo, è un poeta, Fabian è anche “non umano”, Fabian è un nome che raccoglie decine di altri nomi intorno, intere costellazioni di vita/e.
Iago ci dice di essere “un poeta che scrive racconti e non uno scrittore che scrive poesie” e i suoi racconti risentono di questo particolare stato scrittorio dell’essere. Non c’è nessun classicismo retorico all’approccio di tali brevi narrazioni ma una forma più flessibile, in una certa maniera “liquida”, con la quale l’autore raggiunge l’effetto di una scrittura che letteralmente scivola fra le dita parimenti alla fine sabbiolina di alcune utopiche spiagge da/di sogno che in rari casi la letteratura può svelarci. Di spiagge si parla infatti, atte a contenere gli immaginifici atolli che sono questi scritti, contraddistinti anche da una permeante e positiva accettazione del “lieto fine”, chiave di volta nella lettura dell’irrealtà “iaghiana”. Per quanto riguarda la poesia invece c’è da aprire gli occhi di fronte a tali esempi di quotidiana osservazione della vita, che hanno un preciso scopo ultra-quotidiano e una veste sonora accattivante. D’altronde Iago è un poeta, di poesia si nutre e poesia produce. La sua poesia è come uno di quei vecchi e splendidi mobili polverosi che una volta rimessi a nuovo e tirati a lucido portano qualcosa di antico nella modernità, riuscendo al contempo a non stonare mai nel nostro ipermoderno ed iperveloce secolo. 
In quest’opera tanti nomi diversi concorrono a creare qualcosa di organico in quest’opera e Fabian, Iago, Roberto Sannino sono tante maschere dello stesso volto, che proprio grazie a questi camuffamenti può attuare il miracolo letterario di maggior interesse; rendere la forma contenuto, il molteplice uno. Tanti nomi e tante maschere, così diverse tra loro, che hanno sempre e comunque la stessa voce. Perché alla fine “Cos’è c’è nome? Quella che noi chiamiamo rosa non avrebbe pur sempre lo stesso profumo se la chiamassimo in un altro nome?”
  
Giampietro Marra

sabato 21 giugno 2014

Video-intervista a Giuseppe Milite



Ecco il link a una bella video-intervista che il poeta Giuseppe Milite, autore della silloge "Qualche volta vado a pesca nell'animo", ha rilasciato a "Oblò salernitano", rubrica di storia, arte e cultura di "SalernoTv".





Per tutte le info sull'opera, cliccate qui.
Giuseppe Milite è contattabile direttamente all'indirizzo g.milite@gmail.com

venerdì 20 giugno 2014

I RACCONTI DI VENER dì - Ermanno Crescenzi



I Tg e noi

Autore: Ermanno Crescenzi

Secondo  i dati del Censis del 2011, l’80,9% degli italiani fa ricorso ai Tg come principale fonte di informazione. È chiaro, quindi, quanto sia determinante la tv per manipolare l’informazione controllando, direttamente o indirettamente, i direttori dei principali Tg nazionali e attraverso questi creare un’opinione pubblica accondiscendente e appiattita sulle posizioni del potere vigente. L'opinione pubblica è fondamentale per la stabilità di un sistema.
Le agenzie che forniscono le informazioni sono supportate da agenzie di propaganda, soprattutto americane (Heritage Foundation, American Enterprise Institute, Manhattan Institute), che pianificano cosa rendere noto ma soprattutto “come" dare informazione. La maggior parte delle persone credono che i Tg informino su ciò che accade nel mondo, e inorridiscono di fronte al solo pensiero che possano essere utilizzati per manipolare le loro opinioni.
Riflettiamo un momento sui nostri comportamenti abituali: ogni qualvolta ci viene raccontato un fatto accaduto ad una persona di nostra conoscenza o un personaggio della nostra città, domandiamo a colui che riporta la notizia, se non era presente, la provenienza dell’informazione; questo perché riteniamo che la credibilità della notizia dipende dall’attendibilità della fonte. Avete mai sentito un solo tg che abbia menzionato la provenienza, le fonti delle loro notizie? Siccome la risposta è no, appare chiaro che dovremmo almeno diffidare o comunque verificare con mezzi diversi dalla tv l’informazione che ci viene fornita, per formarci così un’opinione dei fatti più vicina alla realtà. Raramente lo facciamo, non solo per mancanza di tempo ma soprattutto per pigrizia. Sul fertile terreno della nostra indolenza l’informazione pianta il seme della manipolazione con tecniche sempre più affinate e subdole.
Eccone alcune:
Effetto gregge: Viene usata per convincere i pubblico che un programma è espressione di un irresistibile movimento di massa e che è nel loro interesse unirsi.
Ottenere disapprovazione: questa tecnica viene usata per portare il pubblico a disapprovare un’azione o un’idea suggerendo che questa sia popolare in gruppi odiati, temuti o tenuti in scarsa considerazione dal pubblico di riferimento.
Banalità scintillanti: è una tecnica in cui vengono usate parole con un’intensa carica emotiva, così strettamente associate a concetti o credenze di alto valore (l’amore per la patria, la casa, la libertà, l’onore) che portano convinzione senza supportare informazione o ragionamento.
Transfer: tecnica di proiezione di qualità positive o negative (lodare o condannare) di una persona, entità oggetto o valore (individuo, gruppo, patriottismo) ad un altro soggetto per rendere quest’ultimo più accettabile o per screditarlo.
Testimonianza: le testimonianze sono citazioni, dentro e fuori contesto, dette specificamente per supportare o rigettare una certa politica, programma, personalità. La reputazione (esperto, figura pubblica rispettata) dell’individuo che rilascia la dichiarazione vengono sfruttati per fare in modo che il pubblico accetti le opinioni e le convinzioni dell’autorità come fossero sue.
Queste tecniche sono solo alcune di quelle quotidianamente utilizzate dall’industria della manipolazione dell’informazione, per rendere i telegiornali sempre più simili a rotocalchi di una realtà che non è quella in cui viviamo, sempre più orientati allo spettacolo, all'appiattimento e alla banalità.
Finché il potere mediatico sarà nelle mani di chi vuole un sistema politico-economico basato sulla legge del più forte e sul controllo dei popoli,  è ingenuo credere che le risorse umane, spirituali e culturali degli individui, stiano ricevendo impulso alla loro libera realizzazione. Le sottili tecniche di coercizione, di diseducazione sono dirette contro ognuno di noi, come un ulteriore affronto alle nostre menti e alla nostra dignità di cittadini.

Ermanno Crescenzi condivide con noi un breve saggio dedicato ad un argomento che studia da molti anni: quanto e come l’informazione televisiva influenza l’opinione pubblica? Non è una domanda di poco conto, tutt’altro, dato l’ormai enorme potere invasivo del mezzo televisivo nella nostra vita.
Dar per scontato che “è vero perché lo ha detto la tv” è molto pericoloso: di fatto delega a persone a noi estranee, guidate da interessi tutt’altro che sani e dichiarati, di accedere alle nostre sfere private emotive e mentali.
In altre parole, Ermanno Crescenzi ci fa notare che con cuor leggero deleghiamo un enorme potere che dovrebbe essere solo intimo a persone che nemmeno conosciamo. Non esiste né potrebbe esistere l’informazione oggettiva: prima ce ne renderemo conto e prima ci riprenderemo quell’ “individualità” che appartiene solo a noi stessi.

Per contattare l’autore: ermanno.crescenzi@virgilio.it


Scrivi racconti o saggi brevi? Questo è il concorso giusto per te. Leggi il bando del concorso

Per le tue poesie c’è Lunedì Poesia