Gli anni ruggenti
Autrice: Marina Rizzo
Seduto
su questa panchina io ti guardo da un po’. Un vetro ci separa o forse sono gli
anni a farci da muro invisibile.
Ti osservo.
Oh
Circe, monella fedele alla linea, seduta a quest’ora al bancone di un bar. Il
tempo ti guarda ma non osa sfiorarti. Ti teme. Ti ama. Ti amo anche io. Adorabile furbastra hai capito da secoli la
natura infima del genere umano. Gli uomini sono per te ingordi, profani.
Egoisti. Non cambiano mai. Vero? Secoli fa spavaldi condottieri dal capo cinto
d’alloro, esercito al seguito a saccheggiar per l’impero. Oggi, mercanti in
giacca e cravatta,vendono l’anima in una moderna agorà, fulcro del mercato
globale.
Povera
Circe! Povero il cuore tuo. Regge ancora? Hai visto guerre portar via sorrisi
innocenti. Hai visto rinnegare Gea ed idolatrare scatole vuote, produttrici di
echi parlanti in stanze agnostiche. Hai visto come ogni vita compaia in un
ignoto listino dei prezzi, cifre e
conteggi, nessun umano rispetto. Eppure tu già sapevi. Tu hai sempre saputo.
Gli uomini dei si credono. Passano il tempo a far gli architetti, costruiscono
imperi di carta che crollano, sempre, alla prima bufera di vento. Sei triste
vero? A vederti così il cuore mi scoppia, delirio tu sei per me. Dolce delirio,
tributo ad una consapevolezza che non uccide sei tu. Ma, figlia di Elio, io son
diverso. Io dell’uomo ho ben poco, se non la coscienza di essere non senso nell’umano
avvenire. Io ti capisco. Parlarti dovrei, convincerti che la vita forse è
un’assurda casualità, circostanze contingenti in un mare di fasulle certezze.
Sì, ti parlerò. Ti ascolterò. Lo farò. Ma non oggi, non oggi. Domani è alle
porte. Devo andare, mio bel delirio. Sono in ritardo. Rimando e rimando questo
benedetto appuntamento. Poco male, i miei amici si staranno facendo due
spaghetti aspettandomi, aspettando Godot.
C’è un po’
tutta la storia dell’umanità, in questo breve racconto di Marina Rizzo, condensata in pochissime immagini molto ben “mostrate”.
Anzi, sostanzialmente una sola: una figura seduta su una panchina. Partendo da
qui, l’autrice riesce a far allargare lo sguardo del lettore con una scrittura
di ampio respiro, che dilata lo sguardo, tanto da far sembrare che la panchina
stessa si trovi di fronte al mondo intero e all’intera storia dell’umanità.
La condanna
della “ricchezza virtuale” di oggi è netta, definita e definitiva. Eppure, con
quell’ “aspettando Godot” finale, Marina
Rizzo scrive anche della terribile inconsapevolezza nella quale viviamo, mentre
quel “ti ascolterò, ma non oggi” è cornice perfetta di un racconto molto amaro.
Per contattare
l’autrice: marinarizzo87@hotmail.it
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