mercoledì 21 settembre 2011

Un intero racconto


Pagine che ci piacciono


Enrico Rocco, di 31 anni, gerente di una azienda commerciale, innamorato, si chiude nel suo ufficio; il pensiero di lei era diventato così potente e tormentoso ch'egli trovò la forza. Le avrebbe scritto, di là di ogni orgoglio ogni pudore."Egregia signorina" cominciò, e al solo pensiero che quei segni lasciati dalla penna sulla carta sarebbero stati visti da lei, il cuore cominciò a battere, impazzito "Gentile Ornella, mia Diletta, Anima cara, Luce, Fuoco che mi bruci, Ossessione delle notti, Sorriso, Fiorellino, Amore... "Entrò il fattorino Ermete: " Scusi, signor Rocco, c'è di là un signore che è venuto per lei. Ecco (guardò un biglietto) si chiama Manfredini "."Manfredini? Come? Mai sentito nominare. Poi io adesso non ho tempo, ho un lavoro urgentissimo. Torni domani o dopo. " " Credo, signor Rocco, credo che sia il sarto, deve essere venuto per la prova... "" Ah... Manfredini! Be', digli che torni domani. " " Sissignore, ma ha detto che è stato lei a chiamarlo. " "è vero, è vero... (sospirò)... su fallo venire, digli però che si sbrighi, due secondi. "Entrò il sarto Manfredini col vestito. Una prova per modo di dire; indossata per pochi istanti la giacca e poi levata, appena il tempo di fare due tre segni col gessetto." Mi scusi, sa, ma ho per le mani un lavoro molto urgente. Arrivederla, Manfredini. "Avidamente ritornò alla scrivania, riprese a scrivere: "Anima Santa, Creatura, dove sei in questo istante? cosa fai? ti penso con una tale forza che è impossibile il mio amore non ti arrivi anche se tu sei così lontana, addirittura dalla parte opposta della città, che mi sembra un'isola sperduta di là dei mari...". (Che strano, pensava intanto, come si spiega che un uomo positivo come me, un organizzatore commerciale, tutto a un tratto si mette a scrivere cose di questi genere? Forse è una specie di follia?) In quel mentre il telefono al suo fianco cominciò a suonare. Fu come se una sega di ferro gelido gli fosse stata passata di strappo sulla schiena. Boccheggiò:" Pronto? " "Ciaooo " fece una donna con neghittoso miagolìo "Che vocione dimmi, sono capitata male, a quanto sembra. " "Chi parla? " chiese lui. "Oh ma sei impossibile oggi, guarda che... " " Chi parla? " "Ma aspetta almeno che ti... " Mise giù la cornetta, riafferrò la penna in mano."Senti, Amor mio scrisse "fuori c'è la nebbia, umida,fredda, carica di nafta e di miasmi, ma lo sai che io la invidio? Lo sai che farei subito camb..." Drèn, il telefono. Ebbe un sussulto come per una scarica di duecentomila volt. "Pronto? " "Ma Enrico! " era la voce di poco fa "sono venuta apposta in città per salutarti e tu..." Vacillò, accusando il colpo. Era la Franca, sua cugina, brava ragazza, graziosa anche, che da qualche mese gli faceva un po' la corte, chissà cosa si era messa in mente. Le donne sono famose per costruir romanzi inverosimili. Certo, non si poteva decentemente mandarla a quel paese. Ma tenne duro. Qualsiasi cosa pur di finire quella lettera. Era l'unico mezzo per calmare il fuoco che gli bruciava dentro, scrivendo a Ornella gli sembrava di entrare in qualche modo nella vita sua, forse lei avrebbe letto fino in fondo, forse avrebbe sorriso, forse avrebbe chiuso la lettera in borsetta, il foglio ch'egli stava ricoprendo di insensate frasi forse fra poche ore sarebbe stato a contatto con le piccole graziose profumate cose meravigliosamente sue, con la matita per le labbra, col fazzoletto ricamato con gli enigmatici gingilli carichi di conturbanti intimità. E adesso ecco la Franca, a frastornarlo. "Senti, Enrico" chiese la voce strascicata" vuoi che venga a prenderti in ufficio?" "No, no perdonami, adesso ho un mucchio da fare." " Oh non fare complimenti se ti do noia, sia come non detto. Arrivederci." "Dio come la prendi. Ho da fare, ti dico. Ecco, vieni più tardi." "Più tardi quando? " "Vieni... vieni fra due ore." Sbatté sul trespolo la cornetta del telefono, gli pareva di aver perso un tempo irrimediabile, la lettera doveva essere imbucata per l'una, altrimenti sarebbe giunta a destinazione il giorno dopo. No, no l'avrebbe spedita per espresso. "... farei subito cambio" scriveva "quando penso che la nebbia circonda la tua casa e ondeggia dinanzi alla tua camera e se avesse occhi - chissà, forse anche la nebbia vede - potrebbe contemplarti attraverso la finestra. E vuoi che non ci sia una fessura, un sottilissimo interstizio da cui entrare? un minuscolo soffio, niente di più, un esile fiato di bambagia impalpabile che ti accarezzi? basta così poco alla nebbia, basta così poco all'am..." Il fattorino Ermete sulla porta. "Perdoni..." "Te l'ho già detto, ho un lavoro urgente, io non ci sono per nessuno, di' che ritornino stasera. " " Ma..." "Ma cosa?" "C'è da basso il commendatore Invernizzi che l'aspetta in macchina." Maledizione, l'Invernizzi, il sopraluogo al magazzino dove c'era stato un principio d'incendio, l'incontro coi periti,maledizione non ci pensava più, se n'era completamente dimenticato. E non c'erano santi. Quel tormento che gli bruciava dentro, proprio in corrispondenza dello sterno, raggiunse un grado intollerabile. Darsi malato? Impossibile. Terminare la lettera cosi come stava? Ma aveva ancora da dirle tante cose, tante cose importantissime. Scoraggiato, chiuse il foglio in un cassetto. Prese il cappotto e via, L'unica era tentar di fare presto. In mezz'ora, con l'aiuto di Dio, sarebbe stato forse di ritorno. Tornò che era l'una meno venti. Intravide tre quattro uomini che attendevano, seduti in sala d'aspetto. Ansimando, si sprangò in ufficio, sedette allo scrittorio, aprì il cassetto, la lettera non c'era più. Il tumulto del cuore gli tolse quasi il fiato. Chi poteva aver frugato nella scrivania? O che si fosse sbagliato? Aprì d'impeto gli altri cassetti, uno ad uno. Meno male. Si era confuso, la lettera era là. Ma impostarla prima dell'una era impossibile. Poco male - e i ragionamenti (per una faccenda così semplice e banale) si accavallavano nella sua testa tumultuando, con alternative spossanti d'ansia e di speranze - poco male, se la spediva espresso faceva in tempo a prendere l'ultima distribuzione della sera, oppure... meglio ancora, l'avrebbe data a Ermete da portare, no no, meglio non immischiare il fattorino in una faccenda delicata, l'avrebbe portata lui personalmente. "... basta così poco all'amore" scrisse "per vincere lo spazio e oltrepass..." Drèn, il telefono, rabbioso. Senza lasciare la penna, afferrò con la sinistra la cornetta." Pronto?" "Pronto, qui la segretaria di sua eccellenzaTracchi." "Dica, dica." "Per quella licenza d'importazione riguardante la fornitura di cavi a..." Inchiodato. Era un affare enorme, ne dipendeva il suo avvenire. La discussione durò venti minuti. "... oltrepassare" scrisse "le muraglie della Cina. Oh,cara Orn..." Il fattorino ancora sulla porta. Lui lo investì selvaggiamente. "L'hai capita o no che non posso ricevere nessuno? " "Ma c'è l'is..." "Nessuno, nessunoooo! "urlò imbestialito. "L'ispettore della Finanza che dice di avere appuntamento." Sentì le forze abbandonarlo. Mandare indietro l'ispettore sarebbe stata una pazzia, una specie di suicidio, la rovina. Ricevette l'ispettore. Sono le una e 35. Di là c'è la cugina Franca che aspetta da tre quarti d'ora. E poi l'ingegnere Stolz, venuto appositamente da Ginevra. E l'avvocato Messumeci, per la causa degli scaricatori. E l'infermiera che viene ogni giorno a fargli le iniezioni. "Oh cara Ornella" scrive con il furore del naufrago su cui si abbattono i cavalloni sempre più alti e massacranti. Il telefono. "Qui il commendator Stazi del Ministero dei commerci." Il telefono. "Qui il segretario della Confederazione dei consorzi..." "Oh mia deliziosa Ornella" scrive "vorrei che tu sap..." Il fattorino Ermete sulla porta che annuncia il dottor Bi. vice-prefetto. "... che tu sapessi" scrive "qu..." Il telefono: " Qui, il capo di Stato maggiore generale". Il telefono: "Qui il segretario particolare di Sua Eminenza l'arcivescovo...". "... quando io ti v..." scrive febbricitante con l'ultimo fiato. Drèn, drèn, il telefono: "Qui il primo presidente della Corte d'appello ". "Pronto, pronto!" "Qui il Consiglio Supremo, personalmente il senatore Cormorano " "Pronto, pronto!" "Qui il primo aiutante di campo di Sua Maestà l'Imperatore... " Travolto, trascinato via dai flutti. "Pronto, pronto! Sì son io, grazie, eccellenza, estremamente obbligato!... Ma subito, subitissimo, sì signor generale, provvederò senz'altro, e grazie infinite... Pronto, pronto! Certamente Maestà, senz'altro, con infinita devozione (la penna, abbandonata rotolò lentamente fino all'orlo, si fermò un istante in bilico, cadde a piombo stortandosi il pennino, ed ivi giacque)... Prego s'accomodi, perbacco, avanti avanti, no, se mi permette, forse è meglio si accomodi nella poltrona che è più comoda, ma quale onore inaspettato, assolutamente, per l'appunto, oh grazie,un caffè, una sigaretta... "Quanto durò il turbine? Ore, giorni, mesi, millenni?Al calar della notte si ritrovò solo, finalmente. Ma prima di lasciar lo studio, cercò di mettere un po'd'ordine nella montagna di scartafacci, pratiche, progetti, protocolli, accumulatisi sulla scrivania. Sotto all'immensa pila trovò un foglio di carta da lettere senza intestazione scritto a mano. Riconobbe i propri segni. Incuriosito, lesse: "Che baggianate, che ridicole idiozie. Chissà quando mai le ho scritte?" si chiese, cercando invano nei ricordi, con un senso di fastidio e di smarrimento mai provato, e si passò una mano sui capelli oramai grigi. "Quando ho potuto scrivere delle sciocchezze simili? E chi era questa Ornella?"
(Dino Buzzati, Una lettera d’amore)

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