Marzo, che mette nuvole a
soqquadro
e le ammontagna in alpi di broccati,
per poi disfarle in mammole sui
prati,
accende all’improvviso, come un
ladro,
un’occhiata di sole,
che abbaglia acque e viole.
Con in bocca un fil d’erba
primaticcio,
Marzo è un fanciullo in ozio, a
cavalcioni
sul vento che separa due
stagioni;
e, zufolando, fa, per suo
capriccio,
con strafottenti audacie,
il tempo che gli piace.
Stanotte, fra i suoi riccioli,
spioventi
sul mio sonno a rovesci e a
trilli alati,
il flauto di silenzio dei suoi
fiati
vegetali svegliava azzurri e
argenti
nel mio sognarlo, e fuori
ne son sbocciati fiori.
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