Con questi amici sono cresciuto
fino ai diciannove anni, quando ho lasciato il paese: abbiamo sognato, riso,
cantato e bevuto insieme sui mucchi di granturco, al bric di Zaverio dove ci
rifugiavamo in un antro scavato sul costone. Lì, su un fornello ricavato nella
rocca di tufo cuocevamo la polenta che mangiavamo con burro e formaggio; lì
preparavamo la bogna càuda che
gustavamo con cardi e peperoni; lì andavamo per il merendino di Pasquetta con
la torta verde di riso e spinaci…
Quel che io sono stato con loro,
lo sono ancora oggi e vorrei che nulla andasse perduto della nostra amicizia,
del nostro essere cresciuti insieme: anche a Bertino, Nanni e Roberto sono
profondamente grato per quello che hanno rappresentato nella mia vita perché nessuno
cresce e si fa uomo da solo.
Vivere, infatti, è duro, e
occorre imparare a vivere come si impara un mestiere. Occorre soprattutto
esercitare la «pazienza», accettare la fatica come il prezzo di tutto ciò che
si acquisisce in umanità, non aver paura di vivere l’amore anche quando si
presenta la faccia del sacrificio per l’altro… Sì, per amore ci si può sempre
curvare, sapendo che comunque la vita ci curva e che ognuno se ne va portando
con sé un segreto: come ha potuto trovare senso nella propria esistenza.
(Enzo Bianchi, da «Ogni cosa alla sua stagione»)
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