“Mamma, tu non sei come le altre!”di Milena
Esposito
Già dalle prime
pagine ho avvertito una forte emozione, forse piacere, senz’altro orgoglio di
conoscere una persona deliziosa, una persona perbene, soprattutto una intellettuale
di raffinata sensibilità: Milena Esposito.
Il libro “Mamma , tu
non sei come le altre!” è ben strutturato e consta di blocchi di studio sui
temi del dialogo e della comunicazione fra genitori e figli. E’ questo uno
scenario che è venuto , progressivamente, allargandosi a nuovi ambiti di
ricerca, ricchi di spunti e di fermenti. E’ un work in progress, un
pensiero non-finito ed io credo che la scrittrice abbia composto quest’opera
nella più assoluta tranquillità; e
ricordo, a proposito, una frase di Edgar Quinet (scrittore francese che, tra il
1861 e il 1865, nel suo rifugio di Veytaux, in prossimità del castello di
Chillon, scrisse un memoriale sulla Rivoluzione Francese): “Ho scritto
quest’opera nella più assoluta tranquillità, come dal fondo della morte. Il
rumore delle opinioni mi giunge così di lontano che mi lusingo di non
appassionarmi ad esse”.
Conoscendo l’autrice
e i suoi pregevoli saggi, sono sicura che realmente le opinioni le giungono da lontano; ecco perché le sue
idee sono momenti di uno scavo e tappe di un viaggio che non procede secondo
una linea retta in una sola direzione, ma secondo una linea a spirale e a volte
secondo la trama complessa dei “sentieri erranti” nel bosco e delle vie che
apparentemente s-viano, ma che sostanzialmente mettono sulla strada.
Tema - chiave, nel
caso presente, è quello del carattere fondante e costitutivo della condizione
comunicativa, che da un lato dà significato ai nostri messaggi e dall’altro dà
consistenza al mondo e al nostro essere stesso.
Tutta la riflessione
è dominata dalla “regola aurea” che è poi la regola del dialogo.
L’etica socratica
viene accostata all’etica cristiana fondata sulla disponibilità affettiva e
sull’amore; e a tal proposito la
scrittrice sostiene (p. 10) che la madre che ama i propri figli deve
comprendere la necessità di realizzare se stessa e non le loro aspettative.
Deve scegliere di vivere e di far vivere. Deve essere felice e fornire gli
strumenti ai propri figli per essere felici.
Questa felicità si
chiama libertà.
Se il genitore (p.
11) “rinuncia alla propria felicità, insegna al figlio e alla figlia il
sentimento del sacrificio.
Si immola, ma non
rende sacra la propria vita. Il sacrificio non è sofferenza ma sacralità”.
E proprio dalla
sacralità e dal piacere nasce il confronto, il cosiddetto “oggettivo”, che
sorge al limite o al punto d’incrocio dei diversi mondi, allo stesso modo in
cui da due immagini piane, viste attraverso lo stereoscopio, scaturisce una
sola immagine a rilievo.
E’ il principio del
dialogo o principio dell’altruismo, tolto il quale non si vede quale altra
norma di civiltà possa giustificarsi.
Ed ecco il
sentimento d’amore che deve unire genitori e figli, evitare i sensi di colpa e
agire col cuore, come dice la scrittrice (p. 41): “accettare e anche perdonare
sono scelte di libertà” e di cambiamento, caratterizzate dallo stupore.
“Educare all’amor
proprio” (p. 49) perché l’amore è senza rive, è la prima forma di comunicazione
è il contatto, la trasfusione interpersonale, il metabolismo dei corpi. Lo
mostra la nutrizione intra-uterina e l’allattamento. Ma, attenzione, l’amore
non è una forma di esperienza mistica ed osmotica di tipo possessivo e
penetrativo; non a caso il mito di Dioniso era legato ad una fosca vicenda di
sbranamento e nel Cristianesimo solo l’Eucarestia rende possibile la
partecipazione mistica alla vita di Dio fatto carne.
“Il seme tira fuori
sua madre, il figlio tira fuori sua madre. Mamma, tu non sei come le altre.
Mamma sii felice e fa di me un essere libero come te. Il seme è vostro figlio”(p.
50).
“Amarsi è la
risposta alle disgrazie” (p. 52). L’amore, quindi, è la ricostituzione dello status primordiale dell’àpeiron di Anassimandro. E il bacio?
Il bacio è comunione
(negli amanti), è comunicazione, è
ricerca. Tale ricerca in parte alla Don Giovanni e in parte alla Tristano svela
il movimento complesso e profondo dell’individuo moderno, consistente nello
sforzo e nel desiderio di comunicare con l’altro, di essere riconosciuto e di
riconoscere, di perdersi e di affermarsi nello sguardo di un alter ego amoroso.
L’amore appare,
quindi, per la scrittrice, quale strumento di salvezza e di riconciliazione.
Così si legge in una poesia intitolata: “Cet amour” (J. Prèvert) : “Anche se
molto lontano sempre – E non importa dove – Dacci un segno di vita – Molto più
tardi ai margini di un bosco – Nella foresta della memoria – Alzati subito –
Tendici la mano – E salvaci”. In un mondo burocratico, minacciato dall’ “esprit de géométrie” (Blaise Pascal) che è
spirito di distinzione e divisione, l’amore appare come mezzo di catarsi, come
processo di unificazione e comunione, ma anche come rispetto e libertà.
Complimenti
all’autrice che ha saputo, come sempre, comunicare emozioni intense e
irripetibili in una concettualizzazione ontologica. E’ un libro che mi ha
ricordato le parole di Bergson sulla semplicità del “filosofo” che,
correggendosi e poi correggendo la sua correzione, rettificandosi quando
credeva di completarsi, ha reso semplice la sua intuizione di cui si può
fissare l’ombra, l’immagine fuggente, ma solo guardando bene quest’ombra,
indovineremo l’atteggiamento del corpo che la proietta.
Ecco l’autrice ci ha
condotto nella sfera del diritto che è , secondo Hegel, la sfera del volere
libero, in quanto immediato e perciò individuale. Lo spirito si sa volere
libero e si pone quale persona, quale essere in movimento (secondo Platone nel
“Sofista”), in un continuo scambio con l’altro che non è sterile e vana
dedizione, ma amore, desiderio di volare in alto, di dedicarsi all’arte, alla
bellezza, alla beatitudine e all’“amore… puro” (p. 65).
Lucia Capo
Nessun commento:
Posta un commento