Dell'Assecondare la Materia in Materia di Edilizia
– e Non Solo –
“La Bellezza orami oggigiorno
sopravvive unicamente dove coloro che sono preposti sistematicamete a
distruggerla si sono distratti.”
Milan
Kundera
Bisogna assecondare
la materia affinché essa sia ciò che può ancora essere, e non forzarla, o più
esattamente, violentarla affinché diventi quello che non potrà mai essere se
non operando un stravolgimento radicale all'interno o all'esterno di essa, o
più precisamente, facendola diventare altro
da sè, o meglio, da quello che è stata per tanto Tempo prima che l'uomo vi
(ri)mettesse mano.
Ma i motti
imperanti dell'odierna barbarie che si perpetua perlopiù nel mondo sono...
"Si fa prima a
buttare giù e a ricostruire, che ad aggiustare."
"Si fa prima a
togliere il vecchio intonaco ed a rifarne uno nuovo, che a cercare di salvare
quello esistente, per non parlare di riportare alla luce quello
pre-esistente."
"Si fa prima a
passare una mano di vernice, che a cercare di salvare quella esistente, per non
parlare quella di riportare alla luce quella pre-esistente."
È, vero, si fa
prima: è indiscutibilmente vero che è così, nessuno può mettere in dubbio ciò.
Ma operando in tal
modo, non solo cancelli la memoria d'un luogo, ergo, cancelli la tua memoria e
quella di tutti coloro che hanno conosciuto e vissuto quel luogo per quello che
era stato fino a quel momento - ergo, cancelli te stesso - non solo privi il
mondo d'un altra fetta di Bellezza - di quella della cosa in sè e da quella aggiunta indotta dalla suggestione che si ha
nel guardare una qualsiasi architettura o elemento di essa che reca i segni del
Tempo - ma getti al vento un'occasione per imparare quanto può essere
gratificante nonchè illuminante alla
lunga – sottolineo alla lunga
- assecondare la materia fornendole nè più nè meno che un aiuto affinchè compia
il suo ciclo vitale o, magari - perché no? -riportandola a nuova vita – perché
anche la materia, a dispetto di quello che in tanti pensano, è viva - piuttosto
che stravolgerla, rimuoverla, ricoprirla o sostituirla con altra materia.
Tra le altre cose,
la presa di posizione di chi protende per la soluzione più rapida e meno
onerosa - da tantissimi punti di vista - equivale nè più nè meno che a una resa incondizionata.
Rinunciare a priori
alla abnorme fatica ed alla infinita pazienza che occorre per preservare una
qualsiasi Bellezza e il valore aggiunto che le ha conferito il Tempo Eccelso
Scultore - per dirla con Marguerite Yourcenar - senza nemmeno aver operato un
tentativo nel senso del Recupero, e protendendo in maniera drastica e
sbrigativa per disfarsi del vecchio e sostituirlo con il nuovo, è di fatto un
atteggiamento del tutto passivo, oltre che distruttivo, paradossalmente, al
tempo stesso.
Ciò mi fornisce lo
spunto per operare una digressione che può essere sintetizzata in quanto segue…
Anni fa feci di un
proverbio tibetano ripescato e posto in rilievo da Emile Michel Cioran lo
slogan che definiva per eccellenza quello che era il mio atteggiamento
esistenziale di allora.
L'aforisma
diceva...
Nulla apporta tanti benefici al monaco quanto la virtù della
rassegnazione.
È ovvio che sia io
che Cioran avevamo colto di questo enunciato solo l'aspetto che si accordava
con l'atteggiamento fondamentalmente nichilista che avevamo nei confronti
dell'esistenza. Ma non metto in dubbio che chi aveva concepito la frase
suddetta si riferiva ad una idea ben più alta di Rassegnazione, e sicuramente
collegata al Divino, o, se preferite, a quella di vivere in Comunione con la Creazione ed il continuo
e costante Divenire sapientemente orchestrato dal Gran Capo che ad essa fa
capo.
Per non dire -
diciamolo! - che avevamo colto solo l'aspetto che “ci faceva comodo” e che, in
un certo senso, giustificava l'atteggiamento di fatto rinunciatario, disfattista
e sostanzialmente pavido con il quale ci ponevamo rispetto ad ogni azione che
contemplava uno sforzo disumano non indifferente – o almeno così ci appariva - che,
dando per scontato - per dirla con Meursault, il protagonista de "Lo
Straniero" di Albert Camus - non avrebbe migliorato sostanzialmente la
nostra condizione esistenziale o, per dirla con Carmelo Bene, non ci avrebbe
"risolto la vota", preferivamo non compiere.
Oggi, se potessi -
e lo faccio Qui ed Ora - lo capovolgerei del tutto scrivendolo nel seguente
modo...
Nulla apporta tanti benefici all'uomo quanto la virtù della “non” rassegnazione.
O della lotta ad
oltranza, allo scopo di pervenire la ‘ove solo la tenacia, la perseveranza e la
pazienza possono condurci. Benefici dei quali non si ha la più pallida idea
fino a quando non si intraprende il suddetto cammino senza voltarsi mai e poi
mai indietro e avendo come unico faro l'obiettivo che ci si è imposti a tutti i
costi (quel che costi!) da raggiungere. Fino a quando - per dirla con Renato
Caccioppoli, il matematico napoletano per eccellenza - ci si continua a limitare
a tutto ciò che ci è possibile e, proprio per questa ragione, non si compierà
mai un passo.
Se è vero, come
dice un noto proverbio, che
Chi si ferma è perduto
lo è, al vero, in quanto chi si ferma si preclude a priori
la possibilità di scoprire cosa ci attende al di là di quella leopardiana siepe
che non ci va di varcare, contentandoci di restare seduti ad immaginare cosa ci
potrebbe essere al di là di essa e preferendo restare seduti alla finestra a
guardare e null'altro.
Ma l'immaginazione
- per quanto abbracci la sfera dell'inconosciuto
e dell'inconoscibile - non potrà mai
giungere a cogliere cosa esattamente noi rinunciamo a priori a conoscere, in
fondo, per pigrizia, sia essa di natura fisica che metafisica, sia essa di
natura prosaica che poetica, sia essa sia essa illuminata o meno.
In sostanza, chi
sceglie di non raccogliere la sfida di andare la dove l'umano (fin troppo
umano!) istinto della rinuncia a priori ti sconsiglia a scopo preventivo di
andare, chi sceglie di non raccogliere una qualsiasi sfida, sceglie di restare
"fermo" e di gettare al vento la possibilità di Evolversi, sia nel
campo della materia che in quello dello spirito, anche perché non v'è conquista
spirituale che non si ottenga mettendosi duramente alla prova e temprandosi a
livello rigorosamente fisico.
Così è stato
stabilito dall'Altissimo, e Così ha ad essere, anche perchè Così è.
O, coniando e
condividendo finalmente una massima che mi ronza nella testa da un pò di
tempo..
Chi mangia quando ha fame e beve quando ha sete non cambierà mai il
mondo.
E se stesso,
ovviamente, quindi, a maggior ragione, il mondo.
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