venerdì 29 giugno 2012

Poesia di Fëdor Tjutcev

Le foglie 

Noi, lieve famiglia,
fioriamo e splendiamo
e tempo assai breve
sui rami restiamo. 
Per tutta l'estate
facemmo gran mostra,
giocammo coi raggi,
bevemmo rugiade!...
Ma tacquer gli uccelli,
sfiorirono i fiori,
sbiancarono i raggi,
andaron le brezze.
Cosi, perché invano
qui pendere gialle?
Non meglio è con loro
andare anche noi?

Traduzioni di Eridano Bazzarelli

Fëdor Ivanovič Tjutčev

Appartenente a una famiglia dell’aristocrazia moscovita, Fëdor Ivanovič Tjutčev (1803-1873) fu diplomatico oltre che eminente poeta, e dopo aver iniziato la carriera nel Collegio degli Affari esteri di Pietroburgo operò come incaricato speciale a Monaco di Baviera – dove frequentò Heine, Schelling e gli ambienti del Romanticismo tedesco – e a Torino, dove visse dal 1837 al 1839. Nel 1836 alcune sue liriche furono pubblicate dalla rivista di Puškin «Il contemporaneo», suscitando i primi, ampi consensi. Nel 1844 tornò definitivamente in Russia, mentre la sua fama di poeta cresceva dopo i riconoscimenti tributatigli da Turgenev, Fet, Dobroljubov. Il suo universo poetico è un coacervo di visioni cosmogoniche e di rappresentazioni metafisiche che rispecchiano un dualismo di tipo manicheo: vi sono due mondi, il Caos e il Cosmo, e il secondo altro non è se non l’organismo vivente della natura, un’essenza viva e pulsante ma secondaria rispetto al Caos, l’unica vera realtà, di cui il Cosmo rappresenta un’effimera scintilla. La cosmogonia di Tjutčev si nutre di contrasti tra inaccessibili vertici di perfezione e desolate lande nordiche o spaventosi abissi dominati dal disordine notturno e dall’instabilità spettrale del fato. A questo mondo che non conosce la gioia del possesso, ma solo la perdita, la caduta, il rimpianto, e insieme la vertigine del solitario destino umano, dà voce, con esiti memorabili, la versione di Tommaso Landolfi, scrittore così affine a Tjutčev per sensibilità e magistero poetico: centoundici componimenti – trascelti lungo l’intero arco creativo del poeta – dalla struttura concisa, austera, incalzante, in cui si riversa un’inquietudine antesignana non solo del simbolismo, ma della nostra stessa sensibilità contemporanea. (nota biografica tratta da http://www.adelphi.it/libro/9788845926457)

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