giovedì 18 ottobre 2012

Luciano De Feo: «Il fantasma di Odille Burten»





«… Come è facile scrivere difficile e come è difficile scrivere facile…», diceva Libero Bovio nel suo «Don Liberato si spassa».
Nessuna citazione è forse più appropriata per descrivere l’opera di Luciano De Feo. Dalla lettura delle pagine de «Il fantasma di Odille Burten» emerge chiara la naturalezza con cui l’autore compie il nobile gesto dello scrivere. Dovizia di particolari, analisi introspettive dei personaggi, accadimenti mai banali, colpi di scena frequenti, è attraverso tutto ciò che Luciano De Feo riesce a costruire quel rapporto fra autore e pubblico che riproduce quello fra criminale ed investigatore.
Il suo stile pragmatico, senza inutili barocchismi e con alcune innovazioni formali, è subordinato al conseguimento di un risultato preciso. La sua capacità di dosare con accortezza indizi e suspense, logica e azione, è sinonimo di grandi doti intellettuali e di un profondo rispetto per il proprio pubblico.
Scrivere un giallo richiede l’attenzione ad un meccanismo particolare di stesura. Ossia, il giallo non va scritto così come si legge. È un gioco ad incastro, una specie di puzzle, o meglio ancora un mosaico: prima bisogna preparare le tessere occorrenti. Quando si hanno tutti i pezzi si può procedere ad ordinarli ed incastrarli, secondo il quadro che si vuole ottenere, con le opportune zone d’ombra e di luce.
Questo è quello che Luciano De Feo fa nei suoi racconti, andando anche oltre. L’atmosfera dei suoi racconti si fa tutt’uno con l’orizzonte d’attesa. Il contesto sociale di riferimento e gli argomenti trattati, variano da racconto a racconto.
Le sue storie catturano il lettore fin dalle prime pagine, seducendolo e rassicurandolo.  I personaggi vengono presentati da subito, compiono determinate azioni ben precise, che permettono ad un lettore attento, di giocare con attenzione le sue mosse come uno scacchista e cercare di fare scacco matto.
Nei suoi racconti l’autore non ha barato: tutti i tasselli per poter risolvere l’enigma vengono offerti al lettore in modo nascosto, non troppo evidente, cosicché solo alla fine egli capisce che, in fondo, avrebbe avuto tutti gli strumenti per arrivare alla soluzione del caso, se solo fosse stato un po’ meno distratto. Rispettando così la regola non scritta secondo la quale sia l’investigatore che il lettore possono risolvere l’enigma.

Giovanna Chirico

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