da Le stagioni
Primavera
Autore: Simone Di Donna
Lambisce dialettiche di luoghi e di tempo,
il tuo addio:
le tue Antille che seducono lievi,
che si offrono a modelli sovrani;
il Mediterraneo mio che ti consola appena.
[Lo stretto di Panama... Il canale di Suez...]
Il tempo delle battaglie di specchi fumanti
o dell’amore che Giunone concede al suo sposo.
[Il desiderio è un passaggio a nord-ovest]
Un’eccezione che non prevede strutture,
un’eventualità:
è il disordine che sciaborda
contro la chiglia d’ogni pensiero,
nel percorso che si avverte più breve
più greve
a negare ogni proposta di dislivello privato.
È una tensione sulla superficie del corpo,
il tuo corpo:
per la falena che cammina sull’acqua,
per il tepore e la bonaccia notturna,
[per l’intuizione, che si fa primavera indivisa]
per la fuga e la coscienza
di un battito
d’ali
che consuma in un giorno.
Complesso e invogliante
testo, questo di Simone Di Donna,
pregno di quel particolare fascino che solo la forma artistica poetica può donare
alla parola. Lo sguardo del lettore viene attratto da/in un insieme di parole
capaci di richiamare continuamente immagini molto originali, con paragoni
geografici al tempo stesso arditi e intimi.
L’amore viene,
tra l’altro, “sorvolato”, e “dall’alto” vengono scattate una serie di
istantanee a descrivere un’ora del giorno, un particolare momento del rapporto,
una particolare reazione… In questa primavera occupa un posto particolare il
desiderio, anch’esso inevitabilmente momentaneo (in questo senso,
magistralmente associato alla “tensione”, che come tale è assecondabile solo
per un periodo molto limitato di tempo); è la stagione dell’instabilità, delle
tempeste e della quiete, del “disordine che sciaborda”.
Le immagini che
Simone Di Donna coglie sono tutte
indovinate, niente è fuori posto o fuori luogo. Nemmeno quel “d’ali” spostato
verso il centro, a significare la necessità di porlo in evidenza. Quando l’importanza
della parola torna al centro di una poesia, lo spirito della Poesia si rianima:
eterno miracolo che si rinnova ancora e ancora.
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