«È già domani»:
la poetica di
Gerardo Masuccio
Sono
qui a compitare il Linguaggio degli Dei e a rabbrividire ai versi di Gerardo
Masuccio, ed è la memoria di quel genio nascente, intravisto nei libri
precedenti che sovrabbonda in
quest’ultimo, a sorprendermi.
Lo
vedo riverberare tra le palpebre degli endecasillabi, aperte all’incanto di chi
legge, dopo lungo andare in cerca dello stupore: pane celeste di cui non è mai sazio.
Come pietra arsa, era l’anima mia, in attesa
di versi prodigiosi, di vertigini d’acqua e di luce.
È risveglio la Poesia d’immoti sensi, di minuzioso
sfavillar di sensazioni da custodire; esiste senza spazio un luogo
dentro di lui, che accoglie la Bellezza, sicuro, futuro bagaglio dell’anima.
Così
come, dopo lungo tempo, dimentichiamo nomi e luoghi, ma non quel senso di
indicibile felicità vissuta. Restano nei suoi pensieri trame che la poesia
ricuce e la quotidianità rivive di splendori ignorati.
Nemica
è dei ricordi la fugacità e nulla resta, tutto si cancella se non si guarda con
gli occhi dell’anima la vita.
È
del poeta il richiamo a cogliere frammenti di bellezza abbandonati, sparsi,
tralasciati come vili brandelli, e mai, mai considera esaurita l’attenzione
alle mille facce delle cose che noi pensiamo invano di conoscere.
Dov’è
la cernita dell’oro scavato a fatica nei percorsi quotidiani se non ne resta
traccia sulla carta ignara, avida d’inchiostro che per magia accoglie mondi
sconosciuti?
Di
tutte le fatiche è l’unica a lasciare un segno ai posteri, a perpetuare visioni
dolenti di attimi defraudati della loro regalità e mai reintegrati, noi che
dividiamo il tempo, sprecando la bellezza della sua unicità.
Quando
le cose appariranno ai nostri occhi interiori, come faremo a riconoscere le unità
invisibili se non abbiamo fatto mai esercizio di contiguità con cose sempre più
piccole, sino a sfumare nell’evanescenza?
E
quali cose sono più imprendibili del pensiero che scorre senza posa, ammassando
tesori che giudichiamo vili, inutili, privi di senso? Questa che chiamiamo
veglia non è atta a comprendere le cose nascoste, non perché lo siano, ma
perché la nostra vista è parziale come le nostre finalità.
Ecco
a cosa serve la Poesia di Masuccio, di appena vent’anni, accanito studioso,
poeta, scrittore e grande osservatore della vita, di quella che si va
dispiegando nel suo intimo, nelle relazioni con persone e cose e di quella che
lo coinvolge perché nulla gli è estraneo di quel che accade intorno.
Egli
ci guida non solo a guardare, ma anche a vedere… ch’è già domani, nella sua
Poesia, come piccola o grande ipoteca sul futuro, dipende da noi.
Angela Furcas
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