domenica 28 ottobre 2012

La domenica di Angela Furcas



«È già domani»: la poetica di Gerardo Masuccio

Sono qui a compitare il Linguaggio degli Dei e a rabbrividire ai versi di Gerardo Masuccio, ed è la memoria di quel genio nascente, intravisto nei libri precedenti  che sovrabbonda in quest’ultimo, a sorprendermi.
Lo vedo riverberare tra le palpebre degli endecasillabi, aperte all’incanto di chi legge, dopo lungo andare in cerca dello stupore: pane celeste di cui non  è mai sazio.
Come pietra arsa, era l’anima mia, in attesa di versi prodigiosi, di vertigini d’acqua e di luce.
È risveglio la Poesia d’immoti sensi, di minuzioso  sfavillar  di sensazioni  da custodire; esiste senza spazio un luogo dentro di lui, che accoglie la Bellezza, sicuro, futuro  bagaglio dell’anima.
Così come, dopo lungo tempo, dimentichiamo nomi e luoghi, ma non quel senso di indicibile felicità vissuta. Restano nei suoi pensieri trame che la poesia ricuce e la quotidianità rivive di splendori ignorati.
Nemica è dei ricordi la fugacità e nulla resta, tutto si cancella se non si guarda con gli occhi dell’anima la vita.
È del poeta il richiamo a cogliere frammenti di bellezza abbandonati, sparsi, tralasciati come vili brandelli, e mai, mai considera esaurita l’attenzione alle mille facce delle cose che noi pensiamo invano di conoscere.
Dov’è la cernita dell’oro scavato a fatica nei percorsi quotidiani se non ne resta traccia sulla carta ignara, avida d’inchiostro che per magia accoglie mondi sconosciuti?
Di tutte le fatiche è l’unica a lasciare un segno ai posteri, a perpetuare visioni dolenti di attimi defraudati della loro regalità e mai reintegrati, noi che dividiamo il tempo,  sprecando la  bellezza della sua unicità.
Quando le cose appariranno ai nostri occhi interiori, come faremo a riconoscere le unità invisibili se non abbiamo fatto mai esercizio di contiguità con cose sempre più piccole, sino a sfumare nell’evanescenza?
E quali cose sono più imprendibili del pensiero che scorre senza posa, ammassando tesori che giudichiamo vili, inutili, privi di senso? Questa che chiamiamo veglia non è atta a comprendere le cose nascoste, non perché lo siano, ma perché la nostra vista è parziale come le nostre finalità.
Ecco a cosa serve la Poesia di Masuccio, di appena vent’anni, accanito studioso, poeta, scrittore e grande osservatore della vita, di quella che si va dispiegando nel suo intimo, nelle relazioni con persone e cose e di quella che lo coinvolge perché nulla gli è estraneo di quel che accade intorno.
Egli ci guida non solo a guardare, ma anche a vedere… ch’è già domani, nella sua Poesia, come piccola o grande ipoteca sul futuro, dipende da noi.
                                                                                                       
                                                             Angela  Furcas

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