Fra il 30 aprile e il primo di maggio si
vive, secondo la tradizione, un momento magico: la notte di Santa Valpurga.
Anticamente fra i Celti segnava il passaggio alla bella stagione: una notte di
veglia, una specie di capodanno primaverile, durante la quale si susseguivano
danze e banchetti in un’atmosfera orgiastica aspettando il nuovo giorno quando si
sarebbe celebrata la festa di Beltane, chiamata poi Calendimaggio. Sulla notte,
si diceva, vegliava la Grande Madre della fertilità che governava il destino dei
viventi e dei morti. Con la cristianizzazione dell’Europa centrale queste feste
furono vietate perché si raccontava con raccapriccio che vi si dessero convegno
streghe e stregoni. E per cacciare le presenze demoniache si chiedeva l’intercessione
di Santa Valpurga.
Sorella dei santi Villibaldo e
Vunibaldo, era di origine inglese e faceva parte del gruppo di monaci e monache
che nel secolo VIII aiutarono San Bonifacio a evangelizzare la Germania. Il suo
monastero si trovava a Wimborne, nel Dorset. Valpurga divenne successivamente
badessa delle monache nel doppio monastero istituito da suo fratello Vunibaldo
ad Heidenheim, dove l’altro suo fratello governava i monaci. Alla morte di
Villibaldo assunse il governo di tutta l’istituzione. Un secolo circa dopo la morte fu traslata ad
Eichstatt dove la seppellirono il primo maggio dell’871. La sua festa
principale si celebra nel giorno della morte, il 25 febbraio. Al primo di maggio
se ne ricorda invece la canonizzazione nell’893, che consistette nella diffusione
delle reliquie, alcune delle quali giunsero in Renania, altre nelle Fiandre e
nella Francia del Nord.
La coincidenza calendariale ha
trasformato Valpurga nella santa che protegge dalle streghe. Dalle pietre dove
le sue ossa furono sepolte sgorgava il miracoloso olio di Santa Valpurga che
fra le tante virtù avrebbe avuto anche quella di proteggere dalle «malefiche»
donne.
Una volta, in Boemia, i giovani si
radunavano dopo il tramonto su un’altura o a un crocicchio schioccando le
fruste con energia: fin dove si udiva il loro suono le streghe fuggivano. Nel Tirolo
invece si faceva un gran frastuono con fruste, sonagli e casseruole. Poi al
suono della campana s’incendiavano fascine e si accendeva l’incenso urlando: «Fuggi,
strega, fuggi, o male sarà per te». Infine si correva a perdifiato intorno alle
case.
(tratto da «Lunario» di Alfredo Cattabiani)
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