Filippo Pirro, Atacama, Edizioni Tracce, Pescara 2011
L’Autore con questo volumetto di poesie ha inteso esprimere
la sua partecipaione emotiva ad un dramma che si è consumato, ma per fortuna
con esiti felici, nel deserto di Atacama in Cile, ove il 5 agosto 2010, 33 minatori, a seguito di un crollo, sono
rimasti imprigionati dal 5 agosto per 17 giorni, prima che i soccorritori
fossero certi della loro sopravvivenza. Le operazioni di salvataggio, che si
sono concluse ad ottobre, hanno rappresentato un evento di grande impatto
mediatico, ripreso dai mass media di tutto il mondo, ed ha fornito ispirazione
alla realizzazione di filmati e sceneggiature cinematografiche e televisive.
Pirro è nato e vive a S. Marco in Lamis, in provincia di
Foggia, una terra un tempo in parte
impaludata (“in lamis”: “tra le paludi”), pervasa da una forte carica di
religiosità per essere vicina a S. Giovanni Rotondo, ove è vissuto Padre Pio,
ma anche alla Grotta di S. Michele Arcangelo. Questa, già luogo di culto
antichissimo, ha rappresentato fin dal Medioevo, grazie anche alla conversione
dei Longobardi, uno dei principali santuari, visitato dai pellegrini di ogni nazione, non solo europea, che vi si
diriggevano appositamente o vi percorrevano la vicina Via Francigena (o dei
Longobardi o delle Crociate), che conduceva non solo a San Giacomo di
Compostela ma metteva in contatto l’Oriente con l’Occidente tramite i porti dell’Adriatico.
Il tema del deserto, luogo di penitenza ma anche di purificazione,
richiamato dalle assolate contrade pugliesi, il paradiso terrestre evocato
dalla ricchezza di vegetazione ed animali della vicina dolina, rappresentano
per l’Autore il richiamo inconscio per
trattare in senso religioso, non senza il rispetto per la dignità
“laica” dell’individuo, una tematica di
dramma e di resurrezione, in merito alla
quale egli ha già ideato un parco dedicato a “Il sentiero dell’anima”, ricco di
percorsi artistici, religiosi e letterari.
Protagonisti dell’umana vicenda sono giovani ed anziani
minatori che sono entrati nelle viscere
della terra, quasi un percorso eroico in cui a pochi come Eracle, era concessa
la visita e il ritorno, e che nella “purificazione” dei 69 giorni si sono
spogliati, come accade ai serpenti che “mutano”, e che sono stati sempre considerati il
tramite tra il sottosuolo e la terra assolata, della precedente “camicia”, per
assumere quella nuova, del rinnovamento. Tiepidi affetti paterni o da coniugi,
carriere che avevano preso una svolta diversa, taciuta a parenti, fatue
sicurezze di fronte all’imprevedibilità della vita, anche per l’ingegnere che era certo di aver realizzato
idonei impianti di sicurezza, sono sottoposti nell’isolamento ad un
“resettaggio” imposto dall’immagine della morte che solo una fede solida o resa
tale ha potuto affrontare come rimedio
ad atti estremi se non alla pazzia stessa. La resurrezione per i 33, numero
“magico” (gli anni di Cristo!), anch’esso fornito dal “destino”, si accompagna
alle orazioni liturgiche dei momenti
della giornata monastica che ci insegnano,
insieme all’Autore, che è ricorso al complesso gioco degli acrostici, uno per
ogni sopravvissuto, la speranza in ogni difficoltà, anche la più estrema, che
solo l’umiltà e la disponibilità generosa verso il prossimo può tenere accesa
di fronte all’enigma dell’esistenza.
Antonio Capano
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