venerdì 10 agosto 2012

TRE POVERI NOI


Recensione al romanzo di BARBARA MAURANO



Il romanzo “Tre poveri noi”,  sembra  il compendio di tante storie, di tanti percorsi esistenziali.
É la storia di un'amicizia forte, eterna come tutti i rapporti che nascono in età preadolescenziale e che sembra non debbano mai imbattersi nelle contraddizioni della vita.
É il passaggio dall'adolescenza, con i suoi sogni e le sue speranze, all'età adulta, con le sue disillusioni.
Ma è anche il romanzo dell'assenza, che diventa difficile da metabolizzare,  che esiste e persiste più di ogni altra presenza e che rappresenta il perno attorno al quale si materializzano le azioni, i desideri, le inquietudini, i drammi dei personaggi del romanzo.
Attorno ai protagonisti, Giovanni, Matteo e Giulia, prende corpo lo sfondo storico e politico che parte dagli anni Novanta, segnato da numerosi cambiamenti a livello sociale e politico.
 I protagonisti cercano la propria identità in un mondo che sembra distratto e distante dalle espressioni più profonde dell'anima. Sembrano personaggi pirandelliani, immersi in una solitudine che impedisce loro di essere se   stessi, in quanto imprigionati nelle aspettative degli altri. E al di là di questa forma forzata, c'è il dramma di sentirsi estranei, di smarrire la propria identità, senza riuscire a trovare una via d'uscita.
La giovane scrittrice mostra una capacità introspettiva nel descrivere le più profonde pulsioni del cuore, il malessere di vivere, la difficoltà di affermare con coerenza le proprie convinzioni, di sentirsi credibile; riesce a  scandagliare l'animo umano con bravura, per portare in superficie le tante sfaccettature del sé.
I personaggi sono ben definiti e nello stesso tempo arricchiti di sfumature, che consentono al lettore di entrare profondamente nella storia, per seguire gli eventi, senza mai perdere di vista l'iter narrativo. Inoltre non manca una tendenza a tratteggiare i personaggi attraverso il pennello di una leggera ironia.
Sono presenti numerose analessi, attraverso le quali l'autrice, raggomitolando la fabula, libera i fili del passato, per dare flessibilità al racconto e definire meglio le caratteristiche evolutive dei personaggi. 
La presenza di un narratore esterno, ma partecipe delle azioni e della psicologia dei  personaggi, arricchisce le vicende narrate,  regalando alle varie sequenze dinamismo e pathos.
Il suicidio di uno dei protagonisti, per giunta sacerdote, sembra un pugno nello stomaco, una sconfitta non solo dell'individuo, ma dell'intera società, chiassosa o distratta, che ha messo da parte la voglia di  ascoltare l'altro e la capacità di condividere e compatire.
In tale situazione l'uomo è solo e presente sempre più alla sua fragilità, come diceva il grande Ungaretti.
Per concludere, “Tre poveri noi” è il romanzo della conoscenza di sé, perché in definitiva, il cammino più difficile dell'esistenza non è quello di conoscere gli altri, ma quello di diventare se stessi, è una vera battaglia senza esclusione di colpi, che può lasciare delle ferite, perché non c'è guerra più dura di quella verso sé, ma tale conoscenza rappresenta una condizione irrinunciabile per agire a beneficio degli altri.

Annamaria Perrotta

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