Recensione al romanzo di BARBARA MAURANO
Il
romanzo “Tre poveri noi”,
sembra il compendio di tante
storie, di tanti percorsi esistenziali.
É
la storia di un'amicizia forte, eterna come tutti i rapporti che nascono in età
preadolescenziale e che sembra non debbano mai imbattersi nelle contraddizioni
della vita.
É
il passaggio dall'adolescenza, con i suoi sogni e le sue speranze, all'età
adulta, con le sue disillusioni.
Ma
è anche il romanzo dell'assenza, che diventa difficile da metabolizzare, che esiste e persiste più di ogni altra
presenza e che rappresenta il perno attorno al quale si materializzano le
azioni, i desideri, le inquietudini, i drammi dei personaggi del romanzo.
Attorno
ai protagonisti, Giovanni, Matteo e Giulia, prende corpo lo sfondo storico e
politico che parte dagli anni Novanta, segnato da numerosi cambiamenti a
livello sociale e politico.
I protagonisti cercano la propria identità in
un mondo che sembra distratto e distante dalle espressioni più profonde
dell'anima. Sembrano personaggi pirandelliani, immersi in una solitudine che
impedisce loro di essere se stessi, in
quanto imprigionati nelle aspettative degli altri. E al di là di questa forma
forzata, c'è il dramma di sentirsi estranei, di smarrire la propria identità,
senza riuscire a trovare una via d'uscita.
La
giovane scrittrice mostra una capacità introspettiva nel descrivere le più
profonde pulsioni del cuore, il malessere di vivere, la difficoltà di affermare
con coerenza le proprie convinzioni, di sentirsi credibile; riesce a scandagliare l'animo umano con bravura, per
portare in superficie le tante sfaccettature del sé.
I
personaggi sono ben definiti e nello stesso tempo arricchiti di sfumature, che
consentono al lettore di entrare profondamente nella storia, per seguire gli
eventi, senza mai perdere di vista l'iter narrativo. Inoltre non manca una
tendenza a tratteggiare i personaggi attraverso il pennello di una leggera
ironia.
Sono
presenti numerose analessi, attraverso le quali l'autrice, raggomitolando la
fabula, libera i fili del passato, per dare flessibilità al racconto e definire
meglio le caratteristiche evolutive dei personaggi.
La
presenza di un narratore esterno, ma partecipe delle azioni e della psicologia
dei personaggi, arricchisce le vicende
narrate, regalando alle varie sequenze
dinamismo e pathos.
Il
suicidio di uno dei protagonisti, per giunta sacerdote, sembra un pugno nello
stomaco, una sconfitta non solo dell'individuo, ma dell'intera società,
chiassosa o distratta, che ha messo da parte la voglia di ascoltare l'altro e la capacità di
condividere e compatire.
In
tale situazione l'uomo è solo e presente sempre più alla sua fragilità, come
diceva il grande Ungaretti.
Per
concludere, “Tre poveri noi” è il romanzo della conoscenza di sé, perché
in definitiva, il cammino più difficile dell'esistenza non è quello di
conoscere gli altri, ma quello di diventare se stessi, è una vera battaglia
senza esclusione di colpi, che può lasciare delle ferite, perché non c'è guerra
più dura di quella verso sé, ma tale conoscenza rappresenta una condizione
irrinunciabile per agire a beneficio degli altri.
Annamaria Perrotta
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