Ecco la recensione critica del poeta Giuseppe Milite alla raccolta “Versi
per un arcobaleno peregrino” di Lia Lo Bue, letta durante la presentazione qui
ad Agropoli del 7 agosto, nell'ambito della rassegna "Liber da Mare Libri d'Amare".
L'apprensione
per una presente, o magari temuta, futura solitudine, è costante, assidua,
pressante. Irrorata continuamente, però, dalla speranza, dalla quale l'artista
non si separa mai.
I
suoi versi viaggiano come sopra onde, la prima li raccoglie, li fonde e li
trasporta fluidi al lettore. La seconda è lì, già pronta e ne lascia sentire e pregustare
il fragore. Un’altra e un’altra ancora poi, e come in un immaginifico ed
irreversibile maroso, la sequenza infallibile, dà l'idea.
Il
fruitore di quest'opera ha l'impressione
di ritrovarsi immerso nell’immenso di affascinanti e magiche suggestioni. Il
“Marinaio”, “moderno cavaliere”, così lo definisce e “l'Arcobaleno peregrino”,
sono metafisici soggetti onnipresenti.
Saranno,
del corso d’opera, rispettivamente l'illusione ed il magico auspicato risveglio
o rifugio. I versi si susseguono irti e forti. La semantica, mai frivola, non
perde una strofa. La tensione tende la corda al limite, ma mai la spezza. Nel
contempo tiene l’equilibrio di parole, l'una a seguire l'altra. Mai stanche. Di
sicuro palesano la metafora dell'animo di Lia, che, come sorpresa, da una non
più fresca giovinezza, prepara se stessa al temuto cambiamento. Vedremo,
reagirà. Come dimostrano i suoi versi. Come ha sempre fatto nella vita, e di
sicuro, farà ancora.
Conscia
che gli entusiasmi sono figli degli stimoli e delle novità, non trovandone
nella realtà, con
l'immaginazione,
sapientemente li crea. Il protagonista principale diviene l’alter ego
fantastico, del probabile amore concreto e vivo, e lo strumento per dargli
nuova vita. Egli deve risvegliare
opportunamente i sensi e le emozioni. Cosa v'è,
unque, di più adatto nell’intento, se non per una donna, che la figura,
mitica ormai, del “Marinaio” dalle mille
spiagge, tradimenti e amori.
L’invenzione
è pronta. Dolce a volte, prepotente e dominante in altre. Capace sempre, però,
di dare stimolo alle tentazioni e alla trascendenza. Gli affianca poi, una
figura salvifica, colorata di fresco, seducente e misteriosa: “l'arcobaleno”. Sempre lì, pronto a proteggerla e trascinarla
via con il suo fascino ipnotico, da ogni possibile dispiacevole occasione.
E
così il "taumaturgico" esplode, si compie. La scena finemente creata
attende di essere vissuta.
E
lei magistralmente la vive.
È necessario
che l'amore sia stregato e fortunoso per renderlo pieno, coinvolgente,
trascinante, e lei così l’assolve: “Ho
incontrato per caso e per fortuna un marinaio e mi sono lasciata stregare da
lui”; lo sconcerto, ingrediente indispensabile per stimolare l’attenzione è
affidato a evidenti ossimori, di tutti uno: “Sei
la presente assenza di ogni giorno, il perfetto ideale continuamente irreale”; lo
spazio concesso continuamente all’immaginazione con la platonica onnipresenza,
ancora: “e il tuo sapore è sogno anche quando
sei vero”; l’ambiente surreale e il desiderio di trascendere, poi, con i versi
de “la nebbia”, che antonomasticamente distorce i sensi. Che crea un indefinito
tempo. Che porta via dalla realtà, ma non illude. Che non allontana mai abbastanza
la certezza, che la realtà crudele, la spunterà all'oblio:
“Ho
vagato felice nel fitto fumo infinito della nebbia”; e segue: “Quando la nebbia
naturalmente si è diradata, il sogno è svanito”.
Gli
ingredienti ci sono tutti, e sono, ognuno da gustare lentamente. Come il
galateo insegna, in rigoroso silenzio e a bocca chiusa, ma nello specifico
aggiungo: a mente molto aperta.
E
concludo infine: Lia crea questa piazza di carta, “Arcobaleno Peregrino”, e
poi vi espone, candida e spudorata, la sua anima e se stessa, senza indugi ne
remore. Il lettore attento non smetterà, nel corso della lettura, di
raccogliere i frutti che l'autrice ha sapientemente seminato, lungo il percorso
sinuoso dei suoi versi.
Giuseppe Milite
non mi viene nessun altro commento oltre a GRAZIE.
RispondiEliminaLIA LO BUE