Le parole malate
Autore: Pietro Rainero
La prima
a star male fu la fAringite, a dicembre, con un’affezione minuscola, anzi
maiuscola, proprio lì, vedete, sotto la faccia.
Bastò,
però, che il valente dottor Penna le prescrivesse un antibiotico, l’azitrocin, e
tutto andò al suo posto, specialmente la vocale che tornò minuscola,
assolutamente non infiammata.
Problemi
più seri, invece, li ebbe il buon Penna con le disavventure di polMOnite, che
presentava vaste aree ingrossate attorno al cuore.
Ma egli,
da bravo medico, visitò scrupolosamente la parola e scovò subito l’inghippo: a
farlo passare bastò il cefoprim, associato alla flucloxacillina.
Curare
invece la signora gottA fu, per il nostro amico, uno scherzo da ragazzi; il
piede gonfio, troppo gonfio in fondo, si rimpicciolì quasi subito con il diclofenac,
così come la malattia del signor mOrBillO passò semplicemente con il riposo,
caldamente raccomandato da Penna.
Il quale
signor morbillo, se vi interessa il gossip, rimasto un poco sordo come
conseguenza della malattia infettiva, sposò l’anno seguente la signorina otite,
anche lei bisognosa di ausilio acustico e con la quale, forse proprio perché
ognuno non sentiva bene i discorsi del coniuge, andò sempre d’amore e
d’accordo.
In acque
peggiori navigò invece la signorina appendiCite, con una dilatazione
dell’addome che fu giocoforza curare con una operazione, sostituendo una
piccola c alla enorme C in preda all’infezione, operazione portata a termine con
perizia nel grande ospedale della città.
In tutto
questo intrecciarsi di casi clinici non vi sarà certo sfuggito che anche
l’egregio Penna accusava, sulla parte superiore del corpo, al viso, un
fastidioso prurito che, buon per lui, riuscì a lenire da solo mitigandolo con
una goccia di pomata a base di naltrexone, acquistata e subito applicata in
farmacia e che con un effetto immediato permise, poco dopo, al signor Penna di
uscire dallo stesso negozio guarito miracolosamente.
Ma
intanto, all’ospedale, stavano succedendo eventi drammatici: la signora
periTONIte arrivò d’urgenza al pronto soccorso, con esami sballati ed un quadro
alterato, come potete constatare anche voi che non siete dottori.
La
prognosi era riservata, ma l’eccellente e affiatata equipe di quel nosocomio
riuscì, dopo aver giocoforza aperto l’addome della parola, a cancellare
l’infiammazione delle parti ingrossate, la T, la O, la N e la I, grazie anche
ai progressi della moderna medicina ed all’aiuto dell’amikacina.
Possiamo
dunque, alla fine della storia, rimarcare la bravura del personale di
quell’ospedale aggiusta traumi chiamato “vocabolario”, uscendo dal quale tutte
la parole, quando vengono dimesse, esibiscono un’ottima cera e risultano… sane
come un Pesce!… scusate… sane come un pesce!
P.S: Ai più attenti fra voi non sarà sfuggito che
tutte le parole che seguono il punto finale di una frase accusano un po’ di
cefalea. Ma a questo inconveniente
potete rimediare voi stessi, dispensando loro, per esempio, del moment act.
Pietro Rainero ci fa sorridere con questo racconto ben costruito, “adatto” alla stagione
invernale, dalla quale trae spunto per invitarci – invito garbato, gentile – a
prestare attenzione alle parole, al loro uso e a come vengono scritte.
«Le parole
malate» incuriosisce il lettore, solletica la sua curiosità, mentre un leggero
umorismo accompagna una lettura piacevole.
Le “mini-storie”
dei vari protagonisti portano un messaggio molto importante per tutti coloro
che si dilettano con la scrittura, ma lungi dall’autore un atteggiamento cattedratico;
al contrario, Pietro Rainero vuole
comunicare gioia, e il «Post scriptum» è la giusta chiusa per una composizione
ricca di particolari e molto interessante. Il (bel) messaggio finale? Non
fermatevi alla superficie delle parole, solo così riuscirete a “guarirle”.
Dello stesso
autore: Il
quinto dei quattro ponti
Per contattare
l’autore: p.rainero@libero.it
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