La
luce che è nata al Solstizio d’Inverno comincia a manifestarsi all’inizio del
mese di febbraio: le giornate si allungano poco alla volta e, anche se la
stagione invernale continua a mantenere la sua gelida morsa, ci accorgiamo che
qualcosa sta cambiando. Le genti antiche erano molto più attente di noi ai
mutamenti stagionali, anche per motivi di sopravvivenza.
Questo
era il periodo più difficile dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate
per l’inverno cominciavano a scarseggiare. Pertanto, i segni che annunciavano
il ritorno della primavera erano accolti con uno stato d’animo che oggi, al
riparo delle nostre case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica a
immaginare.
Presso
i Celti l’1 febbraio era Imbolc
(pronuncia Immol’c). Imbolc è una delle quattro feste celtiche, Insieme a
Beltane, Lughnasadh e Samhain, dette “feste del fuoco” perché l’accensione
rituale di fuochi e falò ne costituiscono una caratteristica essenziale. In
questa ricorrenza il fuoco è in particolare considerato sotto il suo aspetto di
luce, questo è infatti il periodo della luce crescente. Gli antichi Celti,
consapevoli dei sottili mutamenti di stagione come tutte le genti del passato,
celebravano in maniera adeguata questo tempo di risveglio della Natura. Non vi
erano grandi celebrazioni tribali in questo buio e freddo periodo dell’anno,
tuttavia le donne del villaggio si radunavano per celebrare insieme la Dea
della Luce (le celebrazioni iniziavano la vigilia, perché per i Celti il giorno
iniziava all’imbrunire del giorno precedente).
Nell’Europa
celtica era onorata Brigit, dea del
triplice fuoco; infatti era la patrona dei fabbri, dei poeti e dei guaritori.
Il suo nome deriva dalla radice “breo” (fuoco): il fuoco della fucina si univa
a quello dell’ispirazione artistica e dell’energia guaritrice.
Brigit,
figlia del Grande Dio Dagda e controparte celtica di Athena-Minerva, è la
conservatrice della tradizione, perché per gli antichi Celti la poesia era un’arte
sacra che trascendeva la semplice composizione di versi e diventava magia,
rito, personificazione della memoria ancestrale delle popolazioni.
(tratto da Feste pagane di Roberto Fattore)
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