giovedì 31 gennaio 2013

Imbolc, Brigit e la poesia





   La luce che è nata al Solstizio d’Inverno comincia a manifestarsi all’inizio del mese di febbraio: le giornate si allungano poco alla volta e, anche se la stagione invernale continua a mantenere la sua gelida morsa, ci accorgiamo che qualcosa sta cambiando. Le genti antiche erano molto più attente di noi ai mutamenti stagionali, anche per motivi di sopravvivenza.
Questo era il periodo più difficile dell’anno poiché le riserve alimentari accumulate per l’inverno cominciavano a scarseggiare. Pertanto, i segni che annunciavano il ritorno della primavera erano accolti con uno stato d’animo che oggi, al riparo delle nostre case riscaldate e ben fornite, facciamo fatica a immaginare.
Presso i Celti l’1 febbraio era Imbolc (pronuncia Immol’c). Imbolc è una delle quattro feste celtiche, Insieme a Beltane, Lughnasadh e Samhain, dette “feste del fuoco” perché l’accensione rituale di fuochi e falò ne costituiscono una caratteristica essenziale. In questa ricorrenza il fuoco è in particolare considerato sotto il suo aspetto di luce, questo è infatti il periodo della luce crescente. Gli antichi Celti, consapevoli dei sottili mutamenti di stagione come tutte le genti del passato, celebravano in maniera adeguata questo tempo di risveglio della Natura. Non vi erano grandi celebrazioni tribali in questo buio e freddo periodo dell’anno, tuttavia le donne del villaggio si radunavano per celebrare insieme la Dea della Luce (le celebrazioni iniziavano la vigilia, perché per i Celti il giorno iniziava all’imbrunire del giorno precedente).
Nell’Europa celtica era onorata Brigit, dea del triplice fuoco; infatti era la patrona dei fabbri, dei poeti e dei guaritori. Il suo nome deriva dalla radice “breo” (fuoco): il fuoco della fucina si univa a quello dell’ispirazione artistica e dell’energia guaritrice.
Brigit, figlia del Grande Dio Dagda e controparte celtica di Athena-Minerva, è la conservatrice della tradizione, perché per gli antichi Celti la poesia era un’arte sacra che trascendeva la semplice composizione di versi e diventava magia, rito, personificazione della memoria ancestrale delle popolazioni.

(tratto da Feste pagane di Roberto Fattore)

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