domenica 18 marzo 2012

Recensione di Annamaria Perrotta alla raccolta poetica “L’alibi perfetto” di Iago


 

Ho intrapreso questo viaggio nella poesia di Iago, considerando già il titolo “L'alibi perfetto”, un ottimo spunto di riflessione e pur nel timore di remeggiare su acque non pacifiche, ho deciso di inoltrarmi tra pause, ritmi, spazi, significanti e significati, con l'animo del viaggiatore che , stanco di valigie vuote e impolverate, si avventura in un percorso emozionale.
Già all'inizio della lettura, lungi dall'essere avvolta da sensazioni morbide e carezzevoli, avverto il graffio della voce fuori dal coro, del disincanto, della sofferenza. La parola si stacca dallo spazio bianco, per affermare l'incombere del livellamento delle coscienze e  delle diversità, dell'affiorare dell'opportunismo e dell'indifferenza:
La morte del coraggio, la proliferazione del virus mediocrità
l'indifferenza dei custodi del credo,
                      danno forma al mio errare.

In un'epoca in cui conformarsi ad una linea comune sembra essere l'unica strada percorribile, non sembra avere più valore l'unicità di ogni individuo. Tale realtà partorisce uomini già vecchi, cristallizzati in maschere prive di espressione:
Invecchia la pelle appena nata
nei giorni armati dal progresso
succhia l'infante dal biberon al whisky.

Nella poesia Il viaggio si assiste al naufragio della società contemporanea in una situazione di stallo, in cui non c'è spazio per la crescita personale e collettiva. L'uomo, in solitudine, non si piega dinanzi al dilagare dell'immobilismo, ma cerca, in una sorta di straniamento, di allontanarsi da un'immagine che non corrisponde alla propria essenza.
Penso che in tale prospettiva, si possa riscontrare nei versi del poeta, un barlume di speranza, lavorando su se stessi, per affermare, con coerenza, la propria unicità, che è rifiuto di adattarsi ai nuovi miti di una società corrotta, in cui la verità viene offuscata dal conformismo,dalle futilità e dall'ipocrisia. “Progredire. Inveire. Sovvertire. Fardello crudo insinuato nell'ardua manovra.” 
L'esistenza si trasforma in una grande trasmissione in cui il privato diventa pubblico, in una perenne giostra di fatui chiacchiericci festanti, dove non c'è ascolto né condivisione e nemmeno passione.
 Il poeta utilizza la lingua come una frusta; usa le allitterazioni,gli    ossimori con grande naturalezza. Le parole sono ricercate non tanto  per creare un effetto sonoro, ma sono le braccia del poeta che, lungi dal chiudersi in un arido  esercizio linguistico, poco calato nel sociale, tipico di una certa categoria di intellettuali, si tuffa a capofitto  nella natura delle cose, per coglierne l'essenza, con precisione quasi scientifica.  

Nella poesia L'addio è struggente l'immagine del vecchio che si allontana da una quotidianità di indifferenza e solitudine, con il sorriso di chi, finalmente, può trovare altrove una dimensione di serenità appagante. Andiamo via creatura mia, via verso l'altrove, recitano i versi di Pessoa. L'altrove di cui ci parla Iago è forse la meta che cerchiamo da sempre,un  luogo in cui “il guerrier ch'entro ci rugge” trova finalmente l'approdo agognato. Là ritroviamo noi stessi, le nostre certezze,ciò che eravamo o, forse, ciò che avremmo voluto essere.
 Piove indifferenza sull'acqua salata
                         poi la calma arriva
l'ultimo viaggio si fa sorridendo.
                                                       
Annamaria Perrotta

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