L’8 marzo, Giornata internazionale della donna, si festeggia con un rametto di mimosa, secondo un’usanza nata a Roma nel 1946 e che poi si diffuse anche nel resto d’Italia: in una riunione preparatoria nella capitale venne l’idea di mettere all’occhiello un fiore che potesse caratterizzare la giornata, come il garofano rosso per il Primo maggio.
“Ci voleva dunque un fiore reperibile agli inizi di marzo” ha narrato una delle protagoniste di quella scelta, Marisa Rodano “poiché all’epoca le serre erano poche e non arrivavano fiori in aereo. A noi giovani romane vennero in mente gli alberi coperti di fiori gialli, quando ancora le piante erano spoglie, che crescevano rigogliosi in tanti giardini di Roma e dei Castelli.”
La proposta ebbe successo: la mimosa venne offerta dai bimbi alle mamme, dai fidanzati alle fidanzatine, dai mariti alle mogli, dai ministri alle impiegate. Fu una scelta felice anche emblematicamente perché la mimosa simboleggia il passaggio dalla morte a una vita nella Luce e, dunque, una rinascita, una vittoria.
Se la tradizione della mimosa è di origine italiana, la Giornata internazionale della donna è nata invece negli Stati Uniti a un raduno delle donne socialiste, il 3 maggio 1908 al Garden Theatre di Chicago, dove il partito teneva ogni domenica una conferenza. Quella volta mancò il conferenziere e le donne ne approfittarono per organizzare la prima Giornata della donna. L’iniziativa venne poi proposta a livello internazionale e si diffuse in molte nazioni, ma in date diverse. Soltanto nel 1921 le varie date furono unificate all’8 marzo dalla seconda Conferenza delle donne comuniste a Mosca in ricordo del giorno della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo, che si era svolta nel 1917.
(Alfredo Cattabiani, tratto da “Lunario”, Mondadori)
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