domenica 29 gennaio 2012

L’ebbrezza e il mascheramento

di Lucia Capo

Un singolare racconto del Romanticismo tedesco, forse ispirato da un’antica leggenda spagnola è Peter Schlemihl di Adalberto Von Chamisso, apparso nel 1814. Vi viene raccontata la storia di Peter Schlemhl e il suo patto con il diavolo, consistente nel vendere a costui la sua ombra, in cambio della borsa di Fortunatus, in cui si può attingere denaro.
Peter si accorge presto del fatto che un uomo non può vivere senza ombra, getta via la borsa fatata e comincia un viaggio di espiazione. Il discorso riguarda Nietzsche in rapporto al tema della maschera. Questo concetto riporta ad altri come quelli di finzione, illusione, verità diventata favola, che vengono adoperati in generale per definire e discutere il problema del rapporto dell’uomo con il mondo dei simboli. Nessuna comunicazione mendace è però tale che non possa essere decifrata, capita, smascherata attraverso la lettura “sintomatica” di segni e segnali non–intenzionali , che tradiscono l’intenzione segreta. La pratica analitica con la riduzione delle razionalizzazioni e l’interpretazione di sogni, lapsus, sintomi, non è altro , in fondo, che una tecnica di smascheramento.
Il mascheramento non è mai una cosa privata: ha sempre un aspetto pubblico e rituale. La vicenda di morte e resurrezione (perché di  questo si tratta) non si risolve in un’avventura individuale: ha bisogno di una sanzione sociale. Ci si maschera sempre per il gruppo, non mai per se stessi. Nel rito del mascheramento, affiora il doppio, l’ombra prediletta, l’aspetto notturno lungamente rimosso.
La dimensione della maschera si apre laddove l’individualità entra in crisi: crisi da intendere e come ricerca di sé, di qualcosa che non si ha, e come perdita, mancamento.
Lo stato di sogno è la condizione della vita in maschera, della smemoratezza di sé. L’individualità è assente, proiettata in un altrove, che è il mondo degli spettri, delle ombre e dei doppi.
Si assiste qui, come nel teatro delle ombre, allo svolgersi di vicende lievi, in cui si è coinvolti e da cui nello stesso tempo si è distanti ed estraniati.
La danza e il mascheramento sono riti del vuoto, della perdita e dell’assenza, metafore del supremo mancamento , della morte.
Raffigura qualcosa la danza? Nulla o forse tutto, o forse tutto e nulla, il divenire, lo scorrere, il tramutarsi, la fiamma.
Alla base dell’ebbrezza della danza è l’atto puro delle metamorfosi, la sua rappresentazione. Chi danza, Athikté, “ corre inseguendo fantasmi” dichiara la propria inesistenza con leggerezza inesauribile, s’inebbria dell’eccesso dei suoi mutamenti.
“Quella che era là una donna è divorata da figure innumerevoli. Una folla di spettri a circonda, da lei stessa generati fuggendoli” (P. Valery, L’Ame e la Danse, 1925).
Non si tratta che di ombre e queste non sono che immagini dell’altro-da-sé, che ciascuno reca e cela in se stesso: “Sono… io… la tua ombra!  Tu… sei colui che ho più a lungo seguito e rincorso… dovunque ti sei seduto, mi sono seduta anch’io”.
Attraverso la rappresentazione e l’intensificazione vertiginosa e parossistica, nella danza e nella maschera, il vuoto, il risucchio fondamentale, l’assenza vengono esorcizzati.
Il rito della perdita e della morte, per un misterioso capovolgimento enantiodromico (corsa all’opposto dell’Io acquisito), si rivela anche il rito della nascita, della resurrezione e della presenza.
Mascherarsi è possibile solo nei momenti di sospensioine festiva del mondo abituale: è quindi una pratica di straniamento. Nell’abituale ciascuno è quello che è, contratto nei propri confini, chiuso nelle proprie difese. Solo quando  nell’abituale si creano delle fenditure, dei solchi è possibile mascherarsi, identificarsi con l’altro a lungo segregato.



Trama:
Un giovane povero, Peter Schlemihl, giunto in una nuova città in cerca di lavoro si reca presso il signor Thomas John con una lettera di raccomandazione. Lì incontra uno strano uomo (che è in realtà il demonio) che, deciso ad acquistare la sua ombra, gli offre in cambio una borsa magica, dalla quale è possibile estrarre all'infinito monete d'oro. Egli rimane inizialmente stupito dall'offerta, ma alla proposta delle monete d'oro accetta lo scambio.
Da quel momento iniziano le sue difficoltà: le persone rimangono stupite e spaventate da quest'uomo a cui manca l'ombra, e lo rifiutano in quanto è diverso e strano.
Neanche l'oro riesce a consolare la sua solitudine e ad eliminare le difficoltà, che lo costringono a scappare dalla città in cui era giunto. Lì viene accolto come un benefattore grazie all'aiuto del suo fidato servitore Bendel, e viene ricoperto di tutti gli onori.
Egli rimarrà tuttavia deluso e infelice a causa dell'impossibilità di sposare la donna che ama, Mina, a causa della resistenza dei suoi genitori, quando scoprono che il loro promesso genero non ha un'ombra.
Peter decide allora di fuggire dal mondo civile, gettando via la borsa di denaro, causa dei suoi problemi, e donando le ricchezze rimastegli al fedele Bendel. Viene raggiunto dall'uomo con la giacca grigia, che è in realtà un demonio, che gli propone di barattare la sua ombra in cambio dell'anima; Peter tuttavia rifiuta questa proposta.


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