Giacomo e l’orsacchiotto
Giacomo
era un bambino molto viziato; nella sua camera si trovavano numerosi
giocattoli, la maggior parte costava molto, mentre alcuni provenivano da paesi
lontani, glieli portava suo padre che lavorava per un’azienda importante e, a
causa della professione, era costretto a rimanere lontano dalla famiglia per
lunghi periodi.
Il giorno
del suo undicesimo compleanno, il piccolo Giacomo ricevette in regalo un bellissimo
orsacchiotto: sulla confezione compariva il disegno di una foglia d’acero, quell’immagine
gli fece capire che il pacco aveva affrontato un lungo viaggio prima di
giungere a lui, e la nazione di provenienza poteva essere solo il Canada, dove
si trovava il padre.
All’interno
del pacchetto notò la presenza di un biglietto con scritto :
“Tanti
Auguri, Giacomo, ti voglio bene “.
E subito
dopo questa frase c’era la firma del padre rigorosamente scritta a mano, con la
penna in china nera.
“Edoardo
Sartorelli”
Si
trattava della calligrafia paterna; per motivi lavorativi, non era potuto
tornare a casa e portarglielo personalmente.
Giacomo si
sentì invaso da un’improvvisa felicità, aveva ricevuto il suo regalo. In un
primo momento ne fu entusiasta e giocava spesso con l’orsacchiotto.
Qualche
sera, la mamma gli concedeva di portarselo a dormire; nel suo immaginario
abbracciare l’animale, equivaleva ad avere il padre accanto a sé. Quando
andavano a trovarlo gli amici, fingeva che il peluche fosse esattamente come
loro e potesse tirare i calci al pallone.
Giacomo
era molto carismatico, e gli amici stavano sempre al giocoma era abbastanza inquieto
e si annoiava spesso. Trascorso un breve periodo, la sua attenzione cadde su
altri svaghi e alla fine mise l’orsacchiotto, neanche assieme agli altri
giocattoli, ma lo gettò come fosse uno straccio vecchio e inutile, in una
soffitta impolverata.
Povero,
piccolo orsacchiotto… era stato lasciato solo in quel luogo lugubre, immerso
nello sporco e preda di orribili ragni; il suo bel gilet azzurro a scacchi
aveva cambiato colore, i pantaloni grigi si erano strappati, infine la cravatta
poteva essere solo un lontano ricordo dei meravigliosi tempi, di quando era il
balocco preferito da Giacomo e il protagonista nei giochi, con gli altri
bambini.
Si sentiva
affranto, tradito dal viziato padroncino, aspettava solo la sua fine, ormai era
la preda golosa degli insetti e dei topi.
“La vita
insegna a non perdere mai la speranza, quando sembra tutto perduto, capita un evento
piacevole e inaspettato”.
Un giorno,
quando era al colmo della sofferenza, il peluche sentì alcuni passi a lui
conosciuti, uniti a una bella voce femminile, si trattava di una signora… il
cuore del orsacchiotto sobbalzò! Poteva essere la mamma di Giacomo.
“Per quale
motivo era salita in soffitta?”
La donna
si avvicinò a lui, lo riconobbe subito, intenerita lo prese fra le braccia,
portandolo via con sé; con pazienza e amore, lo fece lavare usando un sapone
profumato alla rosa, gli cambiò il vestito, mettendo una cravatta di un bel
rosso acceso. L’orsacchiotto era molto felice, si sentì rinato. La mamma di
Giacomo non raccontò nulla al figlio, ne parlò solo al telefono con il marito.
Il bimbo ascoltò la conversazione e interpretò che, se non avesse trattato bene
il peluche, suo padre sarebbe rimasto per sempre a vivere in Canada e non l’avrebbe
visto mai più.
A quel
punto corse trafelato in soffitta, cercò disperatamente il giocattolo, non
trovandolo, si mise a piangere. Le grida strazianti furono sentite dalla mamma,
intuendo a chi potessero appartenere, la donna salì le scale e raggiunse subito
il bambino: quando vide Giacomo con gli occhi rossi come un coniglio, capì
immediatamente la situazione. Il bimbo fra le lacrime confessò tutto alla
mamma, affermando di essersi pentito, ma non trovava più l’orsacchiotto.
“Come si
comportò la mamma di Giacomo?”
Per un
attimo tenne il segreto, voleva che il figlio imparasse la lezione e che
trattasse bene i giocattoli, era stato troppo viziato, ma a suo avviso, da
quell’esperienza avrebbe finalmente imparato a comportarsi in maniera diversa.
Dopo aver
versato tutte le sue lacrime, Giacomo se ne tornò disperato nella sua camera.
La mamma
lo raggiunse, se lo strinse, baciandolo con tenerezza, infine… prese dal
nascondiglio l’orsacchiotto, confessando al figlio che il padre sarebbe tornato
dal lavoro il giorno seguente e che l’aveva perdonato, per il brutto gesto
commesso. A quel punto il bimbo mostrò alla madre un sorriso radioso, si lanciò
verso di lei, cercando di stringerla con tutta l’energia del suo corpo, e le
giurò che avrebbe cambiato il comportamento a cominciare da quella stessa sera.
“Secondo
voi, il piccolo Giacomo mantenne la promessa fatta alla mamma?”
Il bimbo
imparò la lezione. Quando si diplomò, seguì le orme del padre e andò a studiare
all’estero, portando con sé l’amato orsacchiotto.
Giacomo si
laureò con il massimo dei voti, diventando il miglior zoologo italiano in
Canada, e studiò gli orsi per il resto della vita.
Elisabetta Mattioli ci
dona una nuova, bella favola moderna immersa nella contemporaneità, a
dimostrazione che i sentimenti, i valori, le pulsioni che ci guidano, non
cambiano nel tempo, ciò che cambia è solo la superficie delle cose.
Il protagonista principale, che fa da filo conduttore
della storia, è un orsacchiotto di peluche tutt’altro che inanimato, inerte.
Elisabetta
Mattioli è scrittrice che possiede un tocco particolare, una
scrittura d’ampio respiro che mostra al lettore l’essenzialità della vita, i
guizzi al cuore e le lezioni (piccole e grandi) suggerite dalla saggezza dell’esperienza.
Ogni suo racconto è tesoro preziosoda leggere e condividere.
Della stessa autrice: Il Re Gelo
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