L'isola dei conigli
E i
conigli guardavano,
guardavano
braccia,
che si
protendevano dall'acqua all'aria.
Ah...
quant'aria,
agognata e
nuova respirare potrei,
basterebbe
che quest'acqua,
non mi
tirasse giù indifferente.
L'indifferenza
ancor m'uccide
mentre i
conigli continuano a guardare.
3
ottobre 2013: naufragio nei pressi dell’Isola dei Conigli, piccolo isolotto prospiciente Lampedusa. Uno dei tanti, ma
stavolta i morti e i dispersi (altrettanti morti che non avranno nemmeno
l’estrema pietà della sepoltura) sono diverse centinaia.
Le parole di Giuseppe Milite sono dure, sono
accuse precise e acuminate che semplificano il più possibile – per renderlo
maggiormente efficace – il linguaggio, le parole usate. Una sola
contrapposizione: l’aria che è vita, l’acqua che è morte. Lo è per
l’indifferenza dei “conigli” (ovviamente il riferimento non è agli abitanti e
ai turisti dell’isola, sempre più provati e, di fatto, lasciati soli a
fronteggiare un’emergenza troppo grande), efficacissima metafora per indicare
chi si limita a guardare con occhi grandi e fin troppo (solo) “parlanti”.
I versi di Giuseppe Milite pongono l’accento
su quello che è davvero il problema di fondo (tutte le altre considerazioni
vengono dopo): l’indifferenza. Passerà anche il clamore di questa tragedia più
grande delle altre, ma il problema resterà tale “grazie” all’indifferenza. La
voce del poeta cerca di sollevare le coscienze fin dal primo verso, già
chiarificatore di tutto il componimento: quel “E i conigli guardavano” denuncia
immediatamente la cronicità di una situazione pericolosamente accettata come
inevitabile dato di fatto da sempre più persone, da sempre più “conigli”.
componimento veramente stupendo e toccante nella sua tragicità.
RispondiEliminacomplimenti!
(giovanni montini)
Grazie Sig. Montini. É semplicemente la trasposizione in versi del mio stato d'animo di quel giorno.
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