venerdì 7 giugno 2013

Pubblichiamo volentieri una recensione di Iole Chiagano al libro Memorie di Michele Di Lieto


Michele Di Lieto, nato nel 1940 a Minori, sulla costa amalfitana, vive e lavora ad Agropoli, sulla costa cilentana. Entrato giovane in magistratura, è stato S. Procuratore della Repubblica e Giudice del Tribunale a Potenza, Pretore ad Agropoli, Pretore ad Amalfi, Consigliere di appello a Salerno. Da quando (1999) si é dimesso da magistrato si è dedicato alla narrativa. Ha pubblicato: Il Pretore soppresso (Guida, Napoli 2001), Il sigillo violato (Guida, Napoli 2005), Tsunami (Guida, Napoli 2007), Gioco di opposti (Demian, Teramo 2011). Di Michele Di Lieto la nostra Casa Editrice ha pubblicato Memorie (2013), con prefazione di Vitaliano Esposito. Pubblichiamo volentieri una recensione di Iole Chiagano.

Memorie (Frammenti di vita), L’Argolibro editore: è l’ultimo libro di Michele Di Lieto, il magistrato-scrittore che, da quando è andato in pensione, si è votato alla narrativa. Con una produzione che abbraccia ormai cinque titoli, a partire da Il Pretore soppresso (2001) per finire a queste Memorie che sembrano concludere un ciclo. Si tratta, infatti, di libri tutti a sfondo autobiografico: il cui dato comune è, appunto, l’autobiografia, il racconto di sé. Solo che questo raccontarsi, prima timido o appena accennato, si fa sempre più chiaro e scoperto, fino a culminare in queste Memorie in un discorso pacato, sereno, di una dolcezza insolita, come può essere quella di uno scrittore maturo e sicuro di sé. Nell’ultimo capitolo di queste Memorie, l’Autore stesso cerca di indicare le differenze coi libri di prima, privilegiando quelle di carattere formale: differenze che non sono casuali, ma dipendono essenzialmente dal percorso evolutivo dell’uomo-scrittore quale emerge in modo chiaro dalla lettura, o dalla ri-lettura critica dei suoi testi. Ho detto uomo-scrittore, perché in questo percorso sembra avere avuto una parte decisiva la vicenda esistenziale dell’Autore, sposato a settant’anni (o quasi) con una donna, Rosy, che percorre queste Memorie dall’inizio alla fine. E’ questa vicenda, che l’Autore chiama affettuosamente la sua ‘peripezia’ (nel senso etimologico del termine: evento imprevisto), che sembra avere influenzato anche il percorso narrativo. Come appare chiaro da una ri-lettura in chiave critica, che tenterò di fare, sia pure in modo sintetico, dei vari libri.
Nel primo lavoro, ”Il pretore soppresso” del 2001, l’Autore indaga in forma autobiografica la propria personalità umana e professionale, cercando di fare un bilancio della sua vita. La vita di un single, con le sue ansie e le sue manie, che muore (pensa di morire) suicida. In questo libro, che pure evidenzia uno stile personale apprezzabile, emergono tutte le difficoltà di un adepto preoccupato di essere chiaro e sincero, credibile sia dal punto di vista formale che concettuale. Non è che l’Autore non ci riesca: ma  spesso trapelano le incertezze e le ingenuità tipiche di chi  per la prima volta racconta di sé: incertezze  e ingenuità tanto più evidenti se si confronta la prima opera con quelle successive, soprattutto se si intenda, come qui si intende, ordinare, attraverso elementi non solo formali, i cambiamenti e le costanti  che accompagnano l’autore nel percorso narrativo.
“Il sigillo violato”, romanzo del 2005, rappresenta un primo tentativo di allontanamento da sé. L’elemento autobiografico è ancora presente: il protagonista è un prete spretato, un single sui generis, che muore (pensa di morire) solo nel suo letto; ma l’autore sta dietro, oltre che al protagonista, ad altre figure del libro. Cimentandosi in un vero e proprio  genere letterario, l’Autore si misura con la scelta di un linguaggio più oggettivo che definisce il suo stile originario in modo più significativo e che coincide con la necessità. di parlare di altri senza ancora dimenticare se stesso.
“Tsunami”, romanzo del 2007, dà la misura del voler fare di più. E’ la storia, Tsunami, di uno scrittore di successo e, insieme, la storia di un cancro (tsunami) che rovina la felicità di una coppia. Anche qui l’elemento autobiografico appare evidente. Prima nel protagonista, uomo di sinistra: tanto di sinistra che parteggia in cuor suo per le Brigate Rosse. Poi nella malattia che, si tocca con mano, ha toccato qualcuno vicino all’Autore (la donna che amava? o il fratello morto, appunto di cancro, nel 2006?).  Ma l’intreccio tra quella che l’Autore chiama la storia con la s minuscola con la Storia con la S maiuscola appesantisce la trama; e la storia, quella narrata, non va al di là di un esercizio teso a individuare una strada più personale e più aderente  ai canoni della ricerca.
.“Gioco di opposti”, romanzo del 2011, segna invece un momento di svolta. E’ una storia, Gioco di opposti, anzi una doppia storia: l’una fatta di sesso, donne, baciata dalla fortuna; l’altra misera e grama, costellata di malattie. Salvo a scoprire nell’ultima pagina che il protagonista dell’una è l’alter ego dell’altro. Anche qui sono presenti elementi autobiografici, nel protagonista e nel co-protagonista. Ma quest’opera rappresenta il momento in cui l’Autore esce da sé confrontando i due mondi che lo hanno sempre coinvolto in modo contraddittorio e drammatico; e la duplicità del personaggio va a declinarsi, come pure è stato detto “come l’aspirazione massima a vivere una vita unica che sia la somma del positivo e del negativo, che sia aspirazione e realtà, che sia sogno e fantasia, una vita doppia e unica” (Anna Maria Armenante).  E’ importante ricordare che tra Tsunami e Gioco di opposti, tra il 2007 e il 2011, è intervenuta la vicenda esistenziale della quale sopra ho parlato: un matrimonio che, secondo l’Autore, gli ha cambiato la vita; un evento, aggiungo io, che ha influito anche sulla sua crescita letteraria. Ritengo, infatti, che  “il gioco degli opposti” rappresenti il momento in cui l’Autore ha trovato una strada tutta sua in cui incamminarsi in modo originale, finalmente libero da pesi e condizionamenti che si portava dentro da  tempo.
E veniamo a queste  “Memorie”, illuminate da questa “novità”, da questo evento che ha cambiato la vita dell’Autore, e sono la testimonianza e la presa di coscienza di una “vita nova” che si riflette in un nuovo modo di affrontare la vita e la scrittura. Non a caso, nei trenta capitoli in cui è suddiviso il libro, l’Autore parla (o mette sullo sfondo) questa “peripezia”che attraversa la sua vita. In questo libro le sequenze narrative predominano sul racconto dandogli un taglio rapido e stringato, alternato, saggiamente, da sequenze descrittive e riflessive che mostrano una decisa maturità letteraria. Ciò accade in modo più armonioso rispetto alle opere precedenti.  Sebbene qui ci troviamo di fronte a  “frammenti di vita”, come sottotitola l’Autore, in realtà il libro rappresenta l’approdo definitivo di quella ricerca di sé che egli aveva intrapreso fin da Il Pretore soppresso. Qui tutto è più  chiaro perché l’Autore racconta con ampio respiro e linguaggio sempre pregnante tutto ciò che egli sente: non gli costa fatica scoprirsi un uomo nuovo, ne fa anzi motivo di orgoglio. Quest’atteggiamento lo rende più disponibile e tollerante e insieme più lucido e maturo: la sua visione di sé e della vita è aperta e ricca di speranze, non lo impensieriscono le ombre e le incertezze di una volta, non ha bisogno di difendersi o di tacere, va avanti con coraggio e, direi, col piacere di rivelarsi. Nulla o quasi è cambiato nel suo stile se non per una certa morbidezza della lingua e della sintassi; anche se il ritmo, più lento e armonioso, rispecchia una nuova visione rispetto ai ricordi, ai personaggi, ai sentimenti e ai valori descritti.
E torniamo all’ultimo capitolo dell’opera che avevo citato all’inizio. In questo “post scriptum” l’Autore stesso tenta un’analisi conclusiva della sua opera e confessa il suo timore per l’idea che il lettore si farà delle sue ansie e delle sue manie. Bene, io penso che Michele Di Lieto si sia  liberato delle sue ansie e delle sue manie nella misura in cui le ha riconosciute ed ammesse: sicché le “Memorie” rappresentano la conclusione di un percorso di ricerca e, insieme l’inizio di una “nuova” fase letteraria in cui le scoperte acquisite diventeranno l’habitus del futuro scrittore.
(Iole Chiagano)

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