La generazione di mio padre non era di quelle abituate a discutere e analizzare ogni cosa come lo è invece la nostra, e credo che il fatto di raccontare e riraccontare quella medesima storia rappresentasse il livello più prossimo ad una riflessione critica sulla sua professione, che mio padre sia mai stato in grado di raggiungere. In quanto tale, essa offre una fondamentale chiave interpretativa del suo modo di pensare.
Si trattava a quanto pare di una storia vera occorsa a un certo maggiordomo che si era recato in India al seguito del suo padrone che aveva continuato a servire laggiù per molti anni, mantenendo anche tra il personale indigeno lo stesso alto livello professionale che otteneva in Inghilterra. Un pomeriggio, a quanto pare, il maggiordomo era entrato in sala da pranzo ad accertarsi che ogni cosa fosse in ordine per la cena, e lì si era accorto di una tigre che se ne stava sdraiata sotto il tavolo. Il maggiordomo allora aveva lasciato la sala da pranzo senza far rumore, avendo cura di chiudere le porte alle spalle, e si era diretto senza alcuna fretta verso il salotto nel quale il suo padrone stava prendendo il tè in compagnia di alcuni ospiti. Una volta lì ne aveva attratto l’attenzione con un educato colpetto di tosse, poi gli aveva sussurrato in un orecchio: - Sono molto spiacente di disturbarla, signore, ma sembra vi sia una tigre in sala da pranzo. Il signore permette che venga usata la calibro dodici?
Secondo la leggenda, alcuni minuti più tardi il padrone di casa e i suoi ospiti avevano udito tre colpi di fucile, e quando, qualche tempo dopo, il maggiordomo era comparso di nuovo per aggiungere l’acqua nelle teiere, il padrone gli aveva chiesto se fosse tutto a posto.
- Perfettamente, signore, grazie, – era stata la risposta. – La cena verrà servita come di consueto, e sono lieto ricomunicarle che per quell’ora non vi sarà più nessuna traccia visibile del recente accaduto.
Ed era quest’ultima frase “nessuna traccia visibile del recente accaduto” che mio padre ripeteva con una risata, scuotendo la testa con ammirazione. Egli affermava di non sapere quale fosse il nome di quel maggiordomo, né di conoscere qualcuno che lo avesse conosciuto, ma sempre insisteva nel dire che l’episodio si era svolto proprio come lui lo aveva raccontato. Ad ogni modo, che la storia fosse vera o meno ha poca importanza: ciò che conta è, naturalmente, quanto l’episodio rivela degli ideali di mio padre. Perché quando ripenso alla sua carriera, capisco, con il senno di poi, che egli debba aver lottato per lunghi anni nel tentativo di diventare, in qualche modo, il maggiordomo del suo racconto.
(tratto da “Quel che resta del giorno” di Kazuo Ishiguro)
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