Cosenza, l’orante, come settecentesca nobildonna adagiata, stringe tra le mani i grani del rosario: le acque dei due fiumi scorrono, così, tra le sue dita. E Cosenza pare sussurrare parole di preghiera, di canto o d’ode a Dio.
Intorno, tra lo scrosciare delle acque, per i vicoli, in alto, sembra farsi avanti lo scalpiccio di quegli uomini alla soma delle portantine. Volti minuti di donne, cesellati da esperte incantatrici. fanno capolino tra copricapo ricamati e le tavole dipinte di verde, di blu, d’ocra e ballonzolano discendendo dai nobili palazzi. Ai balconi altre donne, alzando al cielo le immacolate manine (come fossero colombe), con le loro gonne ampissime si affacciano alle ringhiere che si fanno bombate per accogliere le corolle delle vesti ronzanti.
Limpida l’aria di dicembre, fresca e di cristallo, senza aliti di vento, brilla tra le finestre sdentate e i ciottoli bui delle stradine.
E ogni anfratto scaccia con gesto risoluto l’oscurità e cattura raggi di sole, forse sfuggiti al cesto della primavera.
E in basso, non sentite anche voi gli spettrali richiami dei venditori?
Sono fatti d’eco, è vero!
Risuonano come palpiti in un petto colmo di sospiri.
Sembrano spandersi d’improvviso le parole di Telesio, che qui nacque, e si ode d’un tratto: in natura si muove tutto ciò che è caldo!
E Cosenza s’aggiusta sul capo la corona - è il Castello Svevo - come fosse una Madonna, la sistema nella luce dorata della sua stessa aureola, tra il raggiare di un sole affrescato e ai suoi piedi brulica il nuovo secolo: noi, anime in moto, olezzanti di vita e di nuovi belletti… noi, ad ammirarla, mentre essa porta la mano sul cuore suo (è il Duomo) e la campana pulsa a richiamare i devoti alla fede divina e ogni pellegrino alla dolcezza del Figlio della Madonna del Pilerio.
Nella città nuova, ogni gesto è raffinato: bella è la folla festante nei giorni che s’apprestano al Natale. Giovani donne passeggiano a due a due e sorridono, avanzando nelle prime luci dei lampioni pomeridiani. Gli uomini eleganti si salutano incrociandosi e bambini corrono per il Corso Mazzini con piccolissime biciclette o sono sospinti deliziosamente dalle mamme e dai papà nelle loro carrozzine.
Colonne di palloncini e odore di caldarroste, le luci di festa colano sulla strada tra le belle statue del Museo all’aperto Bilotti nelle ombre della sera e gruppi di manifestanti che raccolgono firme si affiancano al gazebo che ospita un magico concerto per archi.
Le donne in pelliccia, nei loro profumi griffati, distinte dal raffinato trucco, simili alle più fini bambole di porcellana, s’insinuano sui bordi della Villa Nuova, affollando i mercatini di Natale e stringendo tra le mani gli scintillii per addobbare l’albero o il presepio e liete esibiscono i loro bottini rilucenti per le vie del centro.
Lucciole paiono le piccole stelle che risplenderanno nelle loro case agghindate per l’attesa della nascita del Bambinello.
E più giù, tra i palazzi, c’incanta un’immensa luna bianca che fa mistero di sé tra nubi vaporose.
È questa, Cosenza ed ha mille volti ancora; è vibrante d’arte, trabocca di suoni ed esclamazioni: è teatro, è musica, è canto, è danza. Ha ali di libellula, Cosenza ed è avvolta dai monti suoi come scrigno prezioso ed è lei, - non lo cercate altrove - perché è proprio lei, il tesoro del re Alarico dei Balti.
Milena Esposito
bellissima descrizione, viene voglia di visitare la città per vedere ciò che è scritto
RispondiEliminaM. Grazia Lupetti