1914
L’autunnale
visione
rosso scuro
ricopre
giardini
viennesi
di fine
impero
notturne
gitane
sfilano nel
fumo
di balli
parigini
in punta di
fiamme
incendiarie
di mondi antichi
ed il tuo
viso
fissato in
una foto
dà colore
alla pioggia
dove oscena
orgia di
piombo
scortica la
terra
dentro
confini
di fossati
aridi
dove il cielo
ha il colore
del fango
occhi perduti
nell’immagine
ferma
di un tempo
andato
smuovono
pensieri
allontanando
la morte
cavaliere di
insulse
bandiere
ancora un
po’, prima
della folle
corsa
verso il
nulla.
Per contattare l’autore: barigazzi.enrico@virgilio.it
La Grande Guerra è stata, nell’immaginario
collettivo, molto più di una devastazione materiale: ha segnato la fine di un “modo”
di intendere la vita, pacifico e aperto all’opulenza. Un processo di odio
innescato su scala planetaria, invece, toglie inevitabilmente sicurezze,
certezze che si stavano consolidando.
Enrico Barigazzi riassume tutto questo in pochi
tratti, in poche “pennellate” dai colori vividi: non manca il ricordo dei
giardini, dei balli, di una certa leggerezza, ma ormai tutto viene cancellato
dalla devastazione.
Nella poesia di Enrico Barigazzi il protagonista sembra essere un soldato, uno
qualsiasi dei milioni mandati a morire per superiore (?) volontà. Ma anche la
poesia, anche questa poesia, pian piano ci aiuta a comprendere che non c’è
nulla di superiore, negli interessi politici ed economici. La vita ha il
diritto – di più, il dovere – di ribellarsi a tali interessi.
Dello stesso autore: Non
dimenticare il vecchio Buk
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