« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio,
data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della
Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le
leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che
hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche
in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a
rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere. »
In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere. »
BAD AROLSEN - "Frank, Annelies Marie Sara. Nata il 12 giugno 1929 a Francoforte. Residente ad Amsterdam, in Piazza Mervede 37, II piano. Nubile. Genitori: Frank, Otto Heinrich Isra, 12.5.1889. Hollaender, Edith Sara, 16.1.1900. Sorella: Frank, Margot Betti Sara, 16.2.1926". Due segni di morte, incisi a penna in cima e in fondo al foglio, stilizzati come croci uncinate, bollano in maniera inequivocabile la provenienza del documento. Così, infatti, le SS erano solite marcare le schede dei prigionieri defunti.
Precisione ad efficienza. È grazie alla disciplina inflessibile di tanti scrivani del Terzo Reich che i frammenti che continuano a uscire dal grande archivio sui crimini nazisti di Bad Arolsen, nel centro della Germania, aperto dopo sessant'anni ai ricercatori, contribuiscono ad arricchire l'immagine di quel periodo storico. Come i due documenti presenti qui su Anna Frank, una deportata fino ad allora come tutti gli altri.
Sul primo, in alto a destra, compare una cifra e una data: il numero del dossier "127.266", e "8 agosto 1944". Sono passati dunque appena sette giorni da quando Anna ha scritto, senza saperlo, l'ultima lettera del suo "Diario", che termina incompiuto il 1 agosto 1944. E questa carta è la scheda personale che i nazisti avevano compilato, in Olanda, subito dopo la sua cattura.
Fino a quel momento la famiglia Frank era rimasta nascosta ad Amsterdam, insieme ad altri quattro ebrei, nel famoso "Alloggio segreto", sito al numero 263 della Prinsengracht, dove gli otto rifugiati riuscirono a strappare due anni di vita ai militari tedeschi che ignoravano la loro esistenza. Il 4 agosto però, dietro una "soffiata", il caporeparto austriaco delle SS, Karl Josef Silberbauer (poi scovato dal cacciatore dei nazisti Simon Wiesenthal), accompagnato da alcuni agenti olandesi della Gruene Polizei, faceva irruzione nell'ufficio di Otto Frank riadattato a rifugio. Celata da uno scaffale girevole, si apriva una porta segreta, con la lunga scala ripidissima - "la tipica rompigambe olandese", come aveva scritto Anna negli appunti tenuti in quel periodo - che dava accesso all'appartamento dove le famiglie avevano trovato riparo senza però più uscire di casa.
La scheda, redatta a macchina in lingua olandese, segna l'immediato internamento della giovane a Westerbork, il campo di raccolta destinato a radunare tutti gli ebrei dei Paesi Bassi, in attesa del trasferimento nei campi di sterminio in Polonia. Fra l'estate del 1942 e l'autunno del 1944, come ricorda lo studioso della Shoah, Frediano Sessi, nell'appendice al Diario pubblicata in Italia da Einaudi, partiranno 85 convogli, dei quali 19 diretti a Sobibor, e 66 verso Auschwitz.
"A Westerbork - dirà una sua compagna di prigionia, Lenie de Jong - Van Naarden, citata nel libro di W. Lindwer Gli ultimi mesi di Anna Frank (Newton Compton) - conoscemmo ben presto un gran numero di persone. Parlai con le ragazze Frank: Anne soprattutto era carina. Ti si spezzava il cuore, perché erano ancora così giovani e non si poteva fare niente per tenerle fuori da tutto ciò. Quelle ragazze si aspettavano ancora tanto dalla vita". "Otto Frank venne da me - racconta un'altra testimone, Rachel Van Amerongen-Frankfoorder - e chiese se Anne non potesse aiutarmi, il servizio interno era molto ambito. Anna era molto gentile e disse: "So fare tutto, sono pratica di tutto". Era davvero molto cara, un po' più grande di quanto appaia sulle fotografie che conosciamo di lei, allegra e di buon umore. Credo che lei, dopo un paio di giorni, sia capitata con la sorella e la madre nel reparto batterie".
Il documento su Anna Frank compilato a Westerbork era perfetto nella sua essenzialità e accuratezza. Una scheda che, oltre a tenere tutti i dati fondamentali dell'internata, verrà aggiornata di continuo. Quel Lager verrà non a caso ricordato da molti come un esempio di brutalità e ottusità del regime nazista. "Di tanto in tanto - rammenta un altro compagno di sventura, Janny Brandes-Brilleslijper - scambiavamo due parole: per esempio quando spaccavamo batterie. Era un lavoro molto sporco, del quale nessuno capiva il senso. Dovevamo spaccare le batterie con uno scalpello e un martello e poi gettare il catrame in una cesta e la barretta di carbone che tiravi fuori nell'altra cesta. Oltre al fatto che questo lavoro ti faceva diventare terribilmente sporco, a tutti veniva la tosse perché si sprigionava una certa sostanza tossica. Il lato piacevole del lavoro con le batterie era che potevi parlare con gli altri. Le ragazze Frank spaccavano batterie sedute intorno ai lunghi tavoli. Si parlava, si rideva, il dolore lo tenevi dentro di te".
Non sappiamo se in quei pochi momenti di libertà che la ragazza trascorse in famiglia, e forse anche con Peter Schiff, il ragazzo di cui era innamorata del quale recentissimamente è emersa la foto, riuscì ancora a scrivere qualcosa per il suo diario. Gli storici propendono per il no. I nazisti riservavano pene durissime a chi cercava di tenere appunti.
Nella scheda personale su Anna si nota infatti una scritta più grande, aggiunta a mano, per traverso: "3-9-44". E' la data dopo nemmeno un mese del suo successivo trasferimento, e quello della sua famiglia, ad Auschwitz, dove i Frank arrivarono assieme agli altri nella notte compresa fra il 5 e il 6 settembre. La selezione fu fatta subito, una volta fatti scendere dai binari, e uno degli otto rifugiati dell'Alloggio segreto, il signor Van Pels, fu immediatamente inviato alla camera a gas.
Il secondo riferimento ad Anna Frank presente nell'archivio tedesco esce invece da un corposo libro con la copertina nera contenente l'elenco di migliaia di ebrei, in transito da Westerbork verso Auschwitz. "Lista 40", dice l'intestazione in alto a sinistra. "Frank Annelise M.", si legge a metà della pagina. Ci sono i dati di nascita, l'indirizzo e la medesima data di trasferimento segnata sulla scheda personale: 3 settembre 1944.
Quindici righe più sotto compare anche il nome della madre: Frank - Hollaender Edith. Sono passati qui solo 33 giorni da quando la quindicenne Anna aveva redatto quel capolavoro di profondità e delicatezza che è la pagina finale del suo diario: "Ho molta paura che tutti quelli che mi conoscono così come sono sempre scoprano che ho anche un altro lato più bello e più buono. Temo che mi prendano in giro, mi trovino ridicola, sentimentale e non mi prendano sul serio. Sono abituata a non essere presa sul serio, ma solo la Anne "superficiale" ci è abituata e lo può sopportare, la Anne più "profonda" invece è troppo debole (...) Oh, vorrei tanto ascoltarli, ma non riesco, se sono silenziosa e seria tutti pensano che sia uno scherzo e devo salvarmi con una battuta di spirito, per poi non parlare dei miei familiari che pensano che io stia male, mi fanno inghiottire pastiglie per il mal di testa e calmanti, mi toccano il collo e la fronte per sentire se non ho la febbre, s'informano se sono andata di corpo e criticano il mio cattivo umore. Non sopporto, quando si occupano tanto di me, allora sì che divento prima sfacciata, poi triste e alla fine torno a rovesciare il cuore, giro in fuori la parte brutta e in dentro la buona e cerco un modo per diventare come vorrei tanto essere e come potrei essere se. nel mondo non ci fosse nessun altro".
Sono le sue ultime righe. Le due schede, con l'arresto e la deportazione, segnano l'inizio della fine di Anna. Alla fine di ottobre la ragazza prende la scabbia. Poco tempo dopo cade ammalata pure la sorella Margot. Sono in molti a notare l'aspetto pessimo delle due giovani Frank, che hanno macchie e vesciche sulla pelle, dove mettevano solo un po' di pomata. La loro salute peggiora, e vengono trasferite al Kratzeblock, il blocco riservato agli scabbiosi. Sono separate dalla madre che, sola, morirà poco dopo, all'inizio di gennaio. Il 28 ottobre 1944 salgono su un vagone alla volta di Bergen-Belsen.
Nel nuovo Lager finiscono per essere ospitate in uno dei luoghi peggiori, le baracche destinate a raccogliere gli ultimi arrivi, per lo più donne giunte in uno stato di denutrizione e di spossatezza, dopo un viaggio durato giorni, stipate dentro vagoni bestiame zeppi di gente malata e dolente. In pieno inverno un'epidemia di tifo petecchiale colpisce i deportati. Senza cibo, senza medicine, deboli e affaticate, le due ragazze Frank vengono contagiate.
"Erano magrissime - ricorda ancora la sua compagna di prigionia Rachel - avevano un aspetto tremendo. Bisticciavano a causa della loro malattia. Avevano i posti peggiori della baracca, giù vicino alla porta". Anna, rammenta poi Janny, "stava davanti a me avvolta in una coperta e non aveva più lacrime. Raccontò che le bestioline nei vestiti la facevano rabbrividire e che per questo aveva gettato via tutti i suoi abiti. Radunai tutto quello che potevo per darlo a lei, affinché fosse di nuovo vestita. E da mangiare neanche noi avevamo molto. Ma ho cercato di dare qualcosa della nostra razione di pane".
I primi giorni di marzo del 1945 (la data è incerta), Janny va a controllare le ragazze. Margot è caduta dal letto sul pavimento di pietre, ormai senza vita. Anna muore il giorno dopo. La prima scheda compilata dalle SS porta infatti in fondo, accanto al segno che decreta il decesso del prigioniero, un ultimo appunto aggiunto a mano. Si legge: "Deceduta a B. B., '45", cioè a Bergen Belsen.
Un unico documento contiene dunque tutta la tragedia di Anna Frank: il momento dell'arresto in Olanda, la schedatura assieme alla famiglia, la deportazione ad Auschwitz in Polonia, la morte in Germania nel campo di sterminio di Bergen Belsen. Solo molti anni più tardi la ragazza diverrà, del milione e mezzo di bambini morti nella Seconda guerra mondiale, il simbolo di tutti gli ebrei vittime del razzismo antisemita nazista.
Il padre Otto fu l'unico dei rifugiati dell'Alloggio segreto a sopravvivere. Dedicherà il resto della sua vita alla diffusione del Diario, e alla vicenda di Anna, di cui queste carte continuano ancora oggi a ricordarne la storia.
Fonte: http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/esteri/anna-frank/anna-frank/anna-frank.html
(12 maggio 2008)
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