sabato 15 settembre 2012

Sulla silloge «Il Mare dell’Anima» di Ermanno Crescenzi





Non senza trepidazione ho atteso la stesura del nuovo lavoro dell’amico-poeta Ermanno. Dopo le emozioni vissute in «La rosa dell’usignolo» mi sono così visto rinverdire, ne «Il Mare dell’Anima», tutte quelle profonde sensazioni che inaspettatamente i suoi versi mi hanno profuso. Inaspettatamente, ben inteso, solo perché non ero a conoscenza della sua vena poetica, anche se la sua personalità e sensibilità mi avrebbero dovuto mettere in guardia.
Pregno della denuncia, quanto mai penetrante, della condizione di “Miseria umana” della quale ci sollazziamo, attraverso un richiuderci costante nel nostro egoismo (vedi “I vinti”, Reclusione”, “Buio” etc..), una cosa che mi colpisce nella nuova opera è il rapporto incostante che l’autore intrattiene con il sentimento umano per eccellenza: l’amore. Un amore squallido quando esce sconfitto, pur nella passione, da una “superba vanità” o scorre lento inesorabilmente “ in direzioni diverse”, o quando, stanco, si trascina tristemente verso la fine. Un desiderio d’amore che, pur nelle profonde tenebre, sia capace di risvegliare membra ormai stanche. Un amore che in “Attesa “, e “Noi”, per citare alcuni esempi, esplode in miriadi di luci che vincono il rabbuiarsi della sera. Un amore sempre visto, comunque, come spiraglio unico, insieme alla poesia, verso un’esistenza donataci e quindi meritevole di essere vissuta.
Nella parte della silloge “Affetti”, poi, sono rimasto letteralmente esterrefatto. Durante la lettura, chiudendo gli occhi per un attimo, ho creduto di essere stato proprio io a comporre quei versi (magari ne fossi capace!!!). Vivo, infatti, una quasi analoga situazione.
Struggente è la descrizione della madre che, nella sua sola presenza quotidiana, dà ancora slancio alla nostra esistenza.
La figura netta ed inequivocabile di una sorella che passa oltre le sofferenze e cattiverie della vita, esaltando e onorando quello che è il  più  sincero e disinteressato dei sentimenti: l’amore fraterno.
C’è poi il padre che, benché fisicamente strappatoci prima dal rapporto apparentemente chiuso, caratteristico della nostra epoca, poi prematuramente dall’inesorabile malattia, ha comunque lasciato una traccia indelebile nella nostra formazione caratteriale attraverso il solo esemplare comportamento. Quanto mai veritiero e sincero il nostro “orgoglio di essere un figlio del popolo”!!!
Ed ora per concludere, senza voler cadere nella retorica e nella banalità, vorrei sinceramente ringraziarti, caro Ermanno, per avermi coinvolto, in qualche modo, in questo tuo percorso artistico perché sei riuscito a tirarmi fuori quelle emozioni che credevo ormai sopite.

Terni, 8 settembre 2012
Demetrio Cardinali

Per vedere le foto della presentazione clicca qui
Per info sulla pubblicazione clicca qui

Nessun commento:

Posta un commento