«Dè impresté, o nùval o bagné», «Giorni
prestati o nuvolosi o bagnati» sostiene un proverbio romagnolo. I giorni
prestati sono gli ultimi tre di marzo con i primi tre di aprile: giorni
difficili a causa di una vendetta. Si favoleggia che un pastore, vedendo che la
primavera era sbocciata in tutto il suo rigoglio alla fine di marzo, fece
uscire i capretti portandoli ai pascoli. Il capriccioso e bizzarro Marzo non
apprezzò quella decisione considerandola come una sfida e un’offesa, e decise
di vendicarsi. Ma si era proprio agli ultimi giorni del mese: chiese allora tre
giorni in prestito ad Aprile e per sei sconvolse la terra con neve, vento,
pioggia e grandine. Nel mondo era sceso un freddo polare.
Il pastore non rimase certo con
le mani in mano: al primo cenno di burrasca radunò in stalla il gregge; poi,
acceso un gran fuoco nel forno, ve lo rinchiuse perché si scaldasse. Qualche
ora dopo Marzo bussò alla sua casa e, quando fu entrato, domandò: «Come se la
passano le tue caprette sui pascoli con questa stagionaccia che è più brutta di
tutto l’inverno passato?»
«Come se la passano?» rispose il
pastore. «Magnificamente come se ci trovassimo nella canicola.» E spalancò
trionfante la portella del forno. Ma lo spettacolo lo terrorizzò, mentre Marzo
rideva sotto i baffi: le caprette erano morte stecchite digrignando i denti.
Questi giorni son detti in alcune
zone della Romagna «della Vecchia» perché una variante della leggenda trasforma
il pastore in una vecchia che per tutto il mese di marzo aveva protetto i suoi
capretti sfidando i capricci stagionali del mese: se pioveva al piano, lei li
portava al monte e viceversa. La sera del 28, quando ormai marzo era agli
sgoccioli, ebbe l’imprudenza di esclamare: «Hai finito, caro Marzo, di fare il
matto, non me li farai più morire gli
agnellini». Marzo, già irritato per la sveltezza con cui la vecchia era
riuscita a eludere le sue tempeste, si adirò a tal punto da chiedere e ottenere
da Aprile tre giorni in prestito in modo da scatenare una tempesta di una
settimana. La conclusione è eguale alla precedente.
Ma secondo Eraldo Baldini e
Giuseppe Bellosi la vecchia della leggenda è ancora una volta l’eco dell’anno
morente negli ultimi freddi invernali, la vecchia Madre Terra destinata a
essere presto sostituita dalla nuova Madre Terra, giovinetta fiorente. Quanto
alla leggenda dei giorni prestati potrebbe essere l’eco, come quella dei giorni
della merla, di un’arcaica riforma calendariale.
Dalla piovosità dei «giorni
prestati» i contadini traggono previsioni e orientamenti. Dice un proverbio
romagnolo: «La Vecia la pesca, u j e’ gren e l’esca» ovvero «Se la Vecchia è
immersa nell’acqua, ci sono il grano e il becchime». Un altro rammenta che «Per
la Vecchia non si possono legare le viti, altrimenti le gemme diventano cieche».