mercoledì 12 settembre 2012

Ermanno Crescenzi: sulla natura della poesia





Ecco le risposte che il poeta Ermanno Crescenzi ha voluto dare a due delle domande poste durante l’incontro dello scorso sabato a Terni (qui trovate le foto). Ermanno ha voluto fornirci anche delle risposte scritte, dopo la presentazione, e giriamo le stesse a tutti i lettori, affinché possano essere stimolo per nuove riflessioni sulla natura del verso.

«Se la poesia non nasce con la stessa naturalezza delle foglie sugli alberi, è meglio che non nasca neppure.» (John Keats) Voi cosa ne pensate? Quanto secondo voi deve essere naturale la poesia?
Mi trova completamente d’accordo. La naturalezza della poesia deve essere assoluta. Perché credo che essa sia l’espressione della nostra essenza più intima, che sgorga dal nostro profondo sentire al cui impulso si legano le parole che danno voce alle emozioni di quel momento. In questo risiede la naturalezza e autenticità del nostro sentire, che è spesso anche sofferenza. Questo non significa che poi il pensiero espresso non debba essere rivisitato dall’autore per renderlo più armonico, musicale e/o più incisivo, magari dentro regole metriche, senza ovviamente stravolgerne la sua primordiale naturalezza che, secondo me, rappresenta la maggiore forza della poesia.

Volendo provocare una discussione rivolta anche al pubblico, vi riporto una famosa citazione di Gustave Flaubert, che potrebbe confutare quella di Keats: «La poesia è una scienza esatta, come la geometria.» Vi chiedo: avete mai pensato alla poesia come una scienza esatta?
Personalmente mai. Se la metrica si può considerare come la geometria entro le cui regole si muovono i versi, la poesia se ne deve servire per innalzare il valore del suo messaggio, senza mai dipenderne. Se la poesia fosse una scienza esatta, a lungo andare diventerebbe talmente fredda e insensibile da inaridire l’animo umano, perché trasformerebbe lo scrivere in un piatto esercizio di ricerca di ritmo e di assonanze, svuotato di quello slancio di passione che possa fornire alle parole la forza d’incidere, scuotere, riflettere. Credo anche, però, che per quanto disperso e anarchico, per quanto avverso a canoni e grammatiche, un testo di poesia debba comunque manifestarsi, esibirsi come presenza significante che l’aiuti a rendere più poetica la qualità del testo.


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