Carnem levare
Autrice: Monica Fiorentino
Lettera 21.
Lentamente
gli occhi di lei si rivolsero verso la foto posta sul tavolo, accanto alle
matite spuntate ed i fogli sparsi alla rinfusa, e le sue labbra si aprirono in
un sorriso cauto, sorpreso. Il rullio della stampante a fermarsi, avvertendola
che l’articolo scritto per l’indomani era pronto in una tempistica perfetta, le
luci al neon ad illuminare quella stanza gelida, semioscura, nella quale
lavorava dodici ore al giorno, da ormai più di due mesi. Nel sistemare lo
stampato, Camilla scosse la testa, squadrando il viso che appariva in quella
immagine, sorridente e schietto, i capelli biondi, radi, gli occhi verdi, quel
piglio bambino, il corpo d’uomo fasciato in un costume carnevalesco da pirata,
buffo, simpatico, a strappar la risata, sciabola al fianco, Javier. Lui
gliel’aveva promessa quella foto, il “Pirata Zumbero” e l’aveva inviata alla
sua mail senza dimenticarsene. Lo sguardo di Camilla ripassò dalla foto agli
articoli, le note ai margini, poi di
nuovo alla foto.
“Carnem
levare???!” l’avrebbero classificata nel vederla, la parlesia che girovagava in
quell’edificio semidistrutto, dove avevano trovato asilo e lavoro addetti
stampa, soldati e civili; un pirata bellissimo vestito con abiti di fortuna,
inventati, di fantasia, quel sorriso dipinto, i colori strabordanti, là fra le
bombe, la neve di quel febbraio, i bicchieri colmi ed il sangue fuori ad
imbrattare le strade, sporcare di urla e preghiere strazianti quel cielo sopra
la guerra ad invocare la pace, dove lei aveva scelto di vivere per prestare la
sua testimonianza. “Quanti massacri, quanti terremoti avvengono nel mondo,
quante navi affondano, quanti vulcani esplodono e quanta, quanta gente viene
perseguitata, torturata e uccisa! Eppure, se non c'è qualcuno che raccoglie una
testimonianza, che ne scrive, qualcuno che fa una foto, che ne lascia traccia
in un libro, è come se quei fatti non fossero mai avvenuti! Sofferenze senza
conseguenza, senza storia. Perché la storia esiste solo se qualcuno la
racconta. (Tiziano Terzani)” le parole
che l’avevano cambiata per sempre e l’avevano spinta a mettersi in gioco, il
suo sogno di Giornalista in tasca, la Vita nella testa.
In quella
foto che Javier le aveva inviato, era nel bel mezzo della festa. Si erano visti
per la prima volta solo ieri l’altro, nella sala delle riunioni sgomberata per
l’occasione ed adibita per la ricorrenza del Carnevale, rallegrata dalla musica di strumenti presi in
prestito, suonata da infermieri e soldati musicisti improvvisati, le risa, le
mani a tenere il ritmo, i coriandoli, l’eco delle bombe in lontananza; Javier
professore in supplenza, volontario in quel che restava di una piccola
costruzione di calcinacci tenuta ancora ferma per miracol mostrare, pochi
bambini. Trentaseienne di belle speranze, dall’odore di libri, libertà e
speranza, anche lui capitato attraverso il passaparola comune, a partecipare a
quella che aveva assunto il nome di Festa di Carnevale, in uno scenario di
morte e desolazione, quasi un Evento che aveva del magico. Carnevale, dal
latino “Carnem levare”, “Togliere la carne”, lui, il suo sorriso, la ressa di
gente a spingere, divertimento, maschere e allegria. La giovane ripensò a lui,
al suo modo di muoversi fra la folla multicolore, un misto fra l’impacciato e
il finto disinvolto, il loro primo sguardo, il suo sorriso, le parole, anima
nuda a sciogliersi, lei con la sua
mimetica indosso, un mucchio di lavoro sulla scrivania da sistemare, quel
turbine di anime unite in un solo costume, senza gradi a marcare appartenenze e
posizioni sociali, insieme in quel buco di mondo in un unico coro a credersi
ancora a casa, in quelle terre deturpate dai corpi mutilati, le carni aperte, i
crani fracassati, poche luci, fuori la pioggia e quella baldoria
nell’accomunarsi dello stesso destino. Poi lui a porgerle un bicchiere “Beve?”
quel piglio disarmante, le parole a scorrere veloci. Le sue braccia tornite, le
gambe, quella branda scomoda, dove lei dormiva appena poche ore a notte,
insieme a Rimbaud, il suo gattino bianco, quel materasso piccolo, di colpo a
divenire capace di accogliere entrambi, la loro voglia di calore, gli sguardi a
divenire mani, pelle, baci, carezze: uno soltanto. Lui a toccarle la mente, il
cervello, l’anima, rigarglieli. Il suo petto forte, d’uomo, selvatico,
infinito, “Javier!”. Fiumana di parole. Sconosciuti cuore, occhi e labbra,
sudore e gemiti, a riconoscersi in un unico ansito a liberarsi in sincrono.
“Camilla!”. L’alba a scoprirli allacciati, i vestiti da pirata sul pavimento,
coriandoli e parrucca, la mimetica di lei, le fusa del gattino geloso, il primo
sorriso del mattino “Buongiorno Professore!”
Camilla
tracciò col dito delicatamente i contorni della foto. Javier era partito quella
mattina stessa, caldo ancora di letto e dei loro umori, lei l’aveva
accompagnato, dopo un bagno veloce e una spremuta d’arancia, quell’uomo
richiamato dai suoi libri, le sue lezioni, il suo insegnare, il suo volersi
sostituire con la mente alle ali di un uccello, divenire un angelo. Lei su di
lui: donna, amante, lui a camminarle dentro. Stretti in quella comunione in
codice chiamata: Guerra. Lenta appuntò sul foglio un haiku Luna, la pelle/L’incedere: tu a bagnarmi/anima e corpo. La poesia a
salvare il mondo. Spesso era questo la guerra, conoscersi, per lasciarsi, anche
se in fondo mai per sempre, vivendosi dentro. Chiuse gli occhi.
“Mentre di lontano le iridi di un angelo, di un
colore viola acceso, si serravano sulla follia della guerriglia”
Della
stessa autrice: “Ho
conosciuto un angelo che si chiama Godot”
Per
contattare l’autrice: angelo.dicarta@libero.it
Monica
Fiorentino, formidabile artista a
suo agio sia con la scrittura prosastica che con i versi brevissimi della
poesia di ispirazione haiku, continua a indagare negli eventi quotidiani della
guerra, un “mostro” che finirà di affascinarci solo quando lo spoglieremo della
falsa retorica per calarlo, appunto, nella sua miserevole e tragica
quotidianità.
Solo così possiamo renderci conto che essa ci
strappa al sorriso, alla tenerezza, all’amore, oltre a mille e mille piccoli
particolari che costruiscono la nostra
vita. Perciò ecco la foto di un bambino vestito da pirata per Carnevale, ecco
la sua passione crescente per i libri, ecco l’improvviso divampare della
passione.
Monica
Fiorentino registra, annota, “è
giornalista” partecipe, delicatamente attenta a non tralasciare alcun
particolare, perché davvero tutto va ricordato, se vogliamo imparare a
lasciarci alle spalle l’orrore evitabile. “Carnem levare” è un nuovo, prezioso
tassello che si aggiunge agli altri.
Scrivi
racconti brevi? Questo è il concorso giusto per te. Leggi il bando del concorso
Per le tue
poesie c’è Lunedì Poesia
Nessun commento:
Posta un commento