venerdì 30 dicembre 2016

I RACCONTI DI VENERdì - Elisabetta Mattioli



Il gufo ballerino

Goky il gufo si trovava con gli artigli conficcati nel ramo del pino, portava un pesante elmo in testa, teneva stretto sulla sinistra un pugnale dall’impugnatura argentata, ed indossava i calzari degni per un guerriero come lui. L’armatura grigia brillava sotto la luce di Regina Luna, tutt’attorno non si udivano molti suoni, solo il canto del vento, intonava una dolce melodia, ed era intervallato con la voce del nostro “eroe”. Goky doveva fare la guardia, ma lavorava in un modo particolare… russava rumorosamente, l’elmo ricadeva sopra agli occhi, coprendogli il volto. Invece di comportarsi nella maniera corretta, faceva l’esatto contrario. Apparteneva ad una famiglia prestigiosa, da secoli ogni membro era al servizio delle Divinità boschive, aveva ricevuto il compito dal genitore di difendere la Regina Luna dagli eventuali nemici, ma odiava quell’ingrata missione.
Goky nutriva ben altri interessi: la sua passione “segreta” era il ballo!
Il gufo “infingardo” si recava nel Bosco Danzereccio: in quel luogo organizzavano, dal giovedì alla domenica, meravigliose feste capitanate dai migliori Dj. Erano tutti famosi, si alternavano tra loro, ed una volta ogni tre mesi suonavano assieme dalle 21:15 fino al sorgere dell’alba. Si trattava di una serata sciccosissima, i partecipanti maschi vestivano abiti firmati, disegnati dagli stilisti più in voga del momento, mentre le femmine sfoggiavano capigliature di gran moda, alcune sembravano delle vere e proprie “sculture pelose”. Goky era super-vanitoso (peggio di una femmina pennuta).
Fino a quel momento non aveva mai perso nessuna serata, solo l’idea rischiava di farlo impazzire. Pensava di essere irresistibile, amava sentire gli occhi delle invitate sopra di sé, ma lungi da lui contrarre matrimonio; bramava di essere ammirato in tutto il suo favoloso splendore. Il motivo prediletto era:
Gufette mie belle, siete simili alle stelle, ma dovete solo guardare, se osaste toccare, rapidamente me ne dovrò andare.
Il finto guerriero era un amatore a “metà”, evitava di prendersi le responsabilità, sia dal punto di vista lavorativo che sentimentale. Voleva “mordere” la vita ogni giorno, cogliere l’attimo fuggente, senza pensare troppo al domani. Sentiva di essere “eternamente” giovane, ormai aveva raggiunto l’età della maturità emotiva, ma non pensava materialmente alla schiacciante anagrafe, avrebbe preferito restare un adolescente, frequentatore assiduo dei party.
In quella nottata stava sonnecchiando con il copricapo ferroso posizionato sopra le palpebre, dopo l’ennesima baldoria assieme ad improbabili amici. Tra loro si annoverava un essere speciale, si chiamava Misty, non apparteneva al mondo effimero del gufo, era una simpatica civetta, figlia del popolo, molto acculturata. I suoi genitori avevano lavorato tanto, pur di riuscire a racimolare il denaro necessario per gli studi, ma una volta giunta all’Università suo padre si ammalò di cuore, fu costretto a ridurre l’attività, così la civetta, si trovò un lavoro e  terminò gli studi, laureandosi in giurisprudenza con il massimo dei voti. Il giorno della discussione della tesi erano tutti presenti, compreso l’amico gufo, ma anche in quell’occasione arrivò in ritardo a causa della solita festa.
Si presentò in facoltà con l’alito ancora puzzolente di grappa al pino (mantenne il controllo e non ruttò). Fece una grama figura, però Misty gli voleva bene, perdonò il comportamento debosciato di Goky. Infine… in certe occasioni, con debito travestimento, vestiva i panni dell’amico e saliva in cima all’albero, faticando non poco mentre indossava la pesante armatura.
Il cosiddetto eroe si era ubriacato più di una volta, svolgere il suo compito sarebbe stato impossibile senza l’intervento della civetta, se fosse stato scoperto nessuno gli avrebbe risparmiato una bella lavata di capo. Suo padre Gufo Senior era un valente generale: non conosceva la natura del figlio, lo credeva l’esatto opposto; se avesse immaginato una realtà diversa gli sarebbe venuto un colpo, ma a Goky non passava per la testa di rischiare di essere “beccato”, continuava con tranquillità il tran tran quotidiano.
In quel preciso istante si stava chiedendo perché Misty non si era ancora presentata all’appuntamento, era troppo stanco e doveva andare a letto. Improvvisamente comparve suo padre, capitò l’incubo peggiore in assoluto… essere colto in flagrante! Gli urlò nelle orecchie, spiattellandogli in faccia tutte le emozioni del momento, terminò con un’ atroce confessione: gli svelò che Misty era morta, uccisa per sbaglio da un cacciatore. Goky tremò come una foglia, si fece ripetere le ultime frasi, non voleva crederci, gli sembrava un incubo, ma fu costretto ad accettare la terribile verità. Pianse come mai nella vita, il giorno del funerale si presentò in orario, giurò a se stesso di cambiare.
Goky rispettò il patto, riuscì a laurearsi e faticosamente diventò un giudice. Quando prestò giuramento, lo dedicò alla coraggiosa amica, piangendo per l’ultima volta.


Elisabetta Mattioli sa trattare temi “leggeri” e temi più impegnativi, anche nel contesto di un unico racconto. La sua scrittura si fa strumento efficace e multiforme, grazie alla quale siamo proiettati in “mondi paralleli” eppure vicini, probabili. osì comprendiamo meglio, grazie all’arte della parola scritta, il “multiforme” che fa parte di ognuno di noi.
I personaggi di Elisabetta Mattioli possono essere “letti” come altrettante emozioni, sentimenti che albergano in ognuno di noi. Tra aspettative e delusioni, tra rigidità e lassismo, tra speranze e delusioni, spesso c’è lo stridore delle contraddizioni, dei passi falsi che – sempre – precedono l’acquisizione delle consapevolezze.

Per contattare l’autrice:  elyamatty@gmail.com

Della stessa autrice: L’atollo

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