La strega e il principe
La donna piccola e ripugnante si svegliò
nella grotta, tirò un sonoro rutto e, grattandosi, si alzò in piedi, per
mangiucchiare gli avanzi di pesce crudo.
Il ragazzo era alto e bello: nella sua
torre bianca si era appena lavato con acqua cristallina e ora si accingeva a
consumare la propria colazione, scegliendola da un ricco tavolo imbandito.
La strega era rachitica, aveva i capelli
arruffati e indossava panni consunti e macchiati di sangue.
Il principe aveva una chioma corvina
ordinata e, sotto alla sua uniforme impeccabile e pulita, i suoi muscoli erano
pari all'acciaio.
La vecchia maliarda afferrò la borsa con
i propri attrezzi e come al solito uscì, per curare i prigionieri reclusi nelle
segrete dal re.
Il bellissimo principe come tutti i
giorni si recò al mattatoio, dove sgozzava agnellini e vitelli per la mensa
della corte.
Il popolo disprezzava la strega e
adorava il principe.
Questa nuova
favola di Massimo Renaldini potrebbe
avere, come sottotitolo, “Contro le apparenze. In un testo breve, teso,
asciutto, l’autore compie un paragone “spietato” che colpisce in pieno il luogo
comune, che si nutre quasi inevitabilmente di apparenze.
La strega vive di essenza, incurante delle apparenze, e
proprio per questo viene odiata e bistrattata. Il “bellissimo principe”, ovvero
il trionfo delle apparenze, è carnefice e guerrafondaio, ma sa che il popolo si
nutre sostanzialmente di apparenze, e quindi le cura.
“La strega e il principe” è chiara
metafora della vita contemporanea, con particolare riferimento – ma non solo –
alla vita politica.
Non manca una goccia di ironia, in
questa favola di Massimo Renaldini, la possiamo rintracciare nella
frase finale, perfetta chiusa di un testo breve e anche per questo
particolarmente efficace.
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