Sylvia Plath
Quando la poesia si fa
oscura, profonda e sacra
Premessa per Sylvia
Questo articolo vuole essere, in generale, un
approfondimento della vita e delle opere della Plath dando più ampio respiro a quello
già apparso sulla rivista cartacea “I 2Mila Segnalibri” dell’Associazione “Gli Occhi
di Argo” e della Casa editrice “L’ArgoLibro” nel mese di Marzo 2017 (cliccate qui per il post dedicato).
Sylvia Plath, scrittrice e poetessa statunitense, nacque
a Boston nel 1932 da due emigranti tedeschi e morì suicida a Londra nel 1963 a
soli trenta anni. La Plath fu autrice di liriche, romanzi e di libri per
bambini.
Deve alla madre la scoperta e la passione per la
poesia e sin da bambina iniziò a comporre liriche, facendo emergere un talento straordinario. I temi
che affronterà nella sua produzione artistica, saranno il difficile rapporto
con la madre e il trauma per la morte del padre, avvenuta a causa di una
cancrena ad un piede, quando Sylvia aveva solo nove anni.
Fin da giovanissima iniziò a soffrire di crisi
depressive e già nel 1953 cercò di togliersi la vita una prima volta.
Nelle lettere che scriverà a sua madre durante
l’intero arco della sua esistenza, invece si descriverà come una studentessa modello, dotata di un
precoce talento letterario, nonché una donna solare e perfetta. Tuttavia
un’ombra iniziava ad avvolgere tutti i suoi giorni e la poesia diventerà man
mano, la celebrazione del suo mal di vivere.
Sylvia Plath e la poesia
La poetessa americana Sylvia Plath è stata autrice di
testi poetici e di prosa. Una vita fatta di poesia, un' esistenza raccontata
attraverso la lirica, una sorta di parabola dell’essere che ci porterà a
scoprire Sylvia e i suoi pensieri, la sofferenza che la accompagnò per molti
anni, il dolore degli ultimi istanti. Una totale abnegazione per la scrittura
che ci racconteranno di una donna e del suo amore e del suo rapporto col padre,
presente nella totalità delle sue poesie.
Questo è il potere della poesia e l’ho scritto
molte volte negli articoli dove ho trattato di questa arte così sublime e
nobile. Nella poesia e attraverso di essa, il Poeta utilizza un mezzo unico e privilegiato con cui raccontare lo scorrere dei giorni, dove vede
se stesso come un personaggio che come un attore di teatro, sale e scende da un palco
immaginario, per trovare una forma e una fisionomia.
Le parole poetiche tessono magie, ma per Sylvia
esse non furono un’ancora di salvezza, bensì un mezzo per traghettarla verso la
fine.
Un talento unico condensatosi in una manciata di
anni che ci hanno regalato una voce
incisiva, destinata a rimanere immortale nel panorama poetico dei nostri tempi.
Immortale poiché così è l'Arte, la buona arte,
quella che sopravvive al tempo e alle persone e che ci narra dei tempi passati e
delle donne e degli uomini che vissero
prima di noi. La Plath attraverso le parole che cesellerà, amministrerà e farà
vivere, ci descriverà la sua anima, il suo dolore, la paura e la sofferenza, che
si rivestiranno di bellezza, oscura, profonda e sacra.
Sylvia e l’amore
“Magari un giorno tornerò a casa battuta, sconfitta. Ma non finché
riuscirò a trasformare il mio cuore spezzato in racconti, la mia sofferenza in
bellezza” (dai Diari, anno 1950).
Ted Hughes era un affascinante scrittore americano
nato in Inghilterra; amava la natura e la poesia. Sylvia era l’americana
brillante e problematica arrivata in Inghilterra dall’America per studiare
letteratura grazie ad una borsa di studio.
La donna lo incontrò ad una festa e fu subito
amore. Lui le rivolse la parola e lei cedette al suo fascino e alla sua voce
tenebrosa. Sette mesi dopo si sposarono, innamorati e felici. Tutto sembrava
loro possibile, la poesia li univa e diventava parabola di vita e d' amore.
Dopo un primo periodo in America, dove la scrittrice
si sottopose a nuove cure psichiatriche, nacquero due figli. Presto però la
famiglia Hughes si trasferì in Inghilterra, patria di Ted, dove il
matrimonio iniziò a deteriorarsi. Trovandosi in un paese straniero, il mal di
vivere della Plath iniziò a peggiorare,
parallelamente al fatto che Sylvia si sentiva inadeguata tra il ruolo di
scrittrice e quello di moglie e madre. Ted, dal canto suo, iniziò a tradirla e
si dimostrò incapace di fronteggiare la situazione. Quando i coniugi Hughes si
separarono definitivamente, (a causa della relazione che Hughes aveva iniziato
con Assia Wevill, moglie di un amico poeta), Sylvia andò ad abitare coi bambini, Frieda e Nicholas, a
Londra, nello stesso appartamento dove aveva abitato William Butler Yeats. Sylvia
ne fu estremamente contenta e lo considerò un buon presagio in vista del suo
successo letterario; infatti sebbene sola e disperata, nell’autunno del 1962
scrisse la maggior parte delle sue poesie.
L'inverno 1963 fu per Sylvia molto duro poiché in
quella stagione iniziò il procedimento legale per la separazione da Hughes. Fu
in quell'anno che scrisse il romanzo “La
campana di vetro” (The Bell Jar), pubblicato nel 1963 con lo pseudonimo di
Victoria Lucas.
L’11 febbraio 1963 si tolse la vita con il gas nella cucina del suo
appartamento. Sotto la porta dei bambini, presenti in casa, infilò stracci
bagnati per evitare che il gas uccidesse anche loro.
Dopo la morte della Plath, Ted Hughes si occupò dei
suoi beni letterari e distrusse l'ultimo volume del diario di Sylvia, che
descriveva il periodo che avevano trascorso insieme. Nel 1982, Sylvia Plath
divenne la prima poetessa che vinse il Premio Pulitzer dopo la propria morte (
“The Collected Poems”).
“Limite”
In "Edge", ("Limite"), la sua
ultima poesia (febbraio 1963), Sylvia Plath era sulla soglia, pronta a varcarla
e con un ultimo atto di coraggio, andare verso il buio senza ritorno.
All'alba di lunedì 11 febbraio 1963, la Plath era una donna giovane e bella,
nonché acclamata poetessa e madre di due bimbi. Nulla faceva presagire la
tragedia che si sarebbe consumata da lì a poco.
Sylvia entrò nella camera dei figli e socchiuse la
finestra, quindi lasciò accanto ai lettini un bicchiere di latte e una fetta di
pane e burro. Poi uscì e chiuse la
porta sigillandola dall’esterno con il
nastro adesivo; subito dopo entrò in cucina e sigillò ermeticamente anche
quella porta dall’interno. Infine si inginocchiò davanti al forno e accese il
gas.
Dentro il suo corpo come petali
di una rosa richiusa quando il giardino
s’intorpidisce e sanguinano odori
dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.
Niente di cui rattristarsi ha la luna
che guarda dal suo cappuccio d’osso.
A certe cose è ormai abituata.
Crepitano, si tendono le sue macchie nere.
(da”Edge”)
Sylvia Plath
ha lasciato ad un pubblico sempre crescente un vasto corpo di testi tra prose e
poesie, che la proiettano ben oltre la sua breve e tragica parabola vitale,
testimoniando una costante ricerca e abnegazione per la scrittura. Il suo
talento fu immaginifico e doloroso e ci ha regalato
una voce esasperata, unica e incisiva,
capace d’incarnare in sé l’energia necessaria del fare poetico, quando esso
diventa rivelazione dell’io e del mondo.
La fragilità di una donna e l'istinto della morte
Come già detto, Sylvia Plath concentrò la quasi
totalità delle sue opere poetiche negli ultimi anni della sua vita; aveva
l'urgenza di un commiato, come se si rivolgesse ad un vasto pubblico di lettori
ai quali chiedere di ascoltare la sua voce. Una voce che si disvelava
attraverso la Poesia. Nella lirica che segue, scritta in rima baciata nel 1961,
Sylvia si definisce “verticale”, rigida
ed alienata in un mondo dove invece tutto è orizzontale. La scelta della
parola “verticale” è emblematica del disagio di Sylvia Plath nei confronti di
un mondo in cui si sente inadeguata e che non è fatto per lei.
Io sono verticale
Ma preferirei essere
orizzontale.
Non sono un albero con radici
nel suolo
succhiante minerali e amore
materno
così da poter brillare di
foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un’aiuola
ultradipinta che susciti di
meraviglia,
senza sapere che presto dovrò
perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è
immortale
e la cima di un fiore, non
alta, ma più clamorosa:
dell’uno la lunga vita,
dell’altra mi manca l’audacia.
Stasera, all’infinitesimo
lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i
loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno
di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre
dormo
forse assomiglio a loro nel
modo più perfetto –
con i miei pensieri andati in
nebbia.
Stare sdraiata è per me più
naturale.
Allora il cielo ed io siamo
in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che
resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi
toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
Il pensiero della morte è costantemente ricorrente
nella produzione della Plath. In questa poesia così come in molte altre, l’arte
perde pian piano la sua funzione
salvifica. In questa lirica l'autrice vorrebbe essere quindi “orizzontale” ed
uniformarsi alla realtà, ma ella non è un albero con radici ben piantate nel
terreno, e non ha a sua disposizione tutte le materie prime per prosperare. Né
possiede la bellezza tipica dei fiori per potersi distinguere. Basandosi sempre
su quel dualismo fra vita e morte, che ha reso immortali le sue liriche, Sylvia
Plath sente di non avere la longevità di un albero e le manca l'audacia del
fiore. Metaforicamente le mancano il tempo e il coraggio di vivere.
Nemmeno passeggiare sotto la luce delle stelle la
farà sentire parte del mondo, anzi la notte aumenterà in lei quel senso di
vuoto e di solitudine e solo con la morte
avverrà quella congiunzione che le sarebbe stata fondamentale per
continuare a vivere. Alla fine di tutto, gli alberi e i fiori, si accorgeranno
di chi lei sia stata veramente e le dedicheranno finalmente del tempo.
Alcune poesie di Sylvia Plath
Nella raccolta “Lady Lazarus e altre poesie”,
pubblicata da Mondadori, troviamo un’altra splendida poesia di Sylvia Plath che
ha per titolo Ultime parole, una sorta di testamento spirituale in versi:
Non voglio una cassa qualunque, voglio un sarcofago
con striature di tigre e una faccia dipinta
tonda come la luna, con gli occhi sgranati in su.
Voglio sembrare che li guardo quando verranno
a scavarmi fra ottusi minerali e radici.
Già li vedo – pallide facce, a una distanza astrale.
Adesso non sono nulla, non sono nemmeno in fasce.
Li penso senza né padri né madri, come gli dei primigeni.
Si domanderanno se io sia stata importante.
Dovrei come frutta candire e conservare i miei giorni!
Il mio specchio si appanna –
ancora qualche fiato e non specchierà più niente del tutto.
I fiori e le facce si sbiancano come un lenzuolo.
Dello spirituale non mi fido. Sguscia via come vapore
nei sogni, per le fessure della bocca o degli occhi. Non posso
fermarlo, né mai tornerà. Ma non così le cose.
Loro restano, con quel piccolo brillìo particolare,
da tante mani scaldato, con un brusìo di piacere.
Se avrò freddo alle piante dei piedi,
mi consolerà l’occhio azzurro del mio turchese.
Siano con me le mie casseruole di rame, i miei vasi di coccio
mi fioriscano intorno notturni fiori, dal buon profumo.
Mi avvolgeranno nelle bende, deporranno il mio cuore
sotto i miei piedi in un bel pacchettino.
Non mi riconoscerò quasi. Sarà tutto buio,
ma ci sarà il fulgore di questi piccoli oggetti più dolce che il
viso di Ishtar.
Il disagio che ha accompagnato la breve vita di
Sylvia Plath lo troviamo espresso in termini tanto aspri da non prestarsi ad
alcun equivoco, anche nella poesia Specchio (di cui si può leggere
anche il testo in inglese):
Specchio
Sono esatto e d'argento, privo di preconcetti.
Qualunque cosa io veda subito l'inghiottisco
tale e quale senza ombre di amore o disgusto.
Io non sono crudele, ma soltanto veritiero -
quadrangolare occhio di un piccolo iddio.
Il più del tempo rifletto
sulla parete di fronte.
È rosa, macchiettata. Ormai da tanto tempo la guardo che la sento
un pezzo del mio cuore. Ma lei c'è e non c'è.
Visi e oscurità continuamente si separano.
Adesso io sono un lago. Su me si china una donna
cercando in me di scoprire quella che lei è realmente.
Poi a quelle bugiarde si volta: alle candele o alla luna.
Io vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
Me ne ripaga con lacrime e un agitare di mani.
Sono importante per lei. Anche lei viene e va.
Ogni mattina il suo viso si alterna all'oscurità.
In me lei ha annegato una ragazza, da me gli sorge incontro
giorno dopo giorno una vecchia, pesce mostruoso.
I am silver and exact. I have no preconceptions.
What ever you see I swallow immediately
Just as it is, unmisted by love or dislike.
I am not cruel, only truthful---
The eye of a little god, four-cornered.
Most of the time I meditate on the opposite wall.
It is pink, with speckles. I have looked at it so long
I think it is a part of my heart. But it flickers.
Faces and darkness separate us over and over.
Now I am a lake. A woman bends over me,
Searching my reaches for what she really is.
Then she turns to those liars, the candles or the moon.
I see her back, and reflect it faithfully.
She rewards me with tears and an agitation of hands.
I am important to her. She comes and goes.
Each morning it is her face that replaces the darkness.
In me she has drowned a young girl, and in me an old woman
Rises toward her day after day, like a terrible fish.
In questa lirica
Sylvia si guarda allo specchio, dopo aver assaporato il dolore e la
delusione di una vita; lo specchio diventa l'elemento di comunicazione
interiore, rappresenta la necessità di scoprire il fondo della propria anima e
il flusso di energie emotive che condizionano anche il pensiero.
Lo specchio/lago accoglie il bisogno di chi guarda
al fondo della sua coscienza e dialoga con le ragioni profonde del suo essere.
Nella “Lettera d’amore” (1960),
Sylvia scrive:
Non è facile dire il cambiamento che operasti./Se adesso sono viva,
allora ero morta. (…)
Albero e pietra scintillavano, senz’ombra./La mia breve lunghezza
diventò lucente come vetro.(…)Da pietra a nuvola, e così salii in alto./Ora
assomiglio a una specie di dio/E fluttuo per l’aria nella mia veste
d’anima/Pura come una lastra di ghiaccio. È un dono.
*
Insomma, dall’incubo infantile non si esce, e
persino la poesia, l’arte, perdono piano piano la loro funzione salvifica.
Nei diari ( luglio 1950), la Plath scrive:
“Forse non sarò mai felice… ma stasera sono contenta. Mi basta la casa
vuota, un caldo, vago senso di stanchezza fisica per aver lavorato tutto il
giorno al sole a piantare fragole rampicanti, un bicchiere di latte freddo
zuccherato, una ciotola di mirtilli affogati nella panna (…) in momenti come
questi sarei una stupida a chiedere di più.”
Sylvia Plath riposa nel cimitero di Ebden
Bridge, nello Yorkshire, dove risiede la famiglia del marito Ted Hughes.
Qui ha finalmente ritrovato la sua posizione “orizzontale”, nell’unico e solo
modo che ha ritenuto possibile.
Le sue opere
The Colossus (1960)
Poppies in July (1962)
Ariel (Plath)|Ariel (1965)
Crossing the Water (1971)
Winter Trees (1972)
The Collected Poems (1981)
Prosa[modifica | modifica wikitesto]
La campana di vetro (The Bell Jar, 1963) sotto lo
pseudonimo di 'Victoria Lucas'
Letters Home (1975) a cura di sua madre
Johnny Panic and the Bible of Dreams (1977)
(l'edizione inglese contiene due storie che quella statunitense non possiede)
The Journals of Sylvia Plath (1982)
The Magic Mirror (1989), la sua tesi di laurea allo
Smith College
The Unabridged Journals of Sylvia Plath, a cura di
Karen V. Kukil (2000).
Le sue opere in Italia
In Italia
nel 2002 è stato pubblicato "Il Meridiano" che raccoglie le sue opere
(tutte le poesie ordinate cronologicamente più un’ampia scelta di Juvenilia,
l’unico romanzo, "La Campana di Vetro", le prose e i racconti di
Johnny Panic, la Bibbia dei Sogni, gli estratti dai Diari). L’opera è
introdotta dal saggio critico di Nadia Fusini che ci fornisce le coordinate per
entrare nella poetica della Plath, intrisa degli eventi della sua esistenza,
capace di reinterpretarli, trasformarli nelle formule magiche dei versi. Una
poesia evocativa, ritualistica in cui la Plath è “la strega, la
fattucchiera che esorcizza la vita in
simboli, parole, immagini".
Alcune
traduzioni tra cui “Lady Lazarus e altre poesie (Mondadori, Milano, 1976), sono
state curate da Giovanni Giudici e da Gabriella Morisco Amelia Rosselli, nel
1985 (Le muse inquietanti, Mondadori, Milano, 1985).
(Fonte: Wikipedia)
Per contattare Eufemia Griffo: eufemia_g@live.it
Dal Segnalibro di marzo
(Cliccare sull'immagine per ingrandirla)
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