Ecco la recensione a "Il giardino degli oleandri", il romanzo di Nello Amato presentato martedì 8 marzo presso la libreria indipendente "L'ArgoLibro" ad Agropoli.
Qui trovate le foto dedicate all'incontro, mentre qui potete collegarvi alla pagina Facebook dedicata all'opera.
Grazie a Nello Amato e grazie a tutti coloro che sono intervenuti martedì pomeriggio a "L'ArgoLibro"!
In equilibrio
tra le diversità
“Il
giardino degli oleandri” è libro complesso, articolato, arricchito da una serie
di sfaccettature che sembrano guardare in molteplici direzioni. È uno dei meriti
di questa scrittura: Nello Amato ha saputo letteralmente “far vedere”, al
lettore, svariate direzioni possibili.
Ce
ne accorgiamo fin dal primo capitolo, con il dialogo serrato, in chiesa, tra la
protagonista Maria e un chierico, che cerca di convincerla di quanto la sua
condizione di omosessuale sia, a suo dire, sbagliata. Maria fugge, rabbiosa e
nauseata, e questa è una situazione che si ripete varie volte, mentre la
seguiamo capitolo dopo capitolo. La fuga, fisica o mentale, come atto di
protesta ma anche come necessario preludio della presa di coscienza.
Maria
Filpi, vent’anni, iscritta alla facoltà di economia alla Bocconi di Milano.
Apprendiamo man mani vari particolari della sua identità mentre gli eventi si
svolgono, si sviluppano. Nel secondo capitolo c’è l’incontro con uno
psicanalista, durante il quale conosciamo maggiori dettagli del suo rapporto
con Lucia.
Sono
particolarmente indovinate, e significative, anche le frasi scelte che aprono
ogni capitolo: da Kerouac a Nietzsche, da Papa Francesco a Oscar Wilde, da
Stendhal a Shakespeare, anche queste piccole gemme, scelte con particolare
cura, dimostrano la molteplicità di visioni, di punti di vista, di intrecci che
inevitabilmente si creano nella vita di tutti noi.
Il
romanzo procede anche per salti temporali: al centro dei ricordi c’è soprattutto
lei, l’ex compagna ormai assente, ed è un’assenza che pesa talmente tanto da
sfociare in muri che, consciamente o inconsciamente, Maria solleva tra sé e
l’altro da sé. La percepiamo nettamente, questa distanza incolmabile, e anche
in questo Nello Amato è particolarmente bravo: nel renderla con grande efficacia
senza quasi nominarla.
Ci
sono traumi che segnano profondamente, che fanno vacillare e cadere
fragorosamente, e non è detto che chi cade riesca a rialzarsi. “Il giardino
degli oleandri” può essere letto anche da questo punto di vista: un tentativo
di capire, di comprendere, di rialzarsi appunto, dopo traumi che hanno i nomi
di stupro, suicidio, omicidio, vendetta. Man mano che si procede nella lettura,
diventa molto palpabile la percezione di un “girone infernale” che avvolge la
protagonista e la risucchia, al punto da giungere ad uno sdoppiamento della
personalità.
Tornando
alla qualità della scrittura di Nello Amato, possiamo senz’altro parlare di un
autore che possiede un tratto scorrevole, sicuro, ricco di una terminologia
sapientemente adoperata: ogni parola è collocata dove occorre, ricchezza e
proprietà di linguaggio amplificano ulteriormente la potenza di questa
scrittura.
Non
è una lettura facile, “Il giardino degli oleandri”, perché non sono facili i
temi che Nello Amato vuole esplorare. Lo fa con mano ferma, salda, con una
decisione che certamente è frutto di una visione d’insieme già nettamente
chiara, nella sua mente. Il percorso compiuto da Maria è un percorso possibile,
reale, concreto, non edulcorato da banalizzazioni o da un “dire-non dire” che
il più delle volte finisce con lo svilire la storia che si sta raccontando. Qui
la scelta è tutt’altra: vanno descritte anche le durezze, le crudeltà, senza
ovviamente cadere nell’errore opposto di una scrittura che indugi troppo nelle
descrizioni di estremismi che nulla aggiungono alla comprensione dell’opera.
Nello
Amato è bravissimo nel sapersi mantenere in equilibrio , in delicato e
partecipe equilibrio, lungo questi percorsi che spesso ricordano la lama di un
rasoio. Ci riesce anche perché ama il personaggio di Maria, dalla prima
all’ultima pagina la segue con un affetto al tempo stesso partecipe e
disinteressato. Forse il messaggio ultimo di un’opera ricchissima di messaggi è
proprio questo: impariamo a porci in ascolto disinteressato, senza giudicare,
impariamo a farlo perché solo in questo modo possiamo davvero comprenderle
l’altro, che in quanto tale è sicuramente diverso. E la diversità è autentico
arricchimento, non dimentichiamolo mai.
Francesco Sicilia
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