mercoledì 30 novembre 2011
martedì 29 novembre 2011
Confessioni Di Un Teppista
Giuseppe Canella (Verona 1788 -1847 Firenze)
Marina al tramonto con viandante
Marina al tramonto con viandante
Non tutti son capaci di cantare
E non a tutti è dato di cadere
Come una mela, verso i piedi altrui.
È questa la più grande confessione
Che mai teppista possa confidarvi.
Io porto di mia voglia spettinata la testa,
Lume a petrolio sopra le mie spalle.
Mi piace nella tenebra schiarire
Lo spoglio autunno delle anime vostre;
E piace a me che mi volino contro
I sassi dell’ingiuria,
Grandine di eruttante temporale.
Solo più forte stringo fra le mani
L’ondulata mia bolla dei capelli.
È benefico allora ricordare
Il rauco ontano e l’erbeggiante stagno,
E che mi vivono da qualche parte
Padre e madre, infischiandosi del tutto
Dei miei versi, e che loro son caro
Come il campo e la carne, e quella pioggia fina
Che a primavera fa morbido il grano verde.
Per ogni grido che voi mi scagliate
Coi forconi verrebbero a scannarvi.
Poveri, poveri miei contadini!
Certo non siete diventati belli,
E Iddio temete e degli acquitrini le viscere.
Capiste almeno
Che vostro figlio in Russia
È fra i poeti il più grande!
Non si gelava il cuore a voi per lui,
Scalzo nelle pozzanghere d’autunno?
Adesso va girando egli in cilindro
E portando le scarpe di vernice.
Ma vive in lui la primigenia impronta
Del monello campagnolo.
Ad ogni mucca effigiata
Sopra le insegne di macelleria
Si inchina da lontano.
Ed incontrando in piazza i vetturini
Ricorda l’odore del letame sui campi,
Pronto, come uno strascico nuziale,
A reggere la coda dei cavalli.
Amo la patria. Amo molto la patria!
Pur con la sua tristezza di rugginoso salice.
Mi son gradevoli i grugni insudiciati dei porci,
E nel silenzio notturno l’argentina voce dei rospi.
Teneramente malato di memorie infantili
Sogno la nebbia e l’umido delle sere d’aprile.
Come a scaldarsi al rogo dell’aurora
S’è accoccolato l’acero nostro.
Ah, salendone i rami quante uova
Ho rubato dai nidi alle cornacchie!
È sempre uguale, con la verde cima?
È come un tempo forte la corteccia?
E tu, diletto,
Fedele cane pezzato!
Stridulo e cieco t’hanno fatto gli anni,
E trascinando vai per il cortile la coda penzolante,
Col fiuto immemore di porte e stalla.
Come grata ritorna quella birichinata:
Quando il tozzo di pane rubacchiato
Alla mia mamma, mordevamo a turno
Senza ribrezzo alcuno l’un dell’altro.
Sono rimasto lo stesso, con tutto il cuore.
Fioriscono gli occhi in viso
Simili a fiordalisi fra la segala.
Stuoie d’oro di versi srotolando,
Vorrei parlare a voi teneramente.
Buona notte! buona notte a voi tutti!
La falce dell’aurora ha già tinnito
Fra l’erba del crepuscolo.
Voglio stanotte pisciare a dirotto
Dalla finestra mia sopra la luna!
Azzurra luce, luce così azzurra!
In tanto azzurro anche morir non duole.
E non mi importa di sembrare un cinico
Con la lanterna attaccata al sedere!
Mio vecchio, buono ed estenuato Pégaso,
Mi serve proprio il tuo morbido trotto?
Io, severo maestro, son venuto
A celebrare i topi ed a cantarli.
L’agosto del mio capo si versa quale vino
Di capelli in tempesta.
Ho voglia d’essere la vela gialla
Verso il paese cui per mare andiamo.
E non a tutti è dato di cadere
Come una mela, verso i piedi altrui.
È questa la più grande confessione
Che mai teppista possa confidarvi.
Io porto di mia voglia spettinata la testa,
Lume a petrolio sopra le mie spalle.
Mi piace nella tenebra schiarire
Lo spoglio autunno delle anime vostre;
E piace a me che mi volino contro
I sassi dell’ingiuria,
Grandine di eruttante temporale.
Solo più forte stringo fra le mani
L’ondulata mia bolla dei capelli.
È benefico allora ricordare
Il rauco ontano e l’erbeggiante stagno,
E che mi vivono da qualche parte
Padre e madre, infischiandosi del tutto
Dei miei versi, e che loro son caro
Come il campo e la carne, e quella pioggia fina
Che a primavera fa morbido il grano verde.
Per ogni grido che voi mi scagliate
Coi forconi verrebbero a scannarvi.
Poveri, poveri miei contadini!
Certo non siete diventati belli,
E Iddio temete e degli acquitrini le viscere.
Capiste almeno
Che vostro figlio in Russia
È fra i poeti il più grande!
Non si gelava il cuore a voi per lui,
Scalzo nelle pozzanghere d’autunno?
Adesso va girando egli in cilindro
E portando le scarpe di vernice.
Ma vive in lui la primigenia impronta
Del monello campagnolo.
Ad ogni mucca effigiata
Sopra le insegne di macelleria
Si inchina da lontano.
Ed incontrando in piazza i vetturini
Ricorda l’odore del letame sui campi,
Pronto, come uno strascico nuziale,
A reggere la coda dei cavalli.
Amo la patria. Amo molto la patria!
Pur con la sua tristezza di rugginoso salice.
Mi son gradevoli i grugni insudiciati dei porci,
E nel silenzio notturno l’argentina voce dei rospi.
Teneramente malato di memorie infantili
Sogno la nebbia e l’umido delle sere d’aprile.
Come a scaldarsi al rogo dell’aurora
S’è accoccolato l’acero nostro.
Ah, salendone i rami quante uova
Ho rubato dai nidi alle cornacchie!
È sempre uguale, con la verde cima?
È come un tempo forte la corteccia?
E tu, diletto,
Fedele cane pezzato!
Stridulo e cieco t’hanno fatto gli anni,
E trascinando vai per il cortile la coda penzolante,
Col fiuto immemore di porte e stalla.
Come grata ritorna quella birichinata:
Quando il tozzo di pane rubacchiato
Alla mia mamma, mordevamo a turno
Senza ribrezzo alcuno l’un dell’altro.
Sono rimasto lo stesso, con tutto il cuore.
Fioriscono gli occhi in viso
Simili a fiordalisi fra la segala.
Stuoie d’oro di versi srotolando,
Vorrei parlare a voi teneramente.
Buona notte! buona notte a voi tutti!
La falce dell’aurora ha già tinnito
Fra l’erba del crepuscolo.
Voglio stanotte pisciare a dirotto
Dalla finestra mia sopra la luna!
Azzurra luce, luce così azzurra!
In tanto azzurro anche morir non duole.
E non mi importa di sembrare un cinico
Con la lanterna attaccata al sedere!
Mio vecchio, buono ed estenuato Pégaso,
Mi serve proprio il tuo morbido trotto?
Io, severo maestro, son venuto
A celebrare i topi ed a cantarli.
L’agosto del mio capo si versa quale vino
Di capelli in tempesta.
Ho voglia d’essere la vela gialla
Verso il paese cui per mare andiamo.
(Sergej Aleksandrovič Esenin)
domenica 27 novembre 2011
Nuova presentazione al Punto Einaudi a Salerno
GLI OCCHI DI ARGO
presenta
IL VARCO CILENTANO
LA VIA DE CILENTO LA VIA DE CORBELLA
(arterie viabili e sentieri nella Lucania Minor-Cilento Antico
secc. XXX a.C. - XIX d.C.)
un libro di
Pasquale Fernando Giuliani Mazzei
mercoledì 30 novembre 2011
ore 17,30
PUNTO EINAUDI
SALERNO
Corso Vittorio Emanuele - Piazzetta Barracano
Relatori:
Dott. Antonio Capano - Archeologo
Dott. Francesco Innella - Archivista
Andrea Perciato - Autore ed esperto del territorio
Modera
Milena Esposito
venerdì 25 novembre 2011
mercoledì 23 novembre 2011
Le foto al Punto Einaudi di Salerno
Molto interessante e stimolante, l’incontro di ieri pomeriggio al Punto Einaudi di Salerno, con Francesco Innella e la sua pubblicazione “Versi sulla Via di Mezzo”.
Oltre naturalmente all’autore, hanno animato il dibattito lo storico Pasquale Fernando Giuliani Mazzei, il giornalista Andrea Perciato e il professor Francesco Sofia. Tutti hanno contribuito notevolmente a sviluppare con chiarezza ed efficacia i temi affrontati dalla pubblicazione, nelle cui pagine si evidenzia un vero e proprio “incontro emotivo e intellettuale” tra la cultura occidentale e quella orientale.
Il prossimo appuntamento curato da “Gli Occhi di Argo” presso il Punto Einaudi di Salerno (Corso Vittorio Emanuele – Piazzetta Barracano) è per mercoledì 30 novembre alle ore 17 e 30, sarà presentato il volume “Il Varco Cilentano La Via De Cilento La Via De Corbella” di Pasquale Fernando Giuliani Mazzei.
martedì 22 novembre 2011
Continuano gli affascinanti appuntamenti presso "Keramos"
Ecco le foto dell’interessantissimo appuntamento di domenica scorsa presso il Centro d’Arte “Keramos”, ad Agropoli.
La professoressa Flaminia Arcuri ha illustrato ai presenti una serie di scoperte nel territorio campano (con particolare riferimento ad Agropoli e al resto del Cilento) che oggi ci fanno rendere conto di quanto fossero già evolute le popolazioni dell’Età del Bronzo Finale.
Un “viaggio virtuale” davvero affascinante.
Il prossimo appuntamento di “Libriamoci” è per domenica 18 dicembre, sempre alle ore 18,00 e sempre presso “Keramos”, e sarà dedicato all’area archeologica di Buccino.
lunedì 21 novembre 2011
La poesia italiana incontra la saggezza orientale
Gli Occhi di Argo
presenta a Salerno
il libro
VERSI SULLA VIA DI MEZZO
(LA POESIA E IL VUOTO)
di Francesco Innella
Coordina:
Milena Esposito
Associazione “Gli Occhi di Argo”
Intervengono:
Domenico Chieffallo - Storico
Pasquale Fernando Giuliani Mazzei - Storico
Andrea Perciato - Giornalista
Francesco Sofia - Professore
Vale come invito
Martedì 22 novembre 2010 ore 17.30
Punto Einaudi Salerno
Corso Vittorio Emanuele 94 - Piazzetta Barracano
Telefono 089273653
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