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giovedì 31 dicembre 2015
venerdì 25 dicembre 2015
I RACCONTI DI VENERdì - Elisabetta Mattioli
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Foto di Rino Scarpa |
Mahon e Jaya
Mahon girovagava nella giungla:
indossava abiti colorati, teneva stretto tra le mani un piccolo bastone di
legno. L’utilizzava sapientemente, gli permetteva di farsi largo in mezzo alla
natura evitando anche il più piccolo ostacolo.
Ad un tratto, il canto sinistro della
cornacchia squarciò l’assordante silenzio, spaventandolo a morte. Quando
l’uccello gli volò accanto, lui si tolse il turbante, stringendolo al petto.
Alzò lo sguardo verso l’alto, notò quel “simpatico” animale appollaiato su un
ramo: teneva le ali corvine aderenti al corpo, ogni tanto muoveva la testa. Gli
occhi neri del volatile spaventarono Mahon, scrisse la parola “fine” al suo
disagio, lanciando il copricapo addosso al nemico.
La cornacchia se ne andò sotto gli occhi
trionfanti del bambino. Notò il tramonto, capì che era giunta l’ora di tornare
indietro.
Aveva fatto trecento metri; sentì un
secondo rumore, proveniva dal cuore della giungla, gli fece rizzare i capelli
in testa. Non ebbe la forza di muovere alcun muscolo, fissò un punto davanti a
lui: l’erba si mosse ed apparve dal nulla una forma indistinta. Dopo poco
tempo, comprese di cosa si trattava: era
un cucciolo di tigre bianca!
L’animale avanzò con passo felpato, gli
girò attorno, ed il sangue diventò ghiaccio, nelle vene del giovane indiano.
Vide la “breve” vita passargli davanti agli occhi. Ripensò ai genitori, alla
nonnina che gli preparava i dolci, ed infine concentrò i pensieri sull’amata
sorellina, nata solo tre mesi prima.
Non l’avrebbe rivista mai più, e questo
pensiero lo gettava nella disperazione. Mentre era invaso da ogni congettura, i
minuti passavano, il felino continuava a camminargli intorno con la coda,
provocandogli un certo solletico.
La tigre non voleva mangiarlo: si
comportava come se fosse un gatto, ed iniziò a leccargli i pantaloni di seta.
Al bambino passò il terrore, si chinò verso la fiera, accarezzandole il capo
peloso. Lei gradì molto il gesto dell’amico, aumentò lo struscio contro le
gambe di Mahon. Lui tirò fuori la “merenda” dalle tasche: non fece in tempo a
porgerla all’animale che il felino l’aveva già trangugiata! Terminò il lauto
pasto in tre secondi, dopo si leccò i baffi bianchi. Lui avrebbe voluto portarla
al Palazzo del Maharaja, dove viveva assieme ai suoi genitori) ma forse “mamma”
non sarebbe stata felice dell’idea. Però gli stringeva l’anima lasciarla da
sola nella giungla: avrebbe potuto essere facile preda delle belve feroci e
morire tra atroci tormenti. Doveva trovare la soluzione adatta, pensò il
piccolo asiatico.
Fu raggiunto da un’idea eccellente!
Mahon percorse la strada verso casa, la
tigre era dietro di lui, lo seguiva passo dopo passo. Prima di arrivare a
destinazione le diede il nome di “Jaya”. La nascose nell’ala sud, in una
vecchia stalla inutilizzata da anni. Dopo andò a cenare, ormai era tardi.
Non si può fare aspettare il Maharaja!
Quella volta mangiò restando zitto, (stranamente) alla fine riuscì a mettere da
parte del cibo per Jaya e, senza essere notato da nessuno, le portò il “lauto
pasto”. Socchiuse il portone, controllò la zona circostante… non si muoveva
foglia, rimise piede in camera da letto, senza farsi vedere da alcuno (guardie
comprese). Era felice di aver portato a termine la missione, così dormì sonni
tranquilli.
La mattina dopo rubò altre cibarie,
diede da mangiare alla cucciolotta. Però…ben presto si accorse della realtà!
Jaya cresceva velocemente, in poco tempo aveva perso le sembianze del cucciolo
peloso, assunse un aspetto diverso. Aumentava di peso, voleva mangiare tanto
cibo, ma soprattutto,non voleva i dolcetti della nonna, preferendo ben altro
nutrimento. Allora Mahon cambiò strategia: entrò nelle cucine del Palazzo,
eluse la sorveglianza, rubò il pesce crudo e, prima di fuggire, portò via con
sé anche quello cotto. La tigre divorò tutto con gusto, e al termine del pasto
si leccò i lunghi baffi bianchi.
Per un certo periodo tutto procedette
nel migliore dei modi, ed il bambino si ritagliava del tempo libero per giocare
con l’enorme amica.
Ma ben presto lo spazio all’interno
della vecchia stalla diventò angusto, inoltre la vera natura dell’animale prese
il sopravvento: voleva uscire da lì e prendere “aria”.
Al bambino si stringeva l’anima, non
sopportava di vedere la cara amica “morire” di malinconia.
Una mattina, quando il sole fece
capolino in cielo, tornò nella giungla assieme alla tigre, passo dopo passo
notò che gli occhi blu della fiera si illuminavo. Raggiunto il “cuore pulsante
della vegetazione”, lei gli diede un’ultima occhiata, allontanandosi da lui,
sparendo nel verde…
Mahon ripercorse la strada verso casa,
aveva l’aria sbattuta.
Messo piede in giardino, si sedette
sulla solita panchina. Sentì qualche cosa toccargli la spalla, alzò gli occhi e
vide il viso paffutello di una bambina.
“Come ti chiami ? Io Sono Kala.”
“Il mio nome è Mahon, sono il nipote del
Maharaja.”
“Vieni a giocare”? Mi sto annoiando. Uffa...”
I due bambini
si presero per mano e scacciarono finalmente la tristezza.
Nella
scrittura di Elisabetta Mattioli trova sempre spazio l’incanto,
la sorpresa, lo stupore, che non è mai fine a se stesso ma proiettato alla
comprensione, al riconoscimento di un “altro da sé”. Questo è il “senso” di
racconti che toccano il cuore del lettore con leggerezza e densità. Racconti
ricchi di particolari simbolici significativi, illuminanti.
Elisabetta Mattioli ci
regala, nell’ultima frase che chiude il racconto, un’immagine molto forte che
ben sintetizza “l’insieme” dei messaggi del racconto: la diversità va accettata
ma occorre fare un ulteriore passo in avanti, nel tentativo di ben comprendere
il diverso da sé. L’arte può aiutarci, in questo percorso accidentato e mai
definitivo? Sì, e “Mahon e Jaya” è una risposta di formidabile nitidezza.
Della stessa autrice: Il
ricordo di un salice (piangente)
Scrivi racconti brevi? Questo è il concorso giusto per te. Leggi il bando del concorso
Scrivi racconti brevi? Questo è il concorso giusto per te. Leggi il bando del concorso
giovedì 24 dicembre 2015
Auguri "leggeri" :-)
Un invito ad una “leggerezza ad oltranza” è l’augurio
di “L’ArgoLibro” e “Gli Occhi di Argo” per tutti noi, per queste festività.
Auguri
di cuore!
Com’è leggero il peso del mondo
di Claudio
Abbado
Il dialogo
interiore di un’intera vita con il drammaturgo inglese condurrà al coup de théatre dell’ultima sorprendente
opera. Proseguendo sulla strada già intrapresa con Macbeth e Otello, Verdi
viene ancor più a contatto, tramite Falstaff, con un’infinita varietà non solo
di personaggi, situazioni e atteggiamenti, ma anche di registri espressivi.
Shakespeare
diventa per Verdi un punto di riferimento anti-accademico nel quale si
mescolano tono alto e popolare, temi eroici, mondo fiabesco. Dopo Amore e morte si è voltata pagina con La musica è burla sulla terra.
Cominciare
il terzo millennio all’insegna dello scherzo è un atteggiamento filosofico che
non porta certo a dimenticare quanto il mondo sia oppresso da problemi. Ma
sicuramente Verdi e Shakespeare ci hanno voluto dire che proprio scherzando
possiamo comprendere ciò che abbiamo intorno con più lucidità e quindi con
maggiore impegno.
Ero
convinto allora, e lo sono ancor di più oggi, che serva ironia. I politici ci
vogliono far credere che non esistano rimedi per le guerre e per i disastri
ambientali o che l’aspirazione a rispettare i fondamentali diritti civili si
scontri con un’inevitabile disuguaglianza, una sorta di malattia originaria
congenita al genre umano.
Il riso li
spiazza, permette l’imprevisto, inserisce un punto di vista non convenzionale e
a volte prova il ribaltamento delle situazioni. Un modo per combattere la
rassegnazione tragica può venire dal pensiero acuminato e lieve. Per questo la
burla è così importante. E lo è in tutte le sue forme, dal grottesco al
sarcastico, dal divertissement alla
satira, dal sorriso malinconico alla risata liberatoria.
Nella
prima delle sue Lezioni americane Italo Calvino sostiene le ragioni della
leggerezza, quintessenza di scienza ed esperienza.
Richard
Feynman, Nobel per la Fisica nel 1965, è considerato il padre delle
nanotecnologie, per non parlare dell’impalpabile mondo virtuale in cui siamo
calati. Divertirsi per reagire al peso di vivere fa forse parte del nostro
essere profondo? È forse ciò che ci lega al cosmo?
Se la
scienza ha fornito prove e conferme di quanto il peso del mondo si regga sulla
leggerezza, anche la musica, come la scrittura per Calvino, là dove in Falstaff o nelle opere di Mozart si
sgrava, non suscita solo allegria, ma il rinnovarsi continuo delle situazioni,
l’adeguamento al loro inesauribile sfrangiarsi, mescolarsi, disperdersi e
ritrovarsi. È un utile esercizio quello di assottigliare i ragionamenti, persino
nei confronti sui grandi temi.
(Conversazione con Lidia
Bramani)
martedì 22 dicembre 2015
La grande festa di "LIBRO LIBERA TUTTI": le foto
Una grande festa all'insegna della cultura e dell'arte del nostro territorio, risorse preziosissime da preservare e, ancor di più, valorizzare: questa è stata "Libro Libera Tutti", promossa dall'Associazione "Gli Occhi di Argo" e dalla casa editrice-libreria indipendente "L'ArgoLibro".
Un messaggio chiaro, forte e limpido, quello lanciato domenica sera in Piazza Vittorio Veneto ad Agropoli da decine di scrittori, musicisti, attori, pittori, giornalisti, artigiani, uomini e donne del mondo culturale, affinché ci sia sempre più spazio per attività che rispecchiano davvero la ricchezza territoriale, contro il pericolo dell'omologazione.
Grazie all'Amministrazione comunale, che ha creduto nel progetto, e grazie di cuore a tutti coloro che a vario titolo hanno arricchito la serata con il proprio contributo.
La cultura è l'unico bene dell'umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande. (Hans Georg Gadamer)
Un messaggio chiaro, forte e limpido, quello lanciato domenica sera in Piazza Vittorio Veneto ad Agropoli da decine di scrittori, musicisti, attori, pittori, giornalisti, artigiani, uomini e donne del mondo culturale, affinché ci sia sempre più spazio per attività che rispecchiano davvero la ricchezza territoriale, contro il pericolo dell'omologazione.
Grazie all'Amministrazione comunale, che ha creduto nel progetto, e grazie di cuore a tutti coloro che a vario titolo hanno arricchito la serata con il proprio contributo.
La cultura è l'unico bene dell'umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande. (Hans Georg Gadamer)
giovedì 17 dicembre 2015
Ad Agropoli arriva "LIBRO LIBERA TUTTI"
Un grande evento per rimarcare l'importanza della lettura e, più in particolare, l'importanza dell'editoria locale, spesso in grado di proporre scelte editoriali di qualità molto maggiore rispetto ai "grandi" marchi che fin troppe volte sono "grandi" solo da un punto di vista quantitativo.
La qualità di un libro non dipende da quante copie vengono vendute!
Siete tutti invitati domenica pomeriggio, a partire dalle ore 18:00, ad Agropoli in Piazza Vittorio Veneto (zona centro).
Con il Patrocinio e la collaborazione del Comune di Agropoli (cliccate qui per leggere tutto il programma delle manifestazioni previste ad Agropoli nel periodo natalizio), l'Associazione Artistico-letteraria "Gli Occhi di Argo" e la libreria indipendente-casa editrice "L'ArgoLibro" di Agropoli vi propongono
LIBRO LIBERA TUTTI
Letture, performance artistiche, proiezioni, per riflettere tutti insieme sul valore di un libro.
Loia, Guida, Orlotti, Rizzo, Francia, Russo & Russo, La Greca, De Vargas Chorus, Ruggiero & Ruggiero, Cara, Verrone, Pinto, Marotta, Lumilla, Frapiccini, Limongelli, Chiarelli, Salerno, Esposito... e tanti altri artisti, tutti insieme per sottolineare l'importanza del messaggio: lunga vita all'arte, lunga vita all'arte cilentana!
Durante la serata gli autori parleranno delle opere "I Borghi dei Misteri", "Cuccipannedda & Altre Fiabe Cilentane", "A chi appartene?", Edizioni L'ArgoLibro. Cliccate sui nomi per aprire le pagine dedicate alle schede.
martedì 15 dicembre 2015
"La casa sul poggio": il nuovo libro di Michele Di Lieto
Non è la prima volta che L’ArgoLibro pubblica un testo
di Michele Di Lieto. Nel 2013 questa Casa editrice ha pubblicato un volume di
Memorie che, anche dal titolo, poteva sembrare il canto del cigno di un
magistrato prestato alla narrativa. Invece no: perché Michele Di Lieto ha
trovato tempo e voglia di scrivere un altro libro, che sembra esulare dai
moduli (prevalentemente autobiografici) dei libri precedenti, e costituisce una
novità anche per l’Editore. Pubblichiamo qui uno scambio di idee (qualcosa più
di un’intervista) sul libro appena uscito.
Michele Di
Lieto: “La casa sul poggio”. Perché questo titolo? La casa sul poggio è quella in copertina?
La casa sul poggio non esiste e, se esiste, esiste
solo in copertina. Ma la casa sul poggio è molto più che la casa in copertina:
è il motivo ispiratore del libro. La casa alla quale mi sono ispirato è una
delle tante disseminate nelle nostre campagne, nella gran parte abbandonate (le
case e le campagne), una casa né più né meno come quella in copertina, col
tetto crollato, i muri cadenti, avanzi di chiese e conventi, una casa
abbandonata, aperta a qualche coppia di innamorati, a gruppi di rom o di
drogati. Ecco, nel vedere quelle case abbandonate, quei tetti crollati, quei
muri cadenti, mi sono spesso chiesto se case, muri e tetti potessero parlare,
quante storie, quanta Storia potrebbero narrare. E perché quelle storie, quella
Storia non la narro io. Con quel poco o quel tanto di fantasia che sorregge qualsiasi
testo di narrativa. È così che mi sono messo a scrivere. È così che la casa sul
poggio è diventata motivo ispiratore del libro.
“La casa sul
poggio” ha un sottotitolo: Storia e storie del Cilento. Può spiegarci di che si
tratta?
Certamente. Anche il sottotitolo merita una
spiegazione. Ho già detto altrove che esso non ha valore esplicativo, ma è un
omaggio, una sorta di dedica alla terra nella quale ho trascorso gran parte di
vita. A ben guardare, si tratta però di un sottotitolo riduttivo. Riduttivo
perché può generare l’idea che il libro tratti la Storia del Cilento, mentre la
Storia è quella di Napoli e del meridione, la città e le campagne attraverso i
secoli. Riduttivo perché può indurre a pensare che le storie che attraversano
il libro siano piccole storie legate a beghe di paese, mentre per me si tratta
di storie simbolo: la lotta tra il bene e il male, il contrasto tra ricchi e
poveri, il potere che opprime i poveri cristi. Che io abbia ambientato queste
storie nella terra che mi ha adottato è un puro caso: penso che, volendo, avrei
potuto collocarle anche in un ambito diverso. Resta il fatto che si tratta di
storie false e storie vere, di personaggi veri e personaggi inventati, non
legati necessariamente alla terra nella quale sono collocati. Non è un caso che
la stessa città che fa da cornice alle mie storie sia anche nel nome una città
mai esistita. Spinazze non esiste: esiste Spinazzo, ma è una località che non
ha niente a che fare con le storie del libro.
La casa sul
poggio: storia vera e storie false, figure inventate e figure realmente
esistite. Non è un motivo che ricorre in altri suoi libri?
È vero. In tutti (o quasi tutti) i libri che ho
scritto c’è un insieme di storia vera e storia falsa. I personaggi, le figure,
i protagonisti dei miei libri sono in parte veri, in parte falsi. Si prenda
Tsunami, il mio terzo libro. Tsunami è, almeno nella prima parte, la storia di
un uomo di sinistra, professore di filosofia con la tessera del PCI, che tra lo
Stato e le Brigate rosse, sceglie (idealmente) le Brigate rosse, e dopo
l’assassinio di Moro, che egli attribuisce a colpa della DC ma anche del PCI,
abbandona la scuola, abbandona lo Stato, abbandona anche il PCI. Basterebbe
questo per capire come Tsunami, quanto meno nella prima parte, sia anch’esso un
miscuglio di storia vera (le Brigate rosse, gli anni di piombo, la morte di
Moro) e di storia falsa (la storia del protagonista).
Storia vera
e storia falsa. La casa sul poggio è forse un romanzo ‘storico’?
Può darsi, io non ne sono convinto. Già nella
avvertenza iniziale parlo volutamente, e più genericamente, di un libro metà
saggio metà romanzo: e, per quanto ne sappia, il romanzo ‘storico’ non è, non
può essere un saggio. In ogni caso, non è l’autore il soggetto più adatto a
catalogare il libro che ha scritto. Questo è compito del critico e, come tutti
sanno, non v’è in letteratura, ma non solo in letteratura, peggior critico di
se stessi. Quel che posso dire è che La casa sul poggio è la storia di una
casa, e di una famiglia attraverso i secoli. Inizia dal seicento, dalla
costruzione della casa, e arriva fin quasi ai tempi nostri, con una serie di
storie inserite nella Storia del secolo cui appartengono. Storia vera, che non
fa solo da cornice. Storia vera, talvolta, ma non sempre, liberamente
ricostruita. Così, ne La casa sul poggio si parla della peste del seicento,
della carestia del settecento, del colera dell’ottocento, del terremoto del
novecento. Tutti eventi negativi, perché di eventi negativi è intessuta la
nostra Storia. Eventi negativi naturali, eventi negativi quelli che si
accompagnano agli eventi naturali: non a caso nel libro parlo della legge per
il risanamento, varata dopo il colera del 1884, che diede luogo alla prima
colossale speculazione edilizia della storia unitaria, non a caso parlo degli
scandali e dei fenomeni corruttivi del dopo terremoto del secolo scorso. Tutti
eventi negativi, come di eventi negativi è intessuta la storia della famiglia
da me ricostruita. Una famiglia che nasce, cresce, e torna ad essere una
famiglia contadina. Almeno fino a che è esistita una famiglia contadina.
Storia vera,
storia falsa. Non c’è spazio, in questo libro, per motivi autobiografici?
Ce n’è. Ce n’è e come. Ho detto, e scritto altrove,
che ogni opera di narrativa, racconto novella o romanzo che sia, è
autobiografia. Ho detto, e pure scritto, che in ogni opera di narrativa, se non
è autobiografico il protagonista, lo è l’alter ego, se non questo il
personaggio secondario, se non questo, l’ambiente, il paesaggio, lo sfondo che
fa da cornice. Non ho detto, e neppure scritto, che l’opera di narrativa può
essere autobiografia per un altro motivo: perché nasce da emozioni, sensazioni,
ricordi che sono solo di chi scrive. In questo senso, e non solo in questo, La
casa sul poggio è autobiografia. Gli esempi potrebbero essere infiniti. A
partire dalla casa, la casa sul poggio, la casa in copertina. Per finire alla
malattia di Isabella Vanacore vedova del Mastro, o alla battaglia elettorale
dell’Amalia Formigli, o al naufragio dell’Andrea Doria, che trovano tutti
radice in ricordi personali di chi scrive.
Non Le pare
di dilatare di molto il concetto di autobiografia includendo anche ciò che
nasce da sensazioni, emozioni, ricordi che sono solo di chi scrive? Non è che
così facendo qualsiasi opera di narrativa diventa autobiografia?
È proprio quel che io sostengo: che non esiste
inventiva allo stato puro, e che ogni opera di narrativa affonda le sue radici
in ricordi propri di chi scrive. Ma, a parte questo, ne La casa sul poggio c’è
qualcosa di molto più autobiografico. In questo libro vi sono almeno due
figure, e non sono figure secondarie, ma protagonisti, che mi somigliano:
quanto meno, io volevo mi somigliassero. Il primo. È un sognatore: anche io,
forse tutti noi siamo, o siamo stati dei sognatori. Viene dalla terra: anche
io, forse tutti noi veniamo dalla terra. È un giurista, attaccato al rigore dei
principi: anche io sono (ero) attaccato al rigore dei principi, e ho sempre
rifiutato ciò che sapeva di cavillo o artificio. Il personaggio del mio libro è
un politico prima che giurista: anche a me avrebbe fatto piacere fare il
politico più che il magistrato. Il personaggio non è, e non vuol essere uomo di
tutte le stagioni, pronto a cambiar casacca secondo il vento spira: anche io ho
cercato, nei limiti del possibile, di tener la schiena sempre dritta. Non è
uomo di potere, non è uomo di danaro. Lascio a chi legge il compito di
giudicare se e quanto mi somigli. E veniamo al secondo protagonista. Lo
definirei l’uomo del dubbio, l’uomo che non ha certezze. Anche io sono stato
l’uomo del dubbio, sono stato e sono un uomo che non ha certezze. Nel mio
mestiere: convinto com’ero, lo sono tuttora, che ragione e torto non si
dividono mai di netto, e che la verità delle carte è ben diversa dalla verità
vera, sottostante e nascosta alle carte processuali. Nella mia vita: il dubbio
essendo parte di me, al punto tale che potrei dire, copiando Sant’Agostino,
dubito ergo sum, o qualcosa che vi si avvicina. Ma bando alle litanie. Mi
servivano solo per dire quanto mi somigliano i protagonisti del libro, quanto
nel libro v’è di autobiografia. Perché non vi è libro di narrativa che non sia
autobiografia.
Anche il
romanzo ‘storico’?
Certo: anche il romanzo ‘storico’, ammesso e non
concesso che La casa sul poggio sia un romanzo ‘storico’. Non citerò Manzoni, e
i suoi Promessi Sposi, che sono il primo e il più famoso dei romanzi ‘storici’,
dove numerosi sono i personaggi costruiti a misura dell’Autore. Farò l’esempio
di uno scrittore più recente, anzi di una scrittrice. Dacia Maraini e La lunga
vita di Marianna Ucria. Non vi è critico letterario che, a proposito di
Marianna Ucria, non abbia parlato di romanzo “storico”. Pure, nella collana dei
grandi romanzi italiani pubblicata qualche anno fa a cura del Corriere della
sera, Isabella Bossi Fedigrotti, una che di romanzi se ne intende, ne fa un
romanzo autobiografico, identificando nell’autrice la protagonista del romanzo,
e nelle vicende narrate esperienze proprie dell’autrice. Questo per dire che
non vi è romanzo che non sia autobiografia. Che anche il romanzo ‘storico’ può
essere autobiografia. Che anche un libro metà saggio, metà romanzo come io preferisco
definire “La casa sul poggio” può essere autobiografia.
Michele Di
Lieto: “La casa sul poggio”. Se lei dovesse fare una raccomandazione a chi si
accinge a leggere il libro, che cosa gli direbbe?
Bella domanda. Me la potrei cavare invitando il
lettore a leggere il libro: tutto il libro. Ma, poiché La casa sul poggio è
fatto di Storia vera e di storie false, a non saltare la parte di Storia vera.
Che è la Storia della repubblica partenopea del ’99, una delle pagine più
gloriose della storia del Meridione, è la Storia delle migrazioni di fine
ottocento, che tanto serve a capire fenomeni migratori a noi vicini, è la
Storia degli anarchici del New Jersey, socialisti, idealisti, utopisti, come il
personaggio che mi somiglia. Ma, soprattutto, inviterei il lettore a una
riflessione attenta sulla quarta parte, che io ho voluto intricata, piena zeppa
di riferimenti tecnici, o politici, o giuridici, solo per indicare gli
intrighi, i cavilli, gli artifici, di cui è fatta la giustizia dei “poveri
cristi”.
A proposito
della quarta parte, il protagonista, Antonino Ognissanti, fa la fine di Coppi.
C’è un motivo particolare che giustifichi il ricordo di Coppi?
La ringrazio della domanda. Perché il ricordo di Coppi
è uno dei tanti ricordi che affiorano dalla vita dello scrittore, e ha
anch’esso un contenuto autobiografico. Quando è morto Coppi, agli inizi del
’60, io ero ricoverato, e mi dibattevo tra la vita e la morte in una stanza
d’ospedale per una epatite virale che tutto era fuorché epatite. Il ricordo di
quei medici che, giornali alla mano, facevano i sapienti e cantavano messa (così
si chiamava il primario del reparto) per la sorte di Coppi, mentre non
riuscivano a risolvere il mio caso, che era quello di una appendicite quasi
peritonite, mi rimase impresso. Al punto tale che, per il mio protagonista, ho
scelto quella morte, o una morte che le somiglia. E anche questo è
autobiografia.
Lo scambio
di idee può dirsi terminato. La ringrazio.
Ringrazio lei, ringrazio Milena Esposito per la pazienza
che ha avuto, per la cura che mette in ogni libro edito da L’Argolibro. In
bocca al lupo per me, per la casa editrice, e così sia.
(intervista a cura di Francesco Sicilia)
lunedì 14 dicembre 2015
Il Segnalibro: una lunga storia… che continua!
Oltre
cinque anni fa nasceva il Segnalibro de “Gli Occhi di Argo”, un’iniziativa che
nel tempo ha riscosso e continua a riscuotere sempre più successo, grazie alla
condivisione e al passaparola tra artisti e lettori.
Racconti, poesie, articoli, recensioni, news,
aforismi, bandi di concorso… nelle sedici colonne di questa vera e propria mini-rivista
mensile trovano spazio tantissimi testi dedicati all’arte della parola scritta
(e non solo).
È sempre
possibile partecipare inviando i propri elaborati, cliccate qui per leggere tutte le info e contattateci all’indirizzo
largolibro@gmail.com
Per il
nuovo anno non mancheranno tante novità che man mano inseriremo.
Migliaia
di lettori in tutt’Italia attendono e condividono ogni mese il Segnalibro:
facciamo sempre più largo alla buona arte e alla buona cultura!
mercoledì 9 dicembre 2015
Un "magico" Natale insieme al Segnalibro
(clicca sulle immagini per ingrandirle)
Ecco il numero speciale di dicembre dedicato al
Natale e all'arrivo del nuovo anno:
- poesie di Hirokazu Ogura, Henry
Van Dyke;
- racconti di Elisabetta
Mattioli, Pietro Rava;
- spazi dedicati alle pubblicazioni
di Vito Rizzo («Buongiorno, Città»), Michele Di Lieto («La
casa sul poggio»), Claudio Alciator («Live @ Montesacro»);
- articoli di Giuseppe Salzano e Vito
Rizzo;
- news sugli eventi di dicembre che si
terranno presso la Libreria L’ArgoLibro e presso Piazza Vittorio Veneto
ad Agropoli (spazio web dedicato www.largolibro.blogspot.it);
- il bando della seconda edizione del bellissimo concorso gratuito “Il
Canto della Fata” (clicca qui)
- informazioni per aderire ai concorsi
aperti a coloro che vogliono essere pubblicati sul Segnalibro (clicca qui);
… e
tanto altro ancora!
Vuoi offrire tantissima visibilità alle tue opere?
e
partecipa ai nostri concorsi!
I nostri concorsi on line e cartacei ti aspettano, clicca sui nomi!
martedì 8 dicembre 2015
Lucio Mercogliano a L'ArgoLibro
Uno sguardo attentissimo,
originale e appassionato su Platone,
uno dei pensatori più influenti di tutto
il pensiero occidentale.
Presentazione
IL SIGNORE DEL MITO
di
Lucio Mercogliano
L'Opera Editrice
Con l'intervento della
Professoressa Lucia Capo
Venerdì 11 dicembre ore 18:30
Libreria L'ArgoLibro
Viale Lazio, 16
(zona sud, adiacente Via Salvo D'Acquisto,
accanto a "Mani di Fata" e "Ricambi Iannuzzi")
Agropoli (SA)
Per qualsiasi info:
3395876415